Stanchi di aspettare? Rinunciate!

aiuto

Stanchi di aspettare? Rinunciate!
Sembra questo essere il messaggio subliminale lanciato dall’INPS ai tanti beneficiari del bonus 600€ Covid-19 che ancora non hanno visto un euro.
Suona un pò come una beffa la nuova opzione “Rinuncia” disponibile sul profilo di chi ha richiesto il famigerato indennizzo e attende ancora il pagamento.
L’INPS ha argomentato la presenza del nuovo pulsante dicendo di voler offrire la possibilità agli utenti di scegliere altre forme di sussidio come il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza (che dovrebbe comparire con l’imminente decreto).
Anche in questo caso la strategia comunicativa dell’organismo previdenziale non è risultata particolarmente efficace: avrebbero potuto spiegare in maniera semplice e lineare la ragione di questa nuova opzione per chiarire le idee ai tanti che, come me, si sono trovati spiazzati.

Dopo aver affrontato il malfunzionamento del sito web andato letteralmente in tilt, atteso 40 lunghi giorni di attesa, cercato invano di interpretare l’enigmatica dicitura “in attesa di esito”, penso che saranno ben pochi gli italiani che rinunceranno all’agognato bonus.

In attesa di esito

inps - in attesa di esito (2)

E’ appena cominciata la fatidica fase due e l’intero Paese guarda fiducioso al futuro.
L’Italia vuole lasciarsi alle spalle l’incubo Coronavirus per tornare al più presto alla normalità e alla serenità. I prossimi giorni saranno decisivi per determinare la ripresa delle attività lavorative e della vita sociale.
Dobbiamo essere tutti responsabili, cauti e nutrire fiducia e ottimismo nel futuro.
Non è di certo questo il momento di alimentare sentimenti negativi o gettare benzina sul fuoco delle tante polemiche scagliate contro il governo.
Tuttavia, superata la fase dei canti, balli e flashmob al balcone e messi da parte i tanti arcobaleni corredati dallo speranzoso slogan “andrà tutto bene”, risulta evidente come alcune cose non sono andate nel verso giusto.
Una vicenda, tra le tante, che non ha funzionato correttamente e che ha mostrato le orribili falle del farraginoso sistema burocratico italiano è l’attribuzione del bonus Covid-19 di 600€.

L’indennità erogata dal governo per sopperire alla chiusura eccezionale delle attività lavorative doveva dare una boccata d’ossigeno alle tante famiglie rimaste improvvisamente senza entrate, una platea di quasi 5 milioni di italiani: partite IVA, lavoratori autonomi, lavoratori stagionali del settore turistico e termale, lavoratori del settore agricolo e lavoratori del settore spettacolo.
Il Coronavirus si è abbattuto come uno tsunami sulle nostre vite privandoci delle più elementari libertà sociali e, cosa ancora più grave, paralizzando il sistema economico e produttivo.
Chi, come me, si è ritrovato senza stipendio a causa di questo maledetto virus ha tirato mezzo sospiro di sollievo nell’apprendere che il governo avrebbe stanziato un bonus.
In realtà tra teoria e realtà, tra belle parole e pragmatica attuazione, tra promesse e fatti scorre un drammatico abisso.

Sono un lavoratore stagionale e, ritrovatomi senza lavoro e senza salario, ho effettuato la procedura necessaria all’ottenimento del famigerato bonus relativo al mese di Marzo 2020.
Ho inoltrato la mia domanda sul sito dell’INPS il 2 Aprile alle 16:44 e ho ricevuto, il 7 Aprile, una email  di conferma di ricezione da parte dell’organismo previdenziale.
Da quel momento è calato il silenzio sulla mia domanda di bonus: nessuna comunicazione di accoglimento o di rifiuto, nessuna richiesta di informazioni aggiuntive…e naturalmente nessun pagamento.
Sulla base delle testimonianze trovate sul web, mi sono reso conto che in molti hanno già ricevuto il bonus e, paradossalmente, ad aspettarlo ancora sono proprio quelli che hanno inviato la domanda per primi: più di 900 mila domande sarebbero ancora in fase di accertamento.
E’ alquanto inquietante la dichiarazione di Tridico, presidente dell’INPS, che ha affermato che la maggior parte di queste domande saranno respinte per mancanza di requisiti o vizi di forma.
Suona come una beffa il fatto che proprio chi ha inoltrato la richiesta nei primi giorni di Aprile, lottando contro le mille difficoltà tecniche del sito web e fantomatici attacchi hacker, si veda negato l’indennizzo.

L’INPS aveva garantito che la somma sarebbe stata accreditata nei conti correnti dei beneficiari entro fine Aprile: oggi, 6 Maggio 2020, la sezione “esiti” della mia richiesta indica laconicamente “in attesa di esito”.
Nel migliore dei casi le rimanenti domande saranno regolarmente pagate nei prossimi giorni ma lasciatemi obiettare che il metodo comunicativo dell’INPS è risultato totalmente inadeguato.
Lasciare migliaia di persone appese a un criptico “in attesa di esito” non è un’ottima soluzione perchè questa enigmatica dicitura non significa molto: la domanda è stata accettata? È in lavorazione? È stata rifiutata?  Mancano informazioni? Sono finiti i soldi?

In questi giorni si parla dell’imminente decreto che includerà un nuovo bonus, relativo al mese di Aprile, probabilmente di 800€.
In pratica chi ha già ricevuto la prima indennità di 600€ si appresta a riceverne altre 800€.
E chi ancora attende la liquidazione del bonus di Marzo cosa dovrebbe fare? Continuare ad aspettare?
Gli innumerevoli disguidi tecnici e organizzativi dell’INPS hanno messo in moto un processo morboso che ha alimentato l’angoscia, l’ansia e lo stress di fasce di popolazione già stremate dalla quarantena e dal rischio del contagio. Molta gente ha ormai i nervi a fior di pelle ed è veramente squallido appesantire ulteriormente il fardello da sopportare con false illusioni e promesse non mantenute.
Sarebbe interessante anche capire quale logica abbia seguito l’INPS nel processare le richieste (di certo non l’ordine cronologico di presentazione delle domande).
La crisi trasversale generata dal Coronavirus ha evidenziato le mostruose lacune del sistema Italia: serviva una reazione decisa e liquidità immediata ai lavoratori e alle famiglie e, invece, si rischia di annegare nelle ataviche sabbie mobili della burocrazia.

Disoccupazione in aumento

Disoccupazione in aumento

La Francia ha reagito mediamente bene alla crisi e il solido sistema economico dei cugini transalpini ha evitato l’incubo della recessione.
Tuttavia il numero dei disoccupati che risiedono in Francia aumenta in maniera esponenziale.
Il ministro del lavoro Michel Sapin ha recentemente annunciato che il numero dei francesi alla ricerca di un impiego supera la soglia dei tre milioni.
Dal 1999 il numero dei disoccupati non era mai stato così elevato in Francia.
Il governo di François Hollande, già impegnato a fare i conti con il malcontento popolare per le misure d’austerità, ha promesso di mettere in atto tutti i mezzi a sua disposizione per diminuire il tasso di disoccupazione.
Ma come funziona il sistema dello chomage (disoccupazione) in Francia? Come ci si inscrive all’agenzia di collocamento e quale retribuzione spetta ai disoccupati?
Le indennità di disoccupazione ARE (allocation de retour à l’emploi) spettano a tutti quei lavoratori che sono stati privati del proprio lavoro (licenziamento o rupture conventionnelle) e che hanno cumulato i diritti necessari in una o più aziende.

La prima tappa per beneficiare dell’ARE è l’iscrizione a Pole Emploi, l’agenzia di collocamento francese.
L’ex lavoratore che desidera iscriversi come disoccupato e percepire le relative indennità deve prendere un appuntamento utilizzando il sito internet di Pole Emploi o chiamando il numero 3949 (chiamata gratuita da un telefono fisso).
In occasione del suo primo appuntamento lo chomeur (disoccupato) deve presentare un dossier d’iscrizione che riassume la sua vita lavorativa e i seguenti documenti:
– un documento d’identità valido
– un’attestazione vitale rilasciata dalla sécurité sociale o una copia della carte vitale
– un RIB (ovvero i dati del conto bancario)
– l’attestazione destinata a Pole Emploi, rilasciata dall’ex datore di lavoro

Effettuata l’iscrizione, il disoccupato riceve una attestazione che certifica il suo stato di demandeur d’emploi (alla ricerca di un lavoro) e una lettera informativa che riassume la sua nuova situazione nei confronti dello Stato francese.
Conservate gelosamente l’attestazione rilasciata da Pole Emploi se volete beneficiare di alcuni vantaggi sociali destinati ai disoccupati.

Ecco i principali:
–  La maggior parte dei musei sono gratuiti per i disoccupati (Louvre e museo d’Orsay inclusi)
– Le principali catene di cinema francesi (MK2, Pathé, Gaumont) propongono interessanti riduzioni, dal lunedì al venerdì, sui prezzi dei biglietti.
– Se siete disoccupati, tutte le piscine parigine vi aprono le porte gratuitamente.
– I principali operatori telefonici (Orange, SFR, Bouygues) propongono interessanti offerte, a partire da 10€ al mese, dedicate a chi cerca un lavoro.
– Per quanto riguarda i trasporti, la SNCF (ferrovie dello stato) offre uno sconto del 25% per viaggiare in Francia.

Pole Emploi vi comunicherà per posta la somma delle indennità che percepirete ogni mese, il cosiddetto ARE (allocation de retour à l’emploi).
La durata del versamento di queste indennità dipende dalla durata del lavoro che il disoccupato aveva prima della sua iscrizione a Pole Emploi.
Il periodo d’indennizzo equivale ai diritti che il disoccupato ha cumulato nei 28 mesi (per chi ha meno di 50 anni) precedenti alla perdita del lavoro.
Bisogna aver lavorato almeno 122 giorni (610 ore) per beneficiare dell’ARE e la durata dell’indennizzo non può essere nè inferiore a 4 mesi nè superiore a 2 anni (i disoccupati che hanno più di 50 anni possono ricevere l’indennizzo fino a 3 anni).
La somma versata mensilmente omprende una parte fissa e una parte variabile che viene calcolata in funzione dei salari percepiti nel precedente lavoro.
La parte fissa è uguale a 11.57€ mentre la parte variabile equivale al 40.4% del salario giornaliero di riferimento (SJR).
La somma totale percepita dal disoccupato non può essere inferiore al 57.4% ne superiore al 75% del SJR.

Il disoccupato che si iscrive a Pole Emploi non viene retribuito immediatamente.
Bisogna rispettare, infatti, un periodo di attesa (carence) che viene calcolato in base a:
– i congedi rimanenti alla data del licenziamento
– le somme percepite in seguito alla rottura del contratto
– 7 giorni applicati sistematicamente
Il periodo di attesa non può superare i 75 giorni.

Completate le procedure d’iscrizione e trascorso il periodo di attesa, Pole Emploi verserà ogni mese il montante della vostra indennità ARE.
Il versamento si basa sulla dichiarazione di ricerca di lavoro che il disoccupato effettua ogni mese via internet, telefonicamente o recandosi in un’agenzia Pole Emploi.
Questa formalità è indispensabile per il pagamento dell’indennizzo di disoccupazione.

Per beneficiare del pagamento dell’ARE, il disoccupato deve inoltre:
– Giustificare una ricerca attiva di lavoro
– Risiedere nel territorio francese
– Presentarsi fisicamente agli appuntamenti fissati da Pole Emploi

La fine di un contratto

La fine di un contratto

Nell’ambito di questo blog ho già sviluppato tematiche legate al mondo del lavoro a Parigi: cercare e trovare un lavoro, le varie forme contrattuali o ancora le sfumature culturali.
Gli italiani che si trasferiscono a Parigi per motivi di lavoro possono anche imbattersi in un problema diverso dalla ricerca del lavoro: la perdita dell’impiego.
Se è vero che la ricerca del lavoro è un tassello essenziale nel cammino di un italiano che decide di mollare tutto per inventarsi una nuova vita nella ville lumière, è ugualmente vero che perdere un lavoro rappresenta un momento delicato sia materialmente che psicologicamente.
Per questo motivo è bene informarsi e studiare attentamente i propri diritti per evitare che il datore di lavoro, magari approfittando del fatto che siete italiani e non conoscete bene la legislazione francese, approfitti della situazione per privarvi di ciò che vi spetta.

Ecco le principali forme di rottura di un contratto a durata indeterminata in Francia.

Dimissioni
La volontà di interrompere un rapporto lavorativo può talvolta provenire dall’impiegato.
Un lavoro troppo stressante, fenomeni di mobbing orizzontale (da parte di uno o più colleghi) o verticale (da parte dei dirigenti) o semplicemente il desiderio di cambiare impiego possono indurre un lavoratore a interrompere spontaneamente la collaborazione con il proprio datore di lavoro.
Il diritto di un salariato di dimissionare rappresenta il corollario del diritto del datore di lavoro di licenziare i suoi impiegati: la differenza principale risiede nel fatto che la dimissione non deve necessariamente essere motivata.
Il metodo più utilizzato per manifestare al proprio capo la volontà di lasciare la propria funzione lavorativa è attraverso una lettre récommandée avec avis de réception (lettera raccomandata con avviso di ricevuta).
La dimissione non ha bisogno nè di essere motivata nè di essere accettata dal datore di lavoro.
La legge francese non prevede l’obbligo di eseguire alcun periodo di preavviso prima di lasciare il proprio lavoro.
Tuttavia il contratto che avete firmato all’assunzione e la convenzione collettiva che regolano la vostra professione stabiliscono sicuramente un periodo di preavviso (solitamente un mese) che potrete negoziare con il vostro capo chiedendo di esserne dispensati.
In seguito alle dimissioni riceverete, nell’ultima busta paga, un’indennità compensatrice per le ferie rimanenti e un’indennità di preavviso (se il datore di lavoro ha accettato di dispensarvene).
Lo svantaggio principale delle dimissioni è il fatto che (a parte pochissimi casi particolari: dimissioni per seguire il coniuge, dimissioni di un giovane per seguire i genitori, dimissioni a causa di molestie sessuali subite sul lavoro) non consente di percepire l’ARE (allocation de retour à l’emploi) ovvero le indennità di disoccupazione.
In buona sostanza, se decidete di dare le dimissioni non avrete diritto allo chomage .

Licenziamento
Secondo la legge del 13 luglio 1973, il licenziamento di un salariato deve essere fondato su un valido motivo relativo al comportamento del lavoratore interessato o su ragioni economiche indipendenti dal salariato.
Un datore di lavoro non può licenziare un suo impiegato senza una giusta causa altrimenti il licenziamento sarà giudicato abusivo e i pregiudizi subiti dal salariato dovranno essere risarciti.
Esistono vari motivi e gradi d’importanza per licenziare un impiegato, il diverso tipo di licenziamento ha importanti conseguenze sulle indennità percepite e sui successivi diritti del lavoratore.
Il licenziamento per motivi personali comprende tre diverse categorie: per giusta causa (cause réelle et sérieuse), errore professionale grave (faute grave), errore professionale gravissimo (faute lourde).

Licenziamento per giusta causa
La giusta causa può essere considerata la forma di licenziamento meno severa che un datore di lavoro possa opporre a un lavoratore.
Questa forma di licenziamento può essere applicata solamente se i fatti rimproverati al lavoratore sono esatti, verificati (materialmente verificabili o giuridicamente provabili), precisi e oggettivi.
Il dirigente dell’azienda può utilizzare come giusta causa anche elementi inerenti alla mansione professionale dell’impiegato: il non raggiungimento degli obiettivi fissati, ritardi reiterati, il rifiuto di accettare una leggera modifica degli orari di lavoro o il rifiuto di partecipare a un progetto aziendale.
Il lavoratore che reputa che la causa sollevata dal datore di lavoro sia ingiusta può fare ricorso al conseil de prud’hommes che riesaminerà il caso.
Se la legge francese stipulerà che il licenziamento è infondato e abusivo, il lavoratore avrà diritto a un rimborso proporzionato al pregiudizio subito.

Licenziamento per errore professionale grave
Il datore di lavoro può licenziare il lavoratore per errore grave se riscontra una chiara violazione degli obblighi legati al contratto di lavoro (assenze ingiustificate senza autorizzazione, comportamento scorretto verso la dirigenza) .
Il salariato viene privato immediatamente del suo impiego e non ha il diritto di effettuare un periodo di preavviso in azienda.
Questa forma di licenziamento priva il salariato delle indennità di preavviso e di licenziamento; solamente le indennità relative ai congedi non utilizzati saranno pagate al lavoratore.

Licenziamento per errore professionale gravissimo
E’ la forma di licenziamento più grave.
Si applica nei casi di evidente intenzionalità da parte del lavoratore di causare danni all’azienda e ai suoi membri: spionaggio industriale, divulgazione di segreti professionali, appropriazione illecita di fondi, aggressione fisica, falsificazione di documenti.
Le conseguenze del licenziamento per errore gravissimo sono le più estreme.
Il lavoratore viene allontanato immediatamente dall’azienda (la cosiddetta mise à pied) e gli vengono negate tutte le indennità legate al contratto di lavoro.

Licenziamento per motivi economici
Il licenziamento per motivi economici viene effettuato per motivi indipendenti dal lavoratore e legati alle difficolta economiche dell’azienda.
Il datore di lavoro può decidere di utilizzare questa forma di licenziamento solo dopo aver proposto al lavoratore un’altra funzione all’interno dell’azienda.
Il lavoratore che subisce un licenziamento economico può beneficiare della convenzione CSP (Contrat Sécurisation Professionnelle) che gli garantisce un periodo di orientamento, di consulenza professionale e soprattutto l’80% del suo salario lordo durante 12 mesi.

Qualunque sia la forma di licenziamento subita (anche per errore grave) il lavoratore licenziato avrà comunque diritto all’ARE, ovvero alle allocazioni di disoccupazione (chomage), che equivale a circa il 60% del salario lordo percepito.
Importante: Per percepire l’ARE bisogna aver lavorato almeno quattro mesi nel corso dei 28 mesi precedenti al licenziamento.

Rupture conventionnelle
La rottura convenzionale (rupture conventionnelle) si piazza a metà tra le dimissioni e il licenziamento.
Il datore di lavoro e il lavoratore decidono di comune accordo di porre fine alla loro collaborazione professionale.
Si tratta di un ottimo compromesso per entrambe le parti: l’azienda pone fine al contratto di lavoro senza utilizzare il licenziamento, il lavoratore beneficia delle indennità di disoccupazione.
Questo tipo di rottura del contratto di lavoro si rivela particolarmente vantaggioso per il lavoratore che può negoziare con l’azienda una somma forfettaria relativa alle sue indennità di rupture conventionnelle sulla base dell’anzianità e del pregiudizio subito.
La negoziazione delle indennità di rottura è un momento cruciale di questo processo che va affrontato con la giusta dose di razionalità e sangue freddo.
Se vi troverete al tavolo della trattativa con l’azienda, non giocate al ribasso.
Mirate a ottenere una cifra elevata e tenete presente che spesso le aziende cedono alle richieste dei lavoratori poiché preferiscono accordare una rottura convenzionale piuttosto che un licenziamento economico (che è più fastidioso e limitante per un’azienda).
Trovato un accordo, le due parti firmano un documento che attesta l’avvenuta rottura del rapporto lavorativo.
La definitiva rottura del contratto sarà effettiva dopo un periodo di omologazione e l’avallo dell’ispettore del lavoro.

A prescindere dal tipo di rottura (dimissioni, licenziamento, rottura convenzionale o altro) del vostro contratto, il datore di lavoro deve in ogni caso consegnarvi alla fine del rapporto di lavoro i seguenti documenti legali:
– un certificato di lavoro
– un documento chiamato solde de tout compte che riassume le somme percepite dal lavoratore
– un’attestazione destinata a Pole Emploi (l’agenzia di collocamento francese).