Franz Reichelt come Icaro

Franz Reichelt come Icaro

Dalla sua creazione a oggi, la Tour Eiffel ha testimoniato importanti eventi che hanno segnato la storia di Parigi e della Francia.
L’emblematico monumento francese ha anche partecipato a eventi tragici e grotteschi come la drammatica fine di Franz Reichelt che tentò di volare lanciandosi dal secondo piano della Torre Eiffel.
Correva l’anno 1912 quando un sarto di origini austriache annunciò alla stampa la sua intenzione di lanciarsi dall’alto della Tour Eiffel per testare la sua invenzione.
Affascinato dall’aviazione e dal volo, Reichelt aveva ideato una tenuta da aviatore dotata di ali pieghevoli e facilmente trasformabile in paracadute.
Dopo aver realizzato vari tentativi utilizzando un manichino, il coraggioso sarto decise di lanciarsi dal monumento parigino per provare l’efficacia della sua trovata.
Il 4 febbraio 1912 Reichelt si presentò ai piedi della Dame de Fer munito della sua invenzione.
La polizia aveva dato l’accordo al tentativo di volo di Reichelt a condizione che venisse utilizzato un manichino per compiere l’esperimento.
Tuttavia nessun poliziotto impedì all’uomo, venuto senza manichino, di salire sul monumento e gettarsi dall’alta piattaforma della Tour Eiffel.
Purtroppo il suo mantello volante non funzionò correttamente e il sarto che sognava di volare cadde fatalmente sul suolo ghiacciato.
Il drammatico tentativo di Reichelt è passato alla storia grazie a un filmato che ha immortalato quel tragico momento.
Malgrado il fallimento della sua esperienza Reichelt viene oggi considerato come un pioniere del paracadutismo e la sua personalità incarna l’eterno desiderio dell’uomo di conquistare l’aria e lo spazio.

Il pozzo dell’amore

Il pozzo dell’amore

Nel punto in cui s’incrociano la rue de la Grande Truanderie e la rue Pierre Lescot, nel quartiere Les Halles, si trovava anticamente il cosiddetto pozzo dell’amore (puit d’amour).
Esistono varie teorie che spiegano il nome particolarmente romantico legato al pozzo che sorgeva in questo punto della città.
Molte fonti affermano che tale denominazione risale al regno di Filippo Augusto e sarebbe legata al triste destino di Agnès Hellebick che si gettò nel pozzo in seguito a una delusione amorosa.
La leggenda racconta che il fantasma della giovane donna infestò la zona del pozzo per diverso tempo.
Il luogo divenne rapidamente una metà di pellegrinaggio di tanti amanti che si ritrovavano qui per cantare, danzare e scambiarsi promesse eterne.
Pochi anni dopo, sotto il regno di Francesco I, un giovane in preda alla disperazione sentimentale per il rifiuto ricevuto dalla sua amata, si gettò a sua volta nel pozzo.
Il ragazzo si salvò miracolosamente dalla rovinosa caduta e la donna, intenerita dal gesto, decise di sposarlo.
Il giovane innamorato fece restaurare il pozzo e vi fece incidere la scritta Amour m’a refait, en 1525 tout à fait (L’amore mi ha ridato la vita nel 1525).
Agli inizi del regno di Luigi XIV, in seguito alla richiesta dell’episcopato che vedeva negativamente le pratiche pagane degli innamorati, il pozzo fu distrutto.
Jean-Aymar Piganiol, un autore del XVI secolo, ha sfatato questa leggenda spiegando che il pozzo si chiamava pozzo dell’amore perché i servitori, con il pretesto di andare a prendere l’acqua, vi si davano appuntamento per i loro incontri amorosi.

Cagliostro a Parigi

Il leggendario conte Cagliostro

Il mitico conte di Cagliostro, figura mitica a metà strada tra mago e ciarlatano, abitò a Parigi per un breve periodo.
Il leggendario alchimista, che costruì la sua immagine misteriosa durante il regno di Luigi XIV, occupò una casa al numero 1 della rue Saint Claude, nel quartiere del Marais.
Nato il 2 giugno 1743 a Palermo in una famiglia modesta, Giuseppe Balsamo (detto Alessandro) fu educato nel convento di Misericordia di Caltagirone dedicandosi particolarmente allo studio di medicina e alchimia.
Nel 1768 il giovane Balsamo sposa la bella Lorenza Feliciani e, grazie alla sua ricca dote, i due viaggiano attraverso l’Europa: Venezia, Milano, Genova, Aix en Provence, Londra e l’Inghilterra, Bruxelles, Berlino, Russia, Polonia e la Francia intera.
Nel 1776, a Londra, si affiliò alla massoneria e creò una loggia dedicata al  rito egiziano che contribuì ad accrescere l’alone di mistero attorno alla sua figura.
Utilizzando i suoi poteri ipnotici, le conoscenze nel campo dell’occultismo e la forza della suggestione, il giovane acquistò la reputazione di mago e guaritore e cominciò a farsi chiamare il conte di Cagliostro.

Il conte raccontava di essere capace di fabbricare diamanti, trasformare la canapa in seta e il metallo in oro, di aver conosciuto Gesù Cristo e di aver preso parte alle nozze di Cana.
Cagliostro si stabilì a Parigi nel 1785 e conobbe un grande successo grazie anche all’amicizia con il marchese Rohan.
Le sue sedute di magia riempivano i saloni parigini e la sua fama di guaritore raggiunse rapidamente le strade della capitale francese.
Il conte Cagliostro, coinvolto nell’affare della collana della regina Maria Antonietta, fu costretto a lasciare la Francia.
Tornato in Italia, il conte fu arrestato, processato dal tribunale dell’Inquisizione e condannato a morte perché fondatore di una setta massonica.
La pena di morte fu commutata dal Papa nel carcere a vita e Cagliostro morì nella fortezza di San Leo, dopo alcuni anni di prigionia, nel 1795.

Il Poltergeist della rue des Noyers

Il Poltergeist della rue des Noyers

Tra le tante leggende urbane che interessano Parigi occupa un posto particolare il Poltergeist della rue Noyers.
Nel 1860 il signor Lesage, che aveva da poco affittato un appartamento in quella via, si rese conto della presenza di fenomeni misteriosi e inquietanti.
Strane presenze nella dimora si divertivano a rompere i vetri e gli oggetti della casa terrorizzando gli occupanti.
L’intellettuale Léon Dénizarth Hippolyte Rivail s’interessò a quegli strani fenomeni e grazie alle sue doti di medium entrò in contatto con lo spirito che generava quegli eventi.
Rivail scoprì che lo spirito che infestava quella casa apparteneva a un uomo alcolizzato, morto 60 anni prima, che voleva vendicarsi per gli insulti di cui era stato oggetto in vita a causa del suo vizio.

Paris en chanson: cantando Parigi

Paris en chanson: cantando Parigi

Tutti abbiamo una canzone che danza tra i cassetti della nostra memoria per ricordarci Parigi e il suo fascino.
Secondo il compositore americano George Gershwin esistono solamente due temi che possono ispirare le canzoni: Parigi e l’amore, due temi che spesso convivono insieme in molti testi.
La mostra Paris en chanson nasce dalla volontà di celebrare Parigi rievocando le tantissime canzoni che parlano di lei.
Inaugurata il 7 marzo dalla cantante Juliette Gréco e dal sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, l’esposizione è stata organizzata da due biblioteche parigine specializzate nel settore, la Mediateca Musicale e la Biblioteca Storica.
L’evento ripercorre l’avventura della canzone nella capitale francese, dal XVI secolo a oggi, attraverso 180 autori, compositori e interpreti e, soprattutto, mettendo a disposizione dei visitatori più di 400 canzoni da ascoltare.
Numerosi supporti audiovisivi, documenti sonori, filmati e immagini sono disseminati lungo il percorso della mostra che si suddivide in 9 sezioni: Le origini, XVI-XVIII secolo, Lungo le strade di Parigi, Parigi a piedi, in auto e in metro, I parigini, Parigi è una festa, Le canzoni di Parigi al cinema e Gli artisti leggendari.
Ogni sezione trabocca di oggetti emblematici e di documenti inediti che faranno la gioia dei melomani parigini.
Il percorso auditivo si sviluppa parallelamente a quello espositivo ripercorrendo le varie fasi della storia della città.
Cantanti moderni come Bénabar, cantanti del passato come Ariste Bruant e vere e proprie leggende della canzone francese come Maurice Chevalier, Georges Brassens e Yves Montand convivono in questa gioiosa celebrazione sonora della ville lumière.
Canzoni romantiche, impegnate, comiche e poetiche si sono susseguite nel corso degli anni contribuendo a forgiare l’immagine mitica che alcuni quartieri di Parigi possiedono.
Una postazione interattiva permette di situare le canzoni sulla mappa della città in base alla zona cui si riferiscono.
Per preparare o per prolungare la vostra visita, il sito www.chanson.paris.fr arricchisce e completa il percorso della mostra con una cartografia sonora di Parigi e 235 canzoni da ascoltare online.
Realizzato in collaborazione con Deezer, il sito vi permette anche di testare le vostre conoscenze musicali attraverso un quiz di venti domande.

Galerie des Bibliothèques
22, Rue Mahler
Paris 75004
Metro : Saint Paul
Da martedì a domenica fino al 29 luglio 2012

Dall’alto della Tour Eiffel

Dall’alto della Tour Eiffel

Stéphane Compoint, foto-giornalista specializzato nelle riprese aree e sottomarine, ha recentemente realizzato una spettacolare fotografia dal punto più alto della Tour Eiffel.
Il giovane alpinista urbano è salito sul tetto del monumento (324 metri di altezza), una zona non accessibile ai turisti e occupata da decine di antenne, e ha immortalato il paesaggio sottostante da una prospettiva unica.
Il fotografo ha spiegato che, a causa delle forti radiazioni, non è potuto restare a lungo sull’elevata piattaforma e che ha potuto scattare una sola foto.
Sfidando le vertigini e indossando una tuta anti-radiazioni, Compoint è salito sul punto più alto della Dame de Fer attraverso una scaletta verticale.
L’autore di questa immagine esclusiva ha confessato di aver provato una piacevole sensazione dalla cima della Tour Eiffel e di aver persino percepito le oscillazioni del monumento.

L’expo Louis Vuitton – Marc Jacobs

Louis Vuitton e Marc Jacobs

Un’attesissima mostra presenta la storia di due personalità, Louis Vuitton e Marc Jacobs, e sottolinea il grande contributo che hanno dato all’universo della moda.
Da un lato Louis Vuitton, il fondatore della mitica marca, e dall’altro Jacobs, il discepolo creativo: il museo delle Arti decorative rende omaggio a questi due mostri sacri mettendo in parallelo il loro percorso.
Allestita su due piani, la mostra analizza in maniera retrospettiva gli sviluppi della moda in due periodi fondamentali dell’epoca moderna ovvero l’industrializzazione della fine del XIX secolo e la globalizzazione del XXI secolo.
Le valigie e gli accessori creati da Louis Vuitton occupano il primo piano dell’esposizione mentre il secondo ospita i modelli più emblematici creati da Jacobs.
Ripercorrendo le biografie dei due creatori vengono descritti i progressi delle tecniche, le creazioni stilistiche e le collaborazioni artistiche che hanno fatto la fama della marca Louis Vuitton nel mondo.

Dal 9 marzo al 16 settembre 2012
Musée des Arts Decoratifs
107, rue de Rivoli
75001 Paris

La legge è uguale per tutti

Chirac e Berlusconi ridono allegramente

Da quando abito a Parigi ho sempre avuto l’impressione che l’Italia e la Francia condividano molte cose in comune.
Esiste una leggera inimicizia di fondo derivante dalla voglia di entrambi i Paesi di primeggiare: produrre i vini più rinomati, dettare le tendenze dell’eleganza e dell’alta moda, vantare la gastronomia più raffinata, possedere la squadra di calcio più vittoriosa e competitiva.
Escludendo alcune sfumature culturali, il popolo francese è molto vicino a quello italiano e un emigrante proveniente dal nostro Paese riesce ad adattarsi facilmente ai francesi e al loro modus vivendi.
La consapevolezza che la Francia e l’Italia siano divise da una sottile frontiera mi ha permesso di sentire meno la nostalgia di casa.
Talvolta, però, mi sveglio da questa illusione e mi rendo conto che quella sottile frontiera si trasforma in alcuni casi in un profondo abisso.
Un’enorme voragine si apre sotto i miei piedi quando penso al tema della giustizia.
Naturalmente anche i francesi hanno i loro scandali legati alla giustizia, imbrogli, sentenze sbagliate (si pensi all’affare d’Outreau che ha distrutto le vite di tante persone innocenti) e decisioni clamorose che hanno sconvolto l’opinione pubblica nazionale.
La differenza principale rispetto al Belpaese è che in Francia chi sbaglia paga a prescindere dal suo nome, partito politico o amicizie altolocate.
Si pensi alla condanna a due anni di prigione (con la condizionale) inflitta lo scorso dicembre a Jacques Chirac, ex-presidente della Repubblica francese.

Nel 1985 Chirac, allora sindaco di Parigi, era stato protagonista di un affare di corruzione e di finanziamento illecito al suo partito e di un altro scandalo riguardante impieghi fittizi al municipio di Parigi.
In virtù dell’immunità parlamentare, i giudici francesi non hanno potuto processare Chirac durante il mandato presidenziale.
Quando nel 2007 il suo ruolo di presidente della Repubblica è decaduto e Chirac è diventato un cittadino come tutti gli altri, i magistrati francesi hanno messo le mani sul suo dossier e hanno istruito un processo nei suoi confronti.
Bisogna pur ammettere che Chirac e i suoi avvocati hanno fatto di tutto per evitare il processo, che l’ex-presidente non sconterà la pena e che la condanna è principalmente simbolica.
La condanna è arrivata tardivamente (Chirac ha oggi 80 anni) e il braccio della giustizia ha dovuto allungarsi a dismisura per compiere il suo dovere, ma alla fine giustizia è stata fatta: il processo e la condanna sono arrivati inesorabili.
E in una democrazia il funzionamento della giustizia non è un semplice dettaglio.

In Italia abbiamo conosciuto una situazione molto simile a quella che ha visto protagonista Jacques Chirac.
Il nostro ex-presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, è rimasto invischiato in vari affari ambigui dal caso Mills all’affare Ruby rubacuori.
Terminato il suo mandato politico ci si aspettava che, come l’ex-presidente francese, anche Berlusconi si presentasse ai processi in cui è coinvolto per chiarire la sua posizione.
Ritardato e fermato a più riprese per il legittimo impedimento, il caso Mills è da poco caduto in prescrizione e Berlusconi è stato prosciolto.
E così mentre l’avvocato David Mills è stato condannato a 4 anni e sei mesi per la sua falsa testimonianza nel processo All Iberian e per le tangenti alla Guardia di Finanza, il reato di Berlusconi risulta prescritto.
L’avvenuta corruzione dell’avvocato Mills da parte di Silvio Berlusconi attraverso la somma di 600 mila dollari è stata provata e confermata: David Mills, il corrotto, è stato condannato, Berlusconi, il corruttore, si è salvato.
E’ importante specificare che il leader del PDL si è salvato dal carcere non perché “non ha commesso il fatto” ma solamente perché il reato è stato prescritto.
Come non citare il processo a Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
La cassazione, accogliendo il ricorso della difesa e la richiesta del procuratore generale Iacoviello, ha recentemente annullato la sentenza d’appello che condannava il senatore del Popolo della Libertà a sette anni di reclusione.
Smontando radicalmente il lavoro fatto dal tribunale di Palermo, la cassazione ha riportato al punto di partenza il processo che indaga sul morboso processo di contaminazione tra Mafia e Politica/Stato.
I tempi del processo si allungano inevitabilmente anche in questo caso.
Cadrà in prescrizione anche questo?
Intanto il processo Ruby che vede accusato Silvio Berlusconi di concussione e prostituzione minorile continua, la prossima udienza sarà il 31 maggio, avete un pronostico sulla sentenza finale?

Carla Bruni e la statua della discordia

Carla Bruni e la statua della discordia

Da qualche settimana a questa parte un’iniziativa insolita e inaspettata fa discutere gli abitanti di Nogent sur Marne, un piccolo paesino a sud-est di Parigi.
Jacques Martin, sindaco della cittadina francese e militante del partito UMP (il partito di Sarkozy), ha deciso di erigere una statua in onore delle cosiddette plumassières , le operaie, prevalentemente italiane, che lavoravano nelle fabbriche di piume di Nogent agli inizi del 1900.
La statua di bronzo, alta due metri, occuperà una piazzetta all’ingresso del quartiere della petite Italie (piccola Italia) e sarà realizzata dalla scultrice Elisabeth Cibot.

Presentata in questo modo la notizia non desta scalpore, ma sembra piuttosto un gesto lodevole nei confronti delle nostre connazionali che emigrarono in Francia per guadagnarsi onestamente da vivere.
La notizia assume tinte grottesche se aggiungiamo un dettaglio essenziale: la statua avrà l’immagine di Carla Bruni Sarkozy.
Le reazioni di politici, stampa e semplici cittadini non si sono fatte attendere esprimendo  l’incredulità e talvolta lo sdegno di fronte a questa iniziativa assurda.
La scelta dell’effige di Carla Bruni per rappresentare la classe operaia italiana risulta a dir poco azzardata e ha scatenato un’accesa polemica tra i cittadini di Nogent.
Personalmente non penso che le operaie italiane del passato e del presente siano orgogliose di essere rappresentate dal volto della première dame di Francia poiché la Bruni appartiene a un universo completamente diverso dalla classe operaia.
Rappresentare il sudore e i sacrifici della classe operaia italiana con il volto di una donna che naviga nel lusso e nella ricchezza non è un’idea particolarmente apprezzata come testimoniano le tante reazioni contrarie alla realizzazione della statua.
Il progetto iniziale dell’opera, che costerà circa 80 mila euro, è stato modificato in seguito alle proteste dei cittadini e dell’opinione pubblica: la statua non sarà più collocata in una piazza ma nello spiazzo antistante a una proprietà privata e il comune di Nogent ha rinuciato al finanziamento di una parte delle spese che saranno interamente pagate dallo sponsor Cogedim.

Il caso ha voluto che quest’omaggio alla moglie di Nicolas Sarkozy coincida con il periodo elettorale e con la campagna presidenziale che chiamerà i francesi alle urne tra pochi giorni per una scelta fondamentale per la democrazia francese.
L’iniziativa ruffiana e irriverente del sindaco di Nogent si rivela ancora più fastidiosa se si pensa alle recenti dichiarazioni della Bruni che aveva affermato di “essere felice di non essere più italiana.”
L’ex-modella e cantante aveva azzardato questa sua esternazione per esprimere il suo disgusto nei confronti dell’infelice sortita dell’ex premier Silvio Berlusconi che aveva definito il presidente Barack Obama come “abbronzato”.
La reazione sdegnata della Bruni nei confronti di una delle tante figuracce internazionali di Berlusconi ci sta tutta.
Rinnegare la sua italianità, invece, è una pesante caduta di stile.
Il sentimento d’italianità di Carla Bruni si è rivelato molto instabile e altalenante nel corso del tempo.
Nel 2006 ha sfoggiato orgogliosa il suo essere italiana in occasione della cerimonia di apertura dei giochi olimpici invernali di Torino, sventolando il tricolore e cantando l’inno di Mameli.
Qualche anno dopo ha snobbato la sua italianità dichiarando apertamente di preferire la nazionalità francese.
Tralasciando tali considerazioni legate alla crisi d’identità e di nazionalità della première dame, bisogna pur considerare che la Bruni non ha mai svolto un lavoro usurante o che richieda un particolare sforzo fisico tale da poterla paragonare a un’operaia.
L’artista incaricata della realizzazione dell’opera ha già cominciato a scolpire la statua che presto sarà collocata tra le vie di Nogent.
Ogni cittadino del comune francese potrà vedere ciò che vuole in quel volto scolpito: alcuni penseranno alle operaie italiane che cucivano piume negli abiti e nei cappelli, altri vi rivedranno un simbolo di arrivismo e di disuguaglianza sociale.

Piazza Vendome apocalittica

Piazza Vendome apocalittica

Lavoro nel quartiere Opera, una zona di Parigi caratterizzata da negozi di lusso e orde di turisti giapponesi che fotografano ogni centimetro quadrato della città.
Di solito scendo alla stazione della metro Opera e attraverso l’omonima avenue, una delle più belle della città, per recarmi in ufficio.
Quando incrocio la rue de la Paix lancio sempre un’occhiata furtiva all’obelisco di Place Vendome, realizzato utilizzando il bronzo dei cannoni presi ai nemici austriaci e russi durante la battaglia di Austerlitz.
Ispirato alla colonna traiana di Roma e sormontato da una statua di Napoleone, il possente obelisco domina la famosa piazza che ospita l’hotel Ritz e rinomate gioiellerie.
E’ una delle zone più tranquille di Parigi, animata da uomini d’affari in giacca e cravatta e autobus a due piani stracolmi di turisti giunti da tutto il mondo per ammirare le attrazioni racchiuse in questo fazzoletto di città: il Louvre, le gallerie Lafayette e il Printemps, i giardini delle Tuileries e Palais Royal.

La settimana scorsa la quiete di questo quartiere è stata improvvisamente sconvolta.
Rientrando dal lavoro e attraversando la strada per raggiungere il marciapiede opposto, un’immagine apocalittica si è presentata davanti ai miei occhi: Place Vendome era invasa da una nube di fumo denso e nero.
Mi sono avvicinato alla piazza per cercare di capire quello che fosse successo e alcuni passanti mi hanno informato di un incendio che ha coinvolto numerose automobili parcheggiate all’hotel Ritz.
Le cause dell’incendio restano ancora poco chiare e un’inchiesta è stata aperta per fare luce sulla faccenda.
In ogni caso le immagini di quella mattinata e lo sgomento negli occhi dei passanti resteranno a lungo impresse nella mia memoria.