Chi ha detto che Babbo Natale non esiste?
A Parigi, le Père Noel vi aspetta in vari punti della città per augurarvi un buon Natale e concedervi una foto natalizia.
Sebbene sia molto occupato in questo periodo di festa, il mitico Santa Claus ha trovato il tempo per ricevere i bambini parigini che vogliono incontrarlo per esprimere i propri desideri, consegnarli una lettera o semplicemente vederlo da vicino.
Ecco dove potete incontrare Babbo Natale a Parigi:
Gallerie Lafayette
Babbo Natale e la sua barba bianca vi aspettano al quinto piano dei grandi magazzini fino al 24 dicembre
Mercato di Natale sugli Champs Elysées
Babbo Natale vi aspetta all’interno della “Mobile Môme” per incantarvi con uno spettacolo fantasioso
Mercato di Natale della Defense
Babbo Natale e i suoi folletti saranno presenti tutti i pomeriggi per ricevere letterine e distribuire caramelle e cioccolato a i bambini
Disneyland Paris
Anche il regno di Topolino ospita Babbo Natale: lo trovate a Frontierland fino al 25 dicembre.
Museo Grevin Il famoso museo delle cere parigino ospita una riproduzione del mitico Babbo Natale della Coca Cola
Valentin Squirelo e Arnaud Coomans, una coppia di giovani creativi, hanno riprodotto una versione in miniatura della famosa casa del film UP (2009 – Pixar), sospesa in aria da tantissimi palloncini colorati.
L’originale progetto, intitolato Upstagram, ha munito la casetta volante di una mini-videocamera che ha permesso di realizzare alcuni formidabili scatti di Parigi vista dall’alto.
Sfruttando i novanta palloncini a elio collegati al dispositivo, la casetta si è sollevata a quasi cento metri di altezza per realizzare una suggestiva serie di foto pubblicate sul conto Istagram dei due ragazzi.
Ci risiamo. A poco più di un anno dalla manifestazione degli indignati italiani degenerata nella furia cieca dei Black Block, Roma è stata messa nuovamente a ferro e fuoco.
La capitale ha fatto da scenario a duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nell’ambito del primo sciopero transnazionale contro l’austerity e da stamattina le televisioni e i giornali fanno a gara per mostrare gli scatti che dimostrano la violenza dei partecipanti.
Come troppo spesso avviene nel nostro Paese, ci si trova a parlare di cortei e manifestazioni solamente in occasione di episodi di violenza.
La maggior parte delle volte le proteste pacifiche di studenti, NO TAV, noglobal, disoccupati, sindacati e lavoratori passano in secondo piano per lasciare posto a notizie più frivole che dipingono l’immagine di una nazione che, tutto sommato, non sta così male.
Gli obiettivi dei fotografi e dei cameraman delle principali testate italiane si accendono alla vista del sangue e si eccitano davanti a un poliziotto che prende a manganellate uno studente inerme.
Sarebbe opportuno che la stampa nazionale iniziasse a raccontare la vera realtà che l’Italia sta conoscendo in questo periodo di tragica crisi e che osservasse criticamente il clima che si respira attualmente nelle piazze di mezza Europa.
Stamattina, accendendo la televisione, ho osservato con sdegno una squallida mistificazione degli eventi e l’ennesimo tentativo di far passare per manifestazioni violente le proteste spontanee e pacifiche di tantissime persone scese in piazza per gridare la propria rabbia.
A parte qualche voce fuori dal coro, i principali esponenti politici italiani inneggiano alla necessità di stringere la cinghia e accettare i sacrifici necessari per uscire fuori dalla crisi e accontentare la BCE, la Merkel e la comunità europea.
La realtà racconta, invece, una popolazione europea stanca di una politica di austerità meschina che sta strozzando il lavoro e che sta tagliando le gambe a milioni di giovani senza nessuna colpa.
Dopo l’abdicazione di Berlusconi il 12 novembre 2011 e la nomina di Mario Monti a capo del governo tecnico, era grande la speranza degli italiani nei confronti di una nuova compagine politica che avrebbe dovuto aprire una pagina rosea nella storia italiana.
Purtroppo quella pagina positiva bisogna ancora scriverla e l’Italia è sprofondata in una gattopardesca situazione di stagnazione in cui “tutto cambia affinchè nulla cambi”.
Da quando Mario Monti è divenuto il capo del governo italiano, l’Italia ha senza dubbio riacquistato quel rispetto e quella reputazione internazionale che erano stati gravemente compromessi: sono scomparse le barzellette di Berlusconi, le feste boccaccesche a palazzo Grazioli e Sarkozy e la Merkel non ridono più di noi.
A eccezione di questa riconquista di una fragile patina di rispettabilità, la crisi italiana non è migliorata minimamente.
La situazione è forse peggiorata per gli italiani perchè il nuovo governo ha scelto di trovare i fondi per rispondere alle avide richieste dell’insaziabile BCE mettendo le mani nelle tasche più facilmente raggiungibili, quelle delle classi medio-basse della popolazione.
Il vocabolario quotidiano degli italiani ha iniziato a traboccare di termini finanziari e tributari: spread, tasse, imposte, IMU, differenziale, crisi economica.
Non sarebbe più giusto mettere in atto una patrimoniale e chiedere maggiori sacrifici a chi ha più soldi e i sacrifici li può affrontare?
Certo, mi rendo conto che questa si chiama utopia, comunismo, pazzia: chiedere a un gruppo di politici e tecnici appartenenti a una casta dorata di attaccare e tassare quello stesso mondo dal quale provengono e che li sostiene.
Una proposta paradossale che rasenta l’assurdità del chiedere a un parlamento popolato da politici indagati, sospettati, corrotti e condannati di votare un decreto legge anti-corruzione.
In buona sostanza il governo italiano e i governi europei chiedono a noi cittadini di pagare e sorridere, accettare con benevolenza i sacrifici richiesti e, in più, non essere troppo choosy (schizzinosi) altrimenti la Fornero si mette a piangere.
Se proviamo a ribellarci, alziamo la voce e gridiamo la nostra rabbia contro questa politica di austerità che sta spezzando le gambe a un’intera generazione, se scendiamo nelle piazze a sfilare e manifestare contro il fallimentare sistema europeo, se blocchiamo le città e rifiutiamo di accettare l’amara pillola che il governo vuole obbligarci a inghiottire, riceviamo in cambio violente manganellate dalla polizia di Stato.
Il leader del movimento cinque stelle, Beppe Grillo, ha preso posizione riguardo gli scontri di ieri e, rispolverando suggestioni Pasoliniane, ha provocatoriamente invitato i poliziotti a passare dalla parte dei manifestanti per cambiare questo sistema marcio.
Naturalmente le parole di Grillo sono state utilizzate demagogicamente contro la mente del partito politico in forte ascesa in Italia e le sue parole sono state travisate dai principali mass media.
In realtà Grillo, come Pasolini che parlò di “proletari in uniforme”, afferma una verità sacrosanta e sotto gli occhi di tutti: basterebbe che le forze dell’ordine riflettessero pochi istanti su chi ha ragione e chi ha torto anzichè picchiare ciecamente e indistintamente chi protesta.
Se le squadre di picchiatori specializzati inviate dalla polizia per sedare gli scontri di piazza considerassero le ragioni di chi sta manifestando, potrebbero prendere coscienza che gli stessi problemi e le stesse pene sociali li accomunano con i manifestanti.
Studenti, disoccupati, lavoratori, poliziotti, carabinieri hanno un nemico comune che si personifica nella parola austerity, una supposta amara che i nostri padroni vogliono farci ingiustamente assumere.
Tuttavia al posto di combattere fianco a fianco per i nostri diritti e la nostra dignità, ci troviamo uno contro l’altro in una assurda guerra tra poveri.
E già successo in occasione di numerose manifestazioni degli anni 60, è successo durante il G8 di Genova dove la palestra della scuola Diaz ha testimoniato un orribile massacro di manifestanti pacifici da parte della polizia italiana, succederà ancora… Homo homini lupus est (l’uomo è un lupo per gli altri uomini) diceva il filosofo inglese Thomas Hobbes ovvero l’uomo rappresenta il peggior nemico per i suoi simili.
Ricordo ancora in occasione di una recente manifestazione NO TAV, in Val di Susa, il caso di un ragazzo che aveva sfidato e insultato un poliziotto chiamandolo pecorella.
Quel ragazzo si chiama Marco Bruno e dopo aver riflettuto al suo gesto e alle parole pronunciate si è scusato pubblicamente con la polizia italiana.
So che è un desiderio utopico ma sarebbe davvero un sogno se anche la polizia si fermasse un istante a pensare alle proprie azioni e si schierasse con gli studenti, i disoccupati, i sindacati, i lavoratori e che unisse il proprio grido di rivolta a quello di chi vive nelle sue stesse fragili condizioni.
Queste le parole di Grillo:
“Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio? E’ quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza. Ti ho visto invece scortare al supermercato una senatrice o sfrecciare in moto affiancato ad auto blu nel traffico, a protezione di condannati in giacca e cravatta, di cosiddetti onorevoli, dei responsabili dello sfascio sociale che invece di occuparsi dello Stato si trastullano con la nuova legge elettorale per salvarsi il culo e passano le serate nei talk show. Di improbabili leader a cui non affideresti neppure la gestione di un condominio che partecipano a grotteschi confronti televisivi per le primarie. Loro “non tengono” vergogna, tu forse sì.
Lo spero. Soldato blu, tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia. Non con fumogeni ad altezza d’uomo. Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo. Paga per tutti, animale da macello che nessuno considera e la cui protesta, ultimo atto di disobbedienza civile, scatena una repressione esagerata. Soldato blu, ci hanno messi uno contro l’altro, non lo capisci? I nostri ragazzi non hanno più alcuna speranza, dovranno emigrare o fare i polli di allevamento in un call center. Tu che hai spesso la loro età e difendi la tua posizione sotto pagata dovresti saperlo. E’ una guerra, non ancora dichiarata, tra le giovani generazioni, una in divisa e una in maglietta, mentre i responsabili stanno a guardare sorseggiando il tè, carichi di mega pensioni, prebende, gettoni di presenza, benefit. Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l’indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. E’ un italiano, un’italiana come te, è tuo fratello. è tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario”.
Adorate il Louvre ma siete stanchi di contemplare sempre le stesse opera?
Siete appassionati d’arte ma ne avete abbastanza di contemplare la Gioconda e la Vergine delle Rocce?
Il progetto intitolato The Profile Picture Exhibition desterà sicuramente la vostra attenzione.
L’ambizioso progetto mira a portare tra le mura del celebre museo parigino una mostra costituita esclusivamente da foto di profili Facebook.
L’insolita mostra sarà ospitata dal Louvre, dalla National Gallery di Londra e dal Metropolitan museum di New York.
Le tre prestigiose istituzioni museografiche hanno dato il loro consenso a condizione che il progetto raggiunga un milione di likes su Facebook (attualmente sono soltanto 7 mila).
Il progetto è alla sua fase iniziale ma l’entusiasmo degli organizzatori è alle stelle.
Se per qualcuno l’idea di far entrare Facebook e il mondo dei social network nei templi sacri dell’arte rappresenta un sacrilegio, per altri rappresenta un concetto originale che potrebbe contribuire a avvcinare due universi antitetici.
Ben Beale e Rory Forrest, i due creatori che si nascondono dietro il progetto, hanno affermato che “ogni foto testimonia un frammento delle persone che siamo. E’ tempo di reclamare il nostro posto nella storia dell’arte”.
In occasione dei primi mille likes, i due ragazzi inglesi hanno organizzato una mostra fotografica in un pub di Londra, una sorta di esposizione in miniatura del progetto finale.
Se desiderate che la vostra foto compaia accanto al sorriso di Mona Lisa, partecipate anche voi al progetto The Profile Picture Exhibition visitando la pagina ufficiale.
Cosa c’è più bello di un bacio?
Cosa scatena una carica emotiva più coinvolgente di quell’intenso scambio di feromoni che ci trattiene avvinghiati alla persona amata?
Alcuni baci, ritratti da fotografi o immortalati da altri artisti, fanno oramai parte dell’immaginario collettivo e materializzano in maniera vivida quell’ideale romantico capace di far vibrare gli animi più sensibili.
Si pensi al celebre bacio dell’Hotel de Ville di Parigi immortalato dal fotografo Doisneau, il bacio di Klimt che raffigura due innamorati avvolti da una coperta multicromatica, il bacio etereo tra Amore e Psiche (famosa statua di Canova esposta al museo del Louvre) o ancora il bacio romantico tra Clark Gable e Vivien Leigh in Via col Vento.
Oltre a manifestare un tenero sussulto del cuore, un bacio può anche trasformarsi in un simbolo di protesta se viene contestualizzato nella situazione adatta.
E’ quanto è successo recentemente in Francia e più precisamente a Marsiglia, dove la fotografia di un bacio, scattata durante una manifestazione, è rapidamente divenuta il manifesto di un movimento di protesta caricandosi di un forte valore simbolico e mediatico.
La manifestazione era quella organizzata il 23 ottobre scorso dal movimento cattolico Alliance Vita per protestare contro il matrimonio gay e la concessione delle adozioni alle coppie omosessuali, che il governo Hollande si appresta a legalizzare in Francia, e il bacio contestatario ha visto come protagoniste Julia e Auriane, una coppia che non ha resistito alla voglia di scambiarsi dolci effusioni in pubblico.
Le due ragazze hanno dichiarato di non essere state al corrente della manifestazione in corso e che, passando dalla zona in cui si svolgeva il corteo, hanno voluto baciarsi per manifestare simbolicamente il proprio diritto di amarsi liberamente.
La foto, scattata per caso da Gérard Julien che si trovava al posto giusto al momento giusto, è foriera di significati forti ed è stata adottata dal movimento LGBT come vivido manifesto delle proprie rivendicazioni.
Lo scatto che immortala le due ragazze mentre si baciano appassionatamente scatenando lo sdegno bigotto dei manifestanti è un significativo affresco sociale che riassume sentimenti antitetici ed emozioni contrastanti.
E voi con chi state? Con Julia e Auriane che hanno osato sfidare la composta morale dei manifestanti o con il corteo che protestava contro il progetto di legge del governo Hollande che estenderà il matrimonio e la possibilità di adottare anche agli omosessuali?
La famosa artista contemporanea Sophie Calle, autrice dell’emblematica cabina telefonica sul ponte Garigliano, ha da poco inaugurato presso la galleria Emmanuel Perrotin, nel Marais, la nuova esposizione personale intitolata Pour la dernière et pour la première fois.
Tra le collezioni di fotografie proposte dall’artista occupa un posto particolare la serie di 13 scatti intitolata La Dernière Image.
Una serie di fotografie, corredate da testi descrittivi, che rappresentano l’ultimo ricordo visivo di un gruppo di persone divenute cieche nel corso della loro vita.
La fusione dei racconti toccanti dei protagonisti di queste storie, che descrivono i loro ultimi ricordi del mondo visibile, e le vivide fotografie realizzate da Sophie Calle crea un uragano di emozioni nel pubblico.
Un’altra perla preziosa di questa interessante mostra fotografica è la collezione Voir la mer: 14 cortometraggi nei quali l’artista documenta la reazione di alcuni turchi, dell’entroterra del Paese, che vedono per la prima volta il mare.
Pour la dernière et pour la première fois
Fino al 27 ottobre 2012
Galerie Perrotin
76 rue de Turenne
75003 Paris
La metropolitana parigina rappresenta un universo sotterraneo, una dimensione parallela in cui le esistenze di migliaia di parigini s’incrociano e si sfiorano distrattamente.
Il caotico movimento umano che prende vita quotidianamente sotto le strade della capitale francese è anche l’oggetto delle fantasie dei parigini che trascorrono molto tempo tra i vagoni della RATP.
Tra le tante rappresentazioni artistiche della rete metropolitana parigina, vi segnalo le realizzazioni originali dei fotografi Janol Apin e Jam Abelanet.
Apin ha scelto i corridoi e le banchine della metro come contesto per le sue creazioni dotate di una forte carica umoristica.
Giocando con i nomi delle stazioni, l’artista ha immortalato alcuni amici, in 120 stazioni della metro, immaginando situazioni che mescolano ironia e poesia.
Il fotografo francese ha utilizzato il bianco e nero per enfatizzare le metafore racchiuse nei suoi scatti.
Nel 2005 Apin ha pubblicato il libro Métropolisson che riassume i suoi geniali scatti ambientati nella metro parigina e suscita il sorriso divertito del pubblico.
Trovate alcuni scatti di Apin a questo indirizzo.
Se conoscete la maggior parte delle stazioni della metro, vale la pena dare un’occhiata.
Un altro fotografo che ha trovato ispirazione nei meandri sotterranei di Parigi è Jam Abelanet che ha realizzato un progetto audace e originale: immortalare donne nude nella metro.
Abelanet ha voluto creare un omaggio alle donne e ai mezzi di trasporto realizzando il libro Nues dans le metro che raccoglie i suoi scatti più significativi.
Il fotografo ha scelto di mettere in scena bellissime donne nude nel contesto sotterraneo della metro, associato dalla maggior parte dei parigini al lavoro, alla noia e alla monotonia.
Luoghi privi d’interesse attraversati svogliatamente da milioni di persone sono stati trasformati in raffinati scrigni di bellezza, custodi di delicate ragazze dalle forme sensuali.
Si tratta del primo libro di fotografie erotiche realizzato interamente nei sotterranei della metro parigina: il contrasto tra il contesto sporco e la bellezza del corpo femminile risulta sexy e scioccante al tempo stesso.
Se siete curiosi e maliziosi, troverete alcuni scatti di Abelanet qui
Lo spettacolare incidente, divenuto famoso per questa foto che ha fatto il giro del mondo, avvenne alla fine del XIX secolo.
Il treno espresso numero 56, il 22 ottobre 1895, trasportava 131 persone lungo la linea Granville-Paris.
Il convoglio era partito con 10 minuti di ritardo e Guillaume Marie Pellerin, conduttore ferroviario con venti anni di esperienza, si era promesso di fare tutto il possibile per arrivare puntuale a Parigi.
Sfortunatamente la sua corsa sfrenata si concluderà tragicamente causando uno degli incidenti più spettacolari della storia delle ferrovie francesi.
Pellerin non riuscì a rallentare in tempo e sembrerebbe che anche il freno d’urgenza non funzionò.
Il treno entrò a tutta velocità nella stazione, sfondò le protezioni e distrusse il muro della facciata della Gare Montparnasse.
I vagoni passeggeri rimasero nella stazione e la maggior parte dei pendolari riportarono solo contusioni e un forte spavento.
Tuttavia il drammatico incidente causò una vittima: un’anziana giornalaia che venne colpita dal frontespizio della stazione mentre stava ricamando.
La locomotiva rimase per quattro giorni accasciata al suolo e tantissimi furono i fotografi che immortalarono quell’insolita scena.
Stéphane Compoint, foto-giornalista specializzato nelle riprese aree e sottomarine, ha recentemente realizzato una spettacolare fotografia dal punto più alto della Tour Eiffel.
Il giovane alpinista urbano è salito sul tetto del monumento (324 metri di altezza), una zona non accessibile ai turisti e occupata da decine di antenne, e ha immortalato il paesaggio sottostante da una prospettiva unica.
Il fotografo ha spiegato che, a causa delle forti radiazioni, non è potuto restare a lungo sull’elevata piattaforma e che ha potuto scattare una sola foto.
Sfidando le vertigini e indossando una tuta anti-radiazioni, Compoint è salito sul punto più alto della Dame de Fer attraverso una scaletta verticale.
L’autore di questa immagine esclusiva ha confessato di aver provato una piacevole sensazione dalla cima della Tour Eiffel e di aver persino percepito le oscillazioni del monumento.
Le fotografie sono insostituibili cristalli di memoria che ci permettono di ricordare in maniera vivida il passato e la nostra storia.
Alcune foto, scolpite nella memoria collettiva, sono più emblematiche di altre e veicolano valori e significati profondi.
Si pensi alla foto-icona di Ernesto Che Guevara in cui il rivoluzionario e guerrigliero cubano appare con la barba incolta e il berretto sulla testa o alla foto del famoso bacio dell’Hotel de Ville di Robert Doisneau.
La foto che ritrae Georges Brassens, Jacques Brel e Leo Ferré occupa un posto particolare tra i tasselli che formano il mosaico di immagini della memoria visiva universale.
Lo scatto immortala l’unica occasione in cui questi tre mostri sacri della musica, cultura e poesia francese si sono riuniti.
I tre cantautori s’incontrarono il 6 gennaio 1969 nell’ambito di una tavola rotonda organizzata dalla rivista Rock & Folk e dalla radio RTL per intervistarli e per conoscere le loro differenti opinioni su vari argomenti.
Le scene delle lotte studentesche del maggio 68 erano ancora vive negli occhi dei francesi che cercavano figure emblematiche che incarnassero gli ideali di libertà, ribellione e rivolta verso il conformismo.
Jean-Pierre Leloir, il fotografo che ha realizzato lo scatto, non sapeva ancora che stava catturando nella sua pellicola una goccia di memoria.
L’incontro si svolse in un appartamento della rue Saint Placide, lungo la rive gauche, in cui l’aria divenne rapidamente irrespirabile: Brassens fumava la pipa, Brel accendeva e spegneva le sue Gitanes, Ferré aspirava incessantemente le sue Celtiques e Cristiani, l’intervistatore di RTL, fumava ugualmente la pipa.
Una canzone di Leo Ferré intitolata Avec le temps enfatizzava l’inellutabilitá del tempo che scorre inesorabile, la fotografia di Leloir ha arrestato il tempo e ha sublimato quel grande momento di musica e cultura.