Il parco nazionale Doi Inthanon

La cascata Wachirathan

Giovedì 30 giugno. Dopo aver consumato una lauta colazione in hotel, aspettiamo il minibus che ci condurrà alla scoperta del parco nazionale di Doi Inthanon.
Partiamo puntuali alle 7h00 per affrontare la scalata della montagna più alta della Thalandia, ben 2565 metri sopra il livello del mare.
Il parco è ricco di specie vegetali e animali, soprattutto uccelli, e alcune minoranze etniche abitano sulle sue alture.
Questo spazio incontaminato, meta di numerosi ornitologi, include suggestive cascate che offrono un meraviglioso spettacolo naturale ai visitatori.
La prima tappa del nostro viaggio è Wachirathan, una larga cascata di un solo livello dove l’acqua precipita dall’alto di una scogliera nel bacino sottostante zampillando in tutti i sensi.
Posando per scattare qualche fotografia ci rendiamo conto che ci siamo inzuppati con gli schizzi. La doccia inaspettata non ci dispiace e ci fa dimenticare per un attimo la temperatura infernale.
Wachirathan è particolarmente affascinante per la presenza costante di un arcobaleno che nasce dalla dispersione dei raggi del sole nella nebbia creata dal precipitare dell’acqua.
L’atmosfera è resa piacevole dalla vegetazione rigogliosa ed è possibile seguire il sentiero che conduce fino alla parte alta della cascata.
Risaliamo a bordo del minibus per raggiungere la cima del Doi Inthanon.
Salendo ci rendiamo conto che la nebbia è molo fitta e nasconde inesorabilmente il panorama che, da questa altezza, è sicuramente sublime.
Rododendri, tronchi d’alberi ricoperti di muschio e di liane, azalee e altre piante tropicali costeggiano i bordi della strada.
Giunti in cima alla vetta, scendiamo per immortalare un cartello che certifica che abbiamo raggiunto il punto più alto del Paese.

Un anziana Karen fuma una pipa

Dopo aver visitato il picco di Doi Inthanon dove la nebbia era fittissima e la temperatura pungente, riscendiamo in direzione di Chiang Mai.
La nostra discesa prevede alcune tappe per conoscere meglio questo paradiso naturale.
Ci fermiamo in un villaggio della tribu Karen, gente semplice che abita su queste montagne da molte generazioni e che sconosce i nostri gadget tecnologici e la civiltà moderna.
La nostra guida ci informa che da soli tre anni questa gente ha l’elettricità e che la loro principale fonte di sostentamento è la vendita di prodotti locali.
A seguito di una breve negoziazione acquistiamo un paio di sciarpe di seta, un anello e due bracciali.
Continuiamo la discesa e ci fermiamo a visitare le pagode gemelle, Phra Mahathat Napha Methanidon e Phra Mahathat Naphaphon Phumisiri, che furono costruite per commemorare il sessantesimo anniversario del re Bhumibol Adulyadej e la regina Sirikit.
Le pagode presentano la stessa base e lo stesso sentiero a due piani che conduce all’interno degli edifici dove si trovano due grandi statue di Buddha.
Anche da questa posizione privilegiata si gode di una meravigliosa vista panoramica dei paesaggi di Chiang Mai ma a causa della nebbia noi intravediamo soltanto qualche scorcio.

Il Buddha del Phra Mahathat Napha Methanidon

L’ultima tappa dell’escursione di oggi è la Royal Project Foundation, fondata nel 1979 su iniziativa del re per aiutare le tribù agricole delle montagne.
Lo scopo primario di questo progetto reale è quello di soppiantare le coltivazioni di oppio, che alimentano il mercato della droga, con altre coltivazioni e fiori tropicali.

Il Ponte sul fiume Kwai

Il Ponte sul fiume Kwai

Tramite l’agenzia Solimai Bangkok, dove lavora la ragazza di Lakis, prenotiamo due escursioni nei dintorni di Bangkok.
La prima escursione ha come destinazione Kanchanaburi, una piccola cittadina situata a 130 Km dalla capitale thailandese.
Il minibus viene a prenderci puntuale alle 7:00 in hotel e, insieme ad altri compagni di viaggio, ci rechiamo in questa città resa celebre dal ponte che attraversa il fiume Kwai.
Il paesaggio che fa da contesto a Kanchanaburi è molto gradevole: vegetazione lussureggiante, flora tropicale, montagne, vallate e una generale atmosfera di tranquillità.
Particolarmente suggestivo è il punto in cui i fiumi Kwai Yai e Kwai Noi si uniscono per formare il fiume Mae Klong; qui la bellezza spettacolare del paesaggio si dispiega in tutto il suo splendore con cascate, grotte, fiumiciattoli e parchi nazionali.

L’attrazione principale di Kanchanaburi è senza dubbio il ponte sul fiume Kwai, un grande ponte di ferro nero (proveniente dall’isola di Java) che ha ispirato il famoso romanzo di Pierre Boulle e un film realizzato da David Lean.
Il ponte venne costruito dai prigionieri di guerra, dal 1942 al 1945, nell’ambito dei lavori di costruzione della ferrovia tra la Thailandia e la Birmania, tristemente ribattezzata ferrovia della morte (Death rail).
Il Giappone, impegnato a combattere gli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, decise di costruire una ferrovia per consolidare la sua posizione nel sud-est asiatico e per sostenere l’esercito nipponico in Birmania.
Il ponte e la ferrovia furono costruiti intermente dai prigionieri: più di 16000 lavoratori europei e 90000 asiatici persero la vita durante la costruzione.
Due cantieri edili si svilupparono in contemporanea dalla Thailandia e dalla Birmania  procedendo verso il centro del fiume. Le condizioni di lavoro disumane e il propagarsi di malattie decimarono rapidamente la manodopera utilizzata.
Ricostruito alla fine della guerra, il ponte è utilizzato ancora oggi da un tratto ferroviario che comprende alcuni viadotti sospesi sul fiume.

JEATH war museum

A pochi metri dal ponte sul fiume Kwai si trova il JEATH war museum, il museo della guerra che ripercorre le fasi di quella drammatica parentesi storica in cui persero la vita tantissime persone.
L’acronimo JEATH (Japanese, English, Australian, American, Thai, Holland) deriva dalle nazionalità dei prigionieri che morirono durante la costruzione del ponte.
Visitiamo rispettosamente le stanze di questo museo che racconta attraverso immagini, documenti e fotografie le condizioni di vita e di lavoro dei prigionieri.
Prima di andare via da questo luogo di memoria, visitiamo anche un cimitero che accoglie le spoglie di tantissimi alleati morti in quel periodo.

Risaliamo sul minibus e riprendiamo il cammino in direzione del Bamboo camp dove ci aspettano una passeggiata a dorso d’elefante e il bamboo rafting, un’avventurosa traversata di un fiume a bordo di una zattera di bamboo.
Giunti a destinazione, ci rifocilliamo consumando un pranzo ristoratore su una piattaforma galleggiante.
Il pranzo è l’occasione per simpatizzare con i nostri compagni di viaggio: una coppia d’indiani in luna di miele, un backpacker israeliano alla scoperta della Thailandia, una coppia di australiani che sono appena stati in Cambogia, dove hanno incontrato il bimbo che hanno adottato a distanza.
Dopo aver gustato le piccanti pietanze thailandesi e conosciuto meglio i nostri compagni d’escursione, saliamo su una zattera di bamboo e percorriamo il fiume.

Il Bamboo rafting

Due simpatici thailandesi guidano la zattera attraverso lunghi remi di legno e ci indicano i meravigliosi paesaggi da fotografare.
Questa piacevole e rilassante passeggiata in zattera si conclude nei pressi del campo degli elefanti dove, per la prima volta, saliremo sopra un pachiderma.
Mentre aspettiamo il nostro turno, ci dissetiamo e assaggiamo la frutta esotica messa a disposizione dal personale del campo.
Inganniamo l’attesa giocando con alcune dispettose scimmiette che attirano l’attenzione dei turisti con le loro acrobazie.
Montiamo in sella a un possente elefante guidato da un giovane ragazzo thai comodamente seduto sulla testa dell’animale.
Uno splendido paesaggio incontaminato accompagna la nostra passeggiata e dimentichiamo il caos di Bangkok e lo stress di Parigi.

La cascata Sai Yok Noi

La tappa successiva dell’escursione è la cascata Sai Yok Noi.
La cascata, meno imponente rispetto alla sua gemella Sai Yok Yai, ci conquista con il suo fascino e per la vegetazione selvaggia che la circonda.
Allegri bambini sguazzano nelle acque della cascata, mentre intere famiglie di thailandesi si riposano sui prati circostanti consumando i piatti preparati a casa.
La nostra guida ci invita a raggiungere il bus per recarci al Tempio delle tigri, l’ultima tappa di oggi, ma prima riprendiamo energie acquistando un pò di frutta fresca: frutto del dragone, meloncini, ananas e mango.

Il Tempio delle tigri

Il nostro minibus viene inghiottito dalla bocca spalancata di un’enorme tigre (per fortuna di cartapesta): è l’ingresso del Tempio delle tigri, una sorta di santuario per animali dove, oltre alle tigri, si trovano molti animali selvatici come cinghiali, cervi, antilopi e bufali.
In questo tempio buddista nell’ovest della Thailandia, i monaci vivono in simbiosi con le tigri che educano fin dalla nascita al contatto con l’uomo.
Nel 1999 i monaci trovarono un cucciolo di tigre ferito e decisero di allevarlo. Successivamente gli abitanti del villaggio e la polizia portano al tempio altri cuccioli di tigre rimasti orfani dopo che la madre era stata uccisa dai bracconieri.

Il tempio delle tigri

Il tempio Wat Pa Luangta Bua Yannasampanno viene ribattezzato Tempio delle Tigri.
Il Tempio rappresenta l’occasione unica per i turisti di accarezzare le tigri e farsi fotografare insieme a questi enormi felini.
Dopo aver toccato alcuni cuccioli di tigre e scattato un paio di foto ci dirigiamo verso il canyon delle tigri, l’attrazione principale del tempio.
Qui è possibile avvicinarsi alle tigri adulte e farsi fotografare.
Ogni visitatore è accompagnato da due persone che lo guidano lungo il percorso: una lo tiene per mano e lo guida da una tigre all’altra, la seconda persona scatta le foto utilizzando la macchina fotografica del visitatore.
Dopo aver collezionato tutta una serie di esperienze uniche, torniamo a Bangkok per riposarci e prepararci a una nuova giornata d’esplorazione.