Le Parisien, il vaut mieux l’avoir en journal

I parigini non sono uno dei popoli più simpatici del mondo.
Non è solamente il sottoscritto a pensarlo ma una cattiva reputazione che grava sulla testa degli abitanti della capitale da diversi anni.
Camerieri scorbutici, taxisti stressati, cittadini incivili, un selvaggio campionario umano che rende acide le vie della ville lumière.
Da quando ho iniziato a scrivere questo blog ho cercato di stigmatizzare ed enfatizzare i difetti dei nostri amici parigini attraverso vari articoli che li riguardano.
Il giornale Le Parisien in una famosa campagna pubblicitaria riesce perfettamente a rendere visualmente ciò che ho cercato di fare a parole.
Lo slogan azzeccatissimo della campagna è Le Parisien, il vaut mieux l’avoir en journal ovvero “Il parigino, meglio averlo come giornale (che come essere umano)”.

Snobismo parigino

Una famosa canzone del grande Boris Vian prende in giro l’atteggiamento snob e sostenuto dei parigini.
La canzone s’intitola J’suis snob e ha il merito di enfatizzare abilmente, come solo Vian sapeva fare, uno dei più macroscopici difetti dei parigini: lo snobismo.
Per definizione lo snobismo è l’attaccamento smisurato alla forma, alle buone maniere, a tutto ciò che è in voga e alla moda, a tutto ciò che è ”in”.
Lo snob desidera appartenere a una classe elitaria e distinguersi dalla massa, per questo motivo tende a riprodurre i comportamenti e gli atteggiamenti di una classe sociale o intellettuale che reputa superiore.
Spesso imita i segni distintivi di questa classe sia nel linguaggio che nei gusti e nelle abitudini di vita e tratta con disprezzo quelli che considera appartenenti a classi inferiori.

Il parigino medio trasuda snobismo e trascorre la sua esistenza a visitare i luoghi piu branchés del momento e a rispettare le regole dettate dai guru della societá fashion.
L’abitante della ville lumière sgomita tra la folla per recarsi rapidamente al BHV e procurarsi l’ultimo Iphone, si concede una pausa in una delle tante terrasse del Marais, mangia un paio di macarons da Ladurée e si scatena in uno shopping frenetico da Zadig & Voltaire per accaparrarsi i vestiti piú trendy del momento.
Questo essere schizzinoso e con la puzza sotto il naso sorride raramente, ascolta musica lounge, mangia solo prodotti Bio e prende raramente la metropolitana che considera sudicia e affollata.
Lo snob parigino rinnova il suo guardaroba nei negozi della rue du Faubourg Saint-Honoré, fa la spesa esclusivamente al Monoprix, guida portando guanti in cuoio, prenota con largo anticipo i biglietti per il Roland Garros e il week-end si rilassa partendo a Deauville, Nantes o Londra.

Scusi, non volevo.

Scusi…non volevo

Questa mattina mi sono reso conto che, pur sentendomi italiano al 100%, vado a poco a poco adattando le mie abitudini e il mio modo di fare a quello dei parigini. Bref, sto diventando come loro!
Mi sono accorto, proprio oggi, dello stato avanzato di questo processo di metamorfosi del mio essere: salendo in metropolitana, in maniera un pó precipitosa per evitare che la chiusura delle porte m’intrappolasse, ho appena sfiorato una ragazza. La tipa in questione non ha nemmeno fatto caso alla leggera collisione ma a me è partito un Pardon automatico.
E in quel momento che ho realizzato che i parigini mi hanno contagiato quella loro politesse estrema e spesso di facciata che li obbliga a scusarsi anche solo del fatto di esistere.
I parigini emettono Pardon costantemente, ogni minimo contatto con il vicino fa scattare il meccanismo della scusa.
Se prendete la metro Pardon sarà la parola che sentirete che dovrete pronunciare più spesso.
Una volta mi è persino capitato di ascoltare il mitico Pardon pronunciato da una donna che aveva leggermente inciampato entrando in metropolitana.
Ancora oggi mi chiedo a chi abbia chiesto scusa: al marciapiede o alla metro?

Faccia di gomma

Le smorfie dei francesi

Le smorfie dei francesi

Una delle cose che ancora oggi, a distanza di tempo, mi sorprende della razza parigina è la quantità impressionante di smorfie che accompagna sistematicamente i loro dialoghi.
La loro mimica facciale è capace di proporre una miriade di grimaces per enfatizzare il senso di ciò che stanno dicendo.
Talvolta, poi, le smorfie sono accompagnate da suoni onomatopeici tipo “prrr” o “pffff” che costitutiscono vere e proprie parole impiegate per ratificare il loro stato d’animo.
Mi è addirittura capitato di vedere gente parlare da sola (un parigino su due lo fa) e accompagnare il loro monologo con le immancabili smorfiette.

Mi reputo una persona molto tollerante e aperta ma quelle espressioni da cartone animato che i loro visi assumono, talvolta mi fanno credere di essere piombato su un altro pianeta, un pianeta abitato da sgorbi dalle facce di gomma.
Se fate notare ai francesi l’alto grado di “smorfiosità” di cui sono dotati, vi risponderanno che noi italiani costelliamo i nostri discorsi di gesti.
Naturalmente sono spudoratamente di parte ma tra la colorita gestualità italiana e le faccine buffe degli amici d’oltralpe, preferisco sicuramente i gesti con cui noi italiani arricchiamo e accompagniamo i nostri discorsi.