Trovare lavoro a Parigi

Trovare lavoro a Parigi

Trovare lavoro a Parigi

Da quando ho messo online il sito Italiani a Parigi e questo blog ho ricevuto tantissime email riguardo la possibilità di trovare un lavoro a Parigi.
Trovare lavoro rappresenta uno dei tasselli fondamentali che permettono, a chi decide di vivere a Parigi, d’integrarsi nel tessuto sociale.
Troverete in questo post alcuni consigli per evitare che la ricerca di un’attività professionale nella ville lumière si trasformi in una snervante odissea.
La capitale francese custodisce una miniera di occasioni che aspettano di essere colte al volo, spetta a voi procedere in maniera intelligente e carpire le tante possibilità disponibili.
Il vostro futuro datore di lavoro non vi chiederà documenti particolari per finalizzare la vostra assunzione: successivamente all’entrata in vigore delle norme comunitarie, tutti i cittadini europei hanno il diritto di spostarsi liberamente in un altro Paese della comunità e trovare un lavoro.
Un tempo agli italiani che si stabilivano in Francia veniva richiesta una carte de séjour per giustificare la loro presenza nel territorio francese, oggi basta semplicemente essere in possesso della carta d’identità.
Altri documenti che dovrete presentare per procedere alla vostra futura assunzione sono il RIB (relevé identité bancaire), un’attestazione della carte vitale e un justificatif de domicile che certifica la vostra residenza attuale.

Tappa obbligata per un italiano a Parigi alla ricerca del suo primo lavoro è il Consolato italiano (5, Boulevard Emile Augier, 75016 Paris).
Recatevi al consolato per visionare gli annunci affissi nella bacheca sita all’ingresso e al tempo stesso lasciate un annuncio in cui vi presentate e spiegate che tipo di lavoro cercate:la vostra caccia al lavoro è iniziata!
Dopo avere depositato il vostro annuncio/CV al Consolato italiano, recatevi all’ Istituto di cultura italiana (73, rue de Grenelle – 75007 Paris) per ripetere la stessa operazione.
Il Consolato e l’Istituto di Cultura sono frequentati quotidianamente da tantissimi italiani residenti a Parigi che consultano sistematicamente gli annunci esposti in bacheca.

Un importante passo da compiere per accelerare la ricerca di lavoro è recarsi all’ANPE (Agence Nationale pour l’emploi), il punto di riferimento indiscusso per la ricerca di lavoro a Parigi che rappresenta l’equivalente del nostro ufficio di collocamento.
L’ANPE dispone di centinaia d’agenzie sparse sul territorio nazionale al fine di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
All’ ANPE potrete consultare gli annunci esposti nelle bacheche, ottenere informazioni, navigare su siti specializzati attraverso le postazioni internet e iscrivervi come demandeur d’emploi.
Le agenzie ANPE sono molto ben strutturate e dotate di tutti i mezzi per permettervi di effettuare delle ricerche corrispondenti alle vostre competenze.
Esistono, inoltre, agenzie ANPE specializzate in determinati settori come quello turistico, alberghiero, informatico, dello spettacolo e della ristorazione.
Se la vostra ricerca di lavoro verte principalmente su incarichi di tipo manageriale consultate piuttosto il sito dell’APEC (Association Pour l’Emploi des Cadres) che si rivolge ai giovani diplomati in istituti superiori o Università (almeno 4 anni di studi).

Un altro strumento essenziale per chi si avvicina per la prima volta al l’universo del lavoro francese sono le agenzie CIDJ Centres d’Information et de Documentation Jeunesse che offrono tutta una serie di utili servizi.
Ricordo che durante i primi mesi della mia permanenza a Parigi ero un assiduo frequentatore del CIDJ sito vicino la Tour Eiffel (101, quai Branly – 75015).
Si tratta di luoghi preziosissimi per la vostra ricerca di lavoro e per ottenere informazioni fondamentali sul mondo del lavoro francese.
Troverete uno spazio d’informazione con numerose schede consultabili sugli organismi e le agenzie di collocamento e orientamento, annunci di lavoro e postazioni informatiche.
Numerosi consulenti sono a vostra disposizione per aiutarvi a perfezionare la vostra ricerca, spiegarvi il funzionamento del sistema lavorativo francese, seguirvi nella preparazione del curriculum vitae e della lettera di motivazione.
Da non sottovalutare gli annunci sulle riviste specializzate e sui principali quotidiani francesi come il Figaro (martedì e venerdì) Le Monde (martedì) e Libération (tutti i giorni).

Personalmente ho trovato i miei primi lavoretti tramite il Fusac.
Si tratta di una rivista destinata agli anglofoni di Parigi che propone una sezione di annunci di case in affitto, servizi e numerose opportunità professionali.
E’ possibile consultare gli annunci online anche se la versione cartacea, distribuita gratuitamente in numerosi pub della capitale, contiene molti più annunci.
La gente che pubblica annunci sul Fusac è prevalentemente straniera o si tratta di francesi che hanno l’abitudine del contatto con gli stranieri: cio’ facilita enormemente le cose.
Il mio consiglio è, dunque, quello di concentrarvi su questi annunci.
Bisogna chiamare rapidamente, subito dopo l’uscita del Fusac poichè gli annunci sono attesissimi.

Un metodo essenziale per la ricerca di offerte professionali a Parigi è internet.
La rete propone numerosi strumenti che permettono di ricercare, consultare, e postulare ai tantissimi annunci di lavoro disponibili.
Focalizzatevi inizialmente sugli annunci presenti sui principali portali dedicati agli italiani a Parigi come Italiansonline e Italie à Paris.
Un ottimo strumento online è il sito del Cyberemploi che offre una larga selezione di siti web specializzati nell’offerta di lavoro e più di 5000 siti d’aziende che assumono in Francia.
Il sito l’Hotellerie, invece, propone vari annunci legati al mondo della ristorazione.
Se non parlate ancora il francese potete focalizzare la vostra ricerca sui tantissimi ristoranti e pizzerie italiane sparsi in tutta la città.

Per aumentare maggiormente le vostre possibilità di trovare il lavoro ideale a Parigi, effettuate una ricerca sui principali motori di ricerca lavorativi, magari utilizzando la parola chiave italien, e naturalmente scegliendo Parigi come città.
Eccone alcuni:

Keljob
Wanajob
Monster 
Stepstone 
Hays
Option carriere
Cmonjob
Carriere online
Parisjob

Trovare casa a Parigi

Trovare casa a Parigi

Trovare casa a Parigi

Gli italiani residenti a Parigi che non hanno mai abitato in una chambre de bonne alzino la mano.
Questa modesta sistemazione rappresenta la prima forma d’alloggio per la maggior parte degli stranieri che decidono di stabilirsi a Parigi: minuscole stanzette, apparse per la prima volta a Parigi intorno al 1830, che venivano utilizzate per ospitare la servitù delle ricche case adiacenti.
Solitamente situate sotto i tetti e accessibili dalle scale di servizio, le insalubri camere ospitavano i domestici reclutati per occuparsi delle faccende di casa (il termine bonne deriva da bonne à tout faire ovvero “in grado di far tutto”).
Questi spazi ristretti risultavano angusti e dotati di un confort abbastanza discutibile, il bagno era spesso situato sul pianerottolo ed era condiviso con gli altri abitanti del piano.
Le precarie condizioni di vita che si conducevano in queste chambre de bonne furono denunciate già nel XIX secolo dal professore Paul Brouardel dell’Accademia dei medici che accusò pubblicamente la mancanza delle condizioni igieniche basilari.

Bisogna ammettere che dal 1830 a oggi le cose non sono molto cambiate.
Ad abitare in queste sistemazioni fatiscenti non sono più les bonnes ma gli schiavi moderni: studenti squattrinati e lavoratori sottopagati che non hanno altra scelta.
Gli annunci ingannevoli presentano queste squallide topaie come splendidi monolocali dotati di infiniti angoli (angolo cucina, angolo doccia, angolo scrivania) e ingegnose soluzioni salvaspazio (divani-letto, ripostigli improvvisati, tavoli e sedie pieghevoli).
Rassegnatevi, dunque, all’idea di dover abitare per i primi mesi della vostra avventura parigina in un’angusta stanzetta priva di luce situata al sesto piano, senza ascensore, di un bellissimo edificio haussmaniano.
Ricordo ancora la stanza nella quale ho abitato nel 2003, quando ero appena arrivato a Parigi: 15 metri quadrati che ospitavano un letto, una doccetta, un tavolo, una sedia e un armadio (il bagno era in comune con gli sconosciuti del pianerottolo).
Non avevo neppure la televisione ma soltanto una radiolina che mi teneva compagnia e che mi ha aiutato molto a migliorare il francese.
Fortunatamente abitavo vicino lo Champ de Mars e potevo praticare molto sport e attività fisica all’aria aperta per scappare da quella cella inospitale.

Dopo aver individuato una zona di Parigi che preferite e avere identificato il vostro budget, siete pronti per iniziare a consultare gli annunci.
Uno strumento essenziale per cercare casa a Parigi sono gli annunci sulle riviste specializzate.
Una delle riviste più conosciute per la ricerca di appartamenti è PAP (“particulier à particulier” ovvero da “privato a privato”) che offre il vantaggio di proporre esclusivamente annunci di privati.
Il vantaggio è che non ci saranno costi aggiuntivi legati a un’eventuale agenzia, lo svantaggio è che i beni proposti non sono garantiti da nessuno. Così accade che gli splendidi monolocali degli annunci si rivelino orrende topaie.
La rivista viene distribuita nelle edicole ogni giovedì e contiene più di cinquemila annunci settimanali.
Dovrete munirvi rapidamente della preziosa copia di PAP e cominciare a chiamare subito gli annunci che vi interessano: la richiesta d’appartamenti è altissima a Parigi e ogni momento d’esitazione potrebbe rivelarsi decisivo.
PAP è anche consultabile online.

Personalmente ho trovato le mie prime sistemazioni a Parigi tramite il Fusac, una rivista destinata agli anglofoni di Parigi che propone una sezione di annunci dedicati alle case in affitto, offerte di servizi e opportunità professionali.
E’ possibile consultare gli annunci online anche se la versione cartacea (distribuita gratuitamente in numerosi pub della capitale) contiene molti più annunci.
La gente che pubblica sul Fusac è prevalentemente straniera o si tratta di francesi che hanno l’abitudine del contatto con gli stranieri. E cio’ facilita enormemente le cose.
Il mio consiglio è, dunque, quello di concentrarvi su questi annunci.
Bisogna chiamare rapidamente, subito dopo l’uscita del Fusac, poiché gli annunci sono attesissimi.
Anche i principali quotidiani come Le Figaro e Liberation dispongono di una sezione dedicata agli annunci immobiliari che spesso presentano annunci filtrati da agenzie.

Un ottimo strumento di ricerca resta indiscutibilmente Internet che offre svariati siti specializzati come per esempio:

SE LOGER
A VENDRE A LOUER

Il miglior metodo per trovare casa a Parigi resta comunque il passaparola: parlatene a colleghi, amici e conoscenze che mobiliteranno la propria rete di contatti aprendovi nuove possibilità.
Dopo aver capito dove cercare gli annunci, vediamo adesso come decifrarli.
A prima vista un annuncio di una rivista immobiliare può sembrare un indovinello in sanscrito o uno geroglifico egiziano di difficile comprensione.
Dovrete imparare a barcamenarvi nell’universo delle abbreviazioni francesi legate al campo semantico dell’immobiliare.

Eccovi le principali:

AL = à louer
appt= appartement
asc. = ascenseur
b. ét. = bon état
ch. = chambre
disp. = disponible
dup. = duplex (appartamento su due piani)
exc. = excellent
gd = grand
impec. = impeccable
sdb = salle de bains
sdd = salle de douche
TTC = toutes taxes comprises
vis. Rdv = visites sur rendez-vous

Un ottimo periodo per trovare casa nella ville lumière sono i mesi da maggio a luglio mentre si sconsigliano settembre e ottobre che registrano il ritorno degli studenti in città.
Se avete individuato un appartamento che soddisfa le vostre aspettative, considerate anche il quartiere poiché sarà il contesto che accompagnerà le vostre giornate. Visitate la zona di giorno e di notte in modo da farvi un’idea di quello che vi aspetterà.

Il momento cruciale della ricerca d’appartamento sono naturalmente le visite che spesso si traducono in estenuanti attese con file chilometriche di candidati pronti a darsi battaglia.
Munitevi di tanta pazienza e portate sempre con voi il famigerato dossier, un insieme di documenti che vi saranno richiesti per presentare la candidatura a un determinato appartamento.
Il dossier d’affitto è formato da vari documenti che il padrone di casa richiede per verificare la vostra situazione e accertarsi che siate in grado di pagare l’affitto.
Conviene fare molteplici copie del dossier perché con molta probabilità visiterete svariati appartamenti e avrete bisogno di un malloppo di paperasse (così i francesi definiscono un mucchio indistinto di documenti) da presentare al vostro ipotetico padrone di casa.
Vediamo nel dettaglio i documenti necessari:

– Fotocopia della carta d’identità o del passaporto
– Ultima dichiarazione dei redditi
– Le tre ultime buste paga o il contratto di lavoro
– Se eravate già in affitto precedentemente, munitevi delle ultime ricevute di pagamento delle mensilità (quittance de loyer)

Il proprietario di casa richiede molti documenti per essere sicuro della vostra identità e della vostra capacità di pagare l’affitto a fine mese.
Tuttavia deve limitarsi a chiedere i documenti citati sopra e non ha il diritto di chiedervi altri documenti personali come la carte vitale, un certificato di lavoro, una foto o altro ancora.
Nel caso in cui il vostro salario non copra tre volte il valore dell’affitto, avrete bisogno di un garante, una persona che guadagni più di voi e che s’impegni a pagare al posto vostro se necessario.
Se non conoscete nessuno disposto a garantire per voi, potete fare ricorso al Loca-Pass.
Leggete bene il contratto d’affitto prima di firmarlo ed esaminate attentamente le clausole riguardanti la disdetta ed eventuali spese aggiuntive.

Al momento di entrare nella nuova casa, il proprietario vi chiederà di versare il primo mese e un mese di cauzione (il cosiddetto mese morto) che servirà a coprire eventuali danni constatati al momento della partenza.
Per gli appartamenti ammobiliati i proprietari chiedono due mesi di cauzione.
Infine, un’altra soluzione per trovare casa a Parigi risparmiando una buona parte del budget è la cosiddetta colocation ovvero la coabitazione.
Un’ottima soluzione che consente di dividere in due o più persone il costo totale dell’affitto pur tenendo presente che l’armonia tra gli inquilini rimane molto fragile e delicata e rischia di degenerare in situazioni catastrofiche.

Se l’idea di dividere l’appartamento con qualcuno vi tenta eccovi alcuni siti specializzati:

Colocation
Cherchecoloc
Appartager

Rusidda: una rosa siciliana

Rusidda

Rusidda

Una rosa fresca e profumata è da poco sbocciata nel cuore di Parigi: Rusidda, una frizzante épicerie siciliana.
I parigini amanti della cucina mediterranea e i siciliani residenti a Parigi diventeranno clienti affezionati di questo ristorantino situato lungo la rue Borda, a due passi dal Musée des Arts et Métiers.
In questa caverna di Ali Babà, dedicata agli amanti della gastronomia italiana e dei prodotti della tradizione culinaria siciliana, i palati più raffinati avranno l’imbarazzo della scelta: parmigiano reggiano, pecorino pepato, crema di zucchine, paté di capperi, pasta trafilata al bronzo, ricotta di pecora, gorgonzola, burrata, prosciutto dei Nebrodi, bresaola, salsa di pomodori ciliegino, olio d’oliva, pesto al pistacchio di Bronte, miele millefiori e tanto altro ancora.

Un tipico carretto siciliano è utilizzato per presentare elagantemente una sapiente selezione di vini tra cui il Nero d’Avola e il Rocamora.
Il modo migliore per assaporare tutta la bontà di Rusidda è un pranzo o una cena in quest’angolo di Sicilia a Parigi: potrete gustare un vassoio di salumi e formaggi,  la pasta del giorno (busiate, caserecce, trofie, maccheroncini), uno squisito pizzolo (un gustosissimo incrocio tra un panino e una pizza) e concludere il vostro viaggio gastronomico con un cannolo, una panna cotta o un tiramisù.
Amélie, Giulia et GianMarco vi aspettano per deliziare le vostre papille gustative.

Rusidda
1 Rue Borda
75003 Paris
09 86 47 54 74

Sei diventato parigino se…

Sei diventato parigino se...

Sei diventato parigino se…

Anche se non vuoi ammetterlo a te stesso, ormai sei diventato un parigino DOC.
I sintomi sono evidenti e parlano chiaro:

– Ti sembra normale pagare 800€ al mese per un monolocale minuscolo

– Conosci a memoria le stazioni della tua linea della metropolitana

– Appena un timido raggio di sole accarezza la città, ti precipiti a comprare baguette e formaggio per un pic-nic al Bois de Vincennes

– Consideri tutto ciò che si trova al di là del périphérique come un continente sconosciuto e selvaggio

– Sei diventato un campione dello sport cittadino più diffuso: la gimkana tra gli escrementi dei cani parigini che tappezzano i marciapiedi

– Non vai mai sugli Champs Elysées, a meno che non devi farli visitare a qualcuno

– Hai visto almeno una volta una troupe cinematografica girare un film per le strade della città…e non ti ha scioccato.

– Se hai fame e non hai tempo, compri un grec, non un kebab

– Conosci tutti i colori delle linee della metro

– Non hai paura di prendere il Noctilien

– I 3 animali che odi di più sono il topo, il piccione e…il turista

– Assaggi le cucine di tutto il mondo spostandoti di quartiere

– Incroci la miseria ogni giorno e, purtroppo, non ci fai più caso

– Sai imitare alla perfezione la voce che annuncia le stazioni della metro, soprattutto la versione spagnola della linea 14 a Gare de Lyon

– Nel tuo appartamento ricevi più di venti segnali Wi-fi diversi

– Conosci tutti i quartieri di Parigi ma vai sempre negli stessi posti

– Cerchi sempre di evitare di prendere la corrispondenza a Chatelet e di perderti nei suoi interminabili corridoi

– Anche se il sole splende e il cielo è azzurro, esci da casa con l’ombrello perchè non si sa mai

– Adori Parigi in Agosto quando la città si libera del suo male peggiore (i parigini!)

– Ti metti a sbuffare e a fare smorfiette se, prendendo la scala mobile, qualcuno resta immobile a sinistra e ti blocca il passaggio.

Amo Parigi quando…

Tramonto parigino

Tramonto parigino

Parigi è un miscuglio di razze e culture, un melting pot di etnie e tradizioni, una torre di babele dove centinaia di linguaggi diversi vengono parlati da gente proveniente da ogni parte del mondo.
Parigi è resa unica da tutti gli stranieri che vi abitano e che un giorno probabilmente l’abbandoneranno.
Anch’io sono straniero, anch’io sono Parigi e anch’io prima o poi l’abbandonerò.
Per il momento ho la fortuna di viverci e approfitto fugacemente di quei momenti preziosi che mi fanno adorare questa città meravigliosa.

Amo Parigi quando…

Quando si sveglia alle prime luci dell’alba
Place de la Concorde si colora di arancione e il profumo di pane fresco e croissants invade le strade. I bateaux-mouches cominciano a solcare le acque della Senna e i venditori del mercato di Aligre decantano a squarciagola la freschezza della propria frutta e verdura

Quando un giapponese mi ferma per strada per chiedermi dove si trova il centro Pompidou o il Louvre
Mi fa sentire uno del posto, uno che conosce la città, uno che la ama profondamente

Quando accetto consapevolmente di perdermi tra le sue vie
E riscopro la città con gli occhi di un turista che la attraversa per la prima volta

Quando si svuota durante la prima metà del mese d’Agosto
E riprende la forma di una città normale, meno caotica e più tranquilla

Quando la abbandono per qualche tempo
Per sentire esplodere, dentro di me, la voglia prepotente di ritrovarla e riabbracciarla

Quando la pioggia mi sorprende mentre passeggio lungo la Senna
Le gocce d’acqua che cadono dal cielo aggiungono una dolce nota di malinconia ai passanti che percorrono con lo sguardo le acque miti della Senna e la tranquillità imperturbabile dei bouquinistes

Quando, passeggiando senza meta, scopro un giardino o una piazza che non conoscevo
Perle di rara bellezza si nascondono nel tessuto urbano della ville lumière e aspettano soltanto di essere scoperte dagli occhi avidi di passanti curiosi

Quando incontro qualcuno che conosco, per caso
Milioni di parigini e turisti si mescolano vorticosamente tutti i giorni tra le vie della capitale.
Incontrare un conoscente, per caso, è quasi impossibile. Quando capita è una festa per entrambi e l’anonimato cittadino lascia posto per un breve istante ad un’inattesa familiarità

Quando il sole tramonta sui giardini delle Tuileries
Tingendo di rosso fuoco i volti delle statue e baciando soavemente i turisti seduti attorno alle fontane

Quando osservo il lungo-Senna dalle finestre di un taxi notturno
Parigi conserva il suo fascino più conturbante per i vagabondi notturni che a piedi o in auto attraversano le sue avenues e i suoi boulevards.
La maestosità del Museo d’Orsay, la bellezza dell’isola Saint Louis e il mistero della Conciergerie assumono sfumature uniche di notte ed emanano una magia particolare

Quando la notte s’impossessa della città
E migliaia di comignoli rossi di terracotta illuminano il buio

Vive la France!

Vive la France!

Vive la France!

Alimento le pagine di questo blog da diversi anni proponendovi curiosità, aneddoti, racconti e consigli relativi alla città di Parigi e alla cultura francese.
Ammetto che ho spesso utilizzato un tono pungente, amaro, sarcastico, duro, critico e una spiccata accezione negativa verso i parigini.
Con questo post voglio fare un piccolo mea culpa nei confronti dei nostri cugini francesi con cui da quasi 11 anni condivido la mia quotidianità.
Esistono differenze abissali che separano il popolo italiano da quello francese ma ciò non significa che uno sia migliore dell’altro.
Se in passato mi sono permesso di etichettare i francesi con epiteti e aggettivi talvolta acidi, era soltanto per stigmatizzare le divergenze e le sfumature culturali che ci allontanano.
Oggi, con una bella esperienza sul groppone da “italiano a Parigi” e qualche capello bianco in più, voglio ringraziare questa terra che mi ha accolto e che mi offerto la possibilità di realizzarmi.
Nel corso di questi anni trascorsi nella capitale francese, sono venuto a contatto con un campionario umano eterogeneo e vario.
Mi è capitato d’incontrare conducenti di taxi sgarbati e maleducati e altri cortesi e disponibili a una chiacchierata durante il tragitto, un vicino psicopatico che si metteva a urlare e a insultarmi ogni volta che invitavo amici a casa e una vicina gentilissima e sempre disponibile a darmi una mano, ristoratori scontrosi e/o disonesti e altri socievoli e cordiali, colleghi di lavoro squallidi e spietati e altri sinceri e affettuosi.
Non bisogna mai generalizzare i giudizi su di un popolo e la sua cultura: lo spirito dell’essere umano è talmente variegato e ricco di sfumature da non poter essere catalogato con semplici e riduttive etichette.
Vive la France!

Un italiano al Kremlino

Le Kremlin Bicêtre

Le Kremlin Bicêtre

In seguito al mio recente trasloco, il blog potrebbe essere ribattezzato “un Italiano al Kremlino”.
No, non ho lasciato la Francia per trasferirmi in Russia.
Ho semplicemente traslocato al Kremlin Bicêtre, una cittadina situata alle porte di Parigi.
Dopo essere stato un cristolien (abitante di Creteil), un montreuillois (abitante di Montreuil), un courbevoisien (abitante di Courbevoie) e un parigino (con residenza nei seguenti arrondissement: IX°, XV°, V°e XI°), sono da poco diventato un kremlinois, ovvero un abitante del Kremlin Bicêtre.

Il Kremlin-Bicêtre è stato creato nel 1836 riunendo due antichi quartieri della città: il Kremlin e Bicêtre.
La storia del comune e l’origine del suo nome insolito affondano le radici agli inizi del XIII secolo, quando Luigi VIII offrì un appezzamento di terra al responsabile delle cucine reali che vi costruì un edificio.
Jean Ogier, l’erede del cuoco, cedette nel 1286 l’edificio e le terre attinenti a Jean de Pontoise, vescovo di Winchester, che fece costruire sulle rovine dell’antico edificio il castello di Winchester.
Il termine Winchester ha subito varie metamorfosi fonetiche nel corso del tempo diventando prima Vincestre, Bichestre, Bicestre e, infine, Bicêtre.

Alla fine del XIV° secolo, il castello di Winchester, ormai in rovina, passò nelle mani del duca di Berry che lo fece ricostruire con grande magnificenza.
Prima della morte, il duca di Berry lasciò il castello ai vescovi della chiesa di Notre Dame des Champs.
Tuttavia l’usura del tempo e gli scontri tra Bourguignons e Armagnacs trasformarono il castello in una costruzione fatiscente e malfamata, frequentata da mendicanti e delinquenti.
Nel 1632 Richelieu decise di raderla al suolo per erigere un ospedale che accogliesse i veterani di guerra.
Dopo la campagna fallimentare di Napoleone in Russia e la conseguente ritirata da Mosca nel 1812, numerosi veterani di guerra vennero accolti nell’ospedale di Bicêtre.
Un furbo cabarettista aprì un locale, molto frequentato, chiamandolo Au Sergent du Kremlin, in ricordo della campagna napoleonica e della fortezza moscovita.
Il quartiere cominciò a essere conosciuto come Le Kremlin.

Adesso sapete perché la città dove abito adesso, Le Kremlin Bicêtre, si chiama in questo modo.

Una storia parigina – XII

Sogni di cristallo

Sogni di cristallo

Simone e Odalys uscirono dall’ufficio del notaio e camminarono senza meta per le vie di Parigi.
Le verità apprese pochi minuti prima nello studio del signor Lemaitre avevano scombussolato le certezze dei due ragazzi che, increduli, cercavano di razionalizzare e dare un senso agli eventi.
Simone si era fermato improvvisamente davanti a un internet point e aveva chiesto alla ragazza cubana di accompagnarlo all’interno.
– Hai bisogno di un caffè? Chiese Odalys scrutando il volto preoccupato del suo compagno.
– Si. E soprattutto ho bisogno di informazioni.
Entrati nel locale, ordinarono due caffè e occuparono una delle tante postazioni multimediali disponibili.
Simone, che si era connesso immediatamente a Google, aveva inserito il nome Filippo e il cognome Maggiorana come chiavi di ricerca.
Il motore di ricerca aveva restituito svariate pagine di risultati relativi alla ricerca selezionata: numerosi links, talvolta corredati da fotografie, rinviavano a siti che parlavano dello scienziato foggiano.
Il ragazzo cliccò i primi tre siti della lista ed esaminò i contenuti mostrati sullo schermo.
Le informazioni fornite dal notaio e scritte nella lettera erano reali. Filippo Maggiorana era un personaggio molto conosciuto in Italia e il web traboccava di notizie sulla sua scomparsa.
Leggendo gli articoli trovati in rete, la memoria di Simone ebbe un risveglio improvviso e il catanese si ricordò di avere già sentito la storia di quello scienziato scomparso misteriosamente.
Maggiorana era sparito da Peschici, un comune nel foggiano, nel settembre del 1945, poco dopo i bombardamenti nucleari in Giappone. L’ultima volta era stato avvistato al porto di Brindisi sul punto di imbarcarsi su una nave per Palermo, dove doveva recarsi per trascorrere un periodo di riposo.
Numerose ipotesi erano state sollevate dall’opinione pubblica per giustificare la sua sparizione, tra queste anche la teoria di un possibile suicidio per espiare le colpe legate ai suoi studi in ambito nucleare che avevano portato alla creazione dell’ordigno atomico.
Simone e Odalys erano i soli a sapere che Maggiorana era ancora vivo, anche se non sapevano più dove si trovasse.
– E’ tutto vero! Esclamò Simone rivolgendosi alla sua compagna.
– Che facciamo? Sono molto confusa, chiese la cubana con tono dubitativo.
– L’unica cosa che ci resta da fare, cara Odalys.
– E cioè?
– Trovare la sorella di Maggiorana in Puglia, comunicarle che il fratello è ancora vivo e consegnarle l’intero patrimonio che ci ha lasciato.
– Ottima idea. Purtroppo non sappiamo nulla di lei a parte il fatto che si chiama Sofia.
– E’ un buon inizio. Non è tantissimo, ma è quello che ci basta per cominciare la ricerca, disse Simone che aveva già cominciato a digitare sulla tastiera del computer il nome della sorella dello scienziato.

Il motore di ricerca non aveva trovato nessun risultato interessante.
Decise di proseguire la ricerca online consultando i profili che portavano quel nome e il sito dell’elenco telefonico di Peschici. In entrambi i casi la sua ricerca si concluse con un nulla di fatto. La rete multimediale non conservava nessuna traccia di quella donna.
– Credo che ci rimanga una sola soluzione, disse Odalys fissando Simone. Andare in Puglia e cercare personalmente la sorella di Philippe.
– Hai ragione. Non ci resta nessun’altra alternativa. Controllo subito i prossimi voli.
Il siciliano si era connesso sul sito della compagnia Easyjet ed era riuscito ad ottenere due biglietti sul volo per Brindisi delle tre del pomeriggio.
– Abbiamo giusto il tempo di preparare le valigie, avvisare i nostri datori di lavoro e recarci all’aeroporto di Orly.
I due ragazzi si precipitarono a casa, improvvisarono in pochi minuti due valigie, e corsero all’aeroporto.
Arrivati a Orly, il catanese e la sudamericana effettuarono il check-in, verificarono il numero del cancello d’imbarco e si accomodarono nella sala d’attesa aspettando di accedere all’aereo.
Odalys era molto tesa e un poco pessimista. Simone sembrava più tranquillo e ottimista.
– Come fai a essere così sereno?
– Sono fiducioso. Penso che troveremo facilmente la sorella di Maggiorana. Peschici è un comune che conta poche migliaia di abitanti. E’ uno di quei piccoli borghi in cui tutti si conoscono e le notizie viaggiano alla velocità della luce.
Il viaggio in aereo si svolse senza particolari problemi e arrivarono puntuali a Brindisi.
Scendendo dalla scaletta dell’aereo, Simone aveva respirato con gioia la ventata d’aria pungente che lo aveva investito. Era aria di casa che profumava di terra bagnata, agrumi e ulivi, erano delicate fragranze del sud dell’Italia che gli accarezzavano l’anima.
I due ragazzi avevano affittato una Twingo al bancone dell’aeroporto e si erano alternati alla guida dell’auto per percorrere i duecento chilometri che separano Brindisi da Peschici.
Avevano impiegato tre ore per raggiungere la piccola cittadina in provincia di Foggia e, stremati dalla fatica, erano entrati nel bar della piazza principale per ordinare qualcosa da mangiare.
Seduti in un tavolo accanto alla vetrata, avevano chiesto due piatti di spaghetti alla carbonara, accompagnati da una birra ghiacciata e una coca-cola.
Dopo aver consumato il meritato pasto, Simone aveva chiesto due caffè all’anziano barista.
– Finalmente un buon caffè italiano, esclamò soddisfatto e appagato.
– Da dove venite? Chiese il barista incuriosito dall’esclamazione del ragazzo.
– Non sono straniero. Sono italiano anch’io, ma vivo in Francia insieme alla mia compagna.
– Siete qui in vacanza? Siete venuti a vedere i trulli di Alberobello e i sassi di Matera? Se volete posso consigliarvi alcuni ristoranti a buon prezzo e ottimi locali dove ballare la pizzica.
– Veramente non siamo turisti, rispose Odalys inserendosi nella conversazione.
– Allora siete venuti a trovare i parenti?
– Non esattamente, rispose Simone. Abbiamo fatto un lungo viaggio per cercare una persona.
Si chiama Sofia Maggiorana. Temendo di non essere preso sul serio, il siciliano non accennò alla storia di Filippo e al loro incontro a Parigi.
– Sofia? La sorella dello scienziato? Esclamò il barista. Adesso ho capito. Siete una coppia di giornalisti. Da quando Filippo è scomparso Peschici è diventata un viavai di macchine fotografiche e telecamere, aggiunse l’anziano dietro il bancone lasciando trapelare un certo rammarico.
– Lei lo conosceva? Chiese Odalys rivolgendosi al barista.
– Certo. Qui in paese ci conosciamo tutti. Abbiamo fatto le scuole medie insieme. Era il mio compagno di banco. Posso dirvi solamente che era una brava persona. Un uomo onesto e sincero.
– E sua sorella Sofia? Chiese Simone tornando al punto essenziale che aveva motivato il loro viaggio.
– Se siete giornalisti vi è andata male. Sofia ci ha lasciato l’anno scorso. Pace all’anima sua.
La povera donna ha trascorso la sua vita in attesa del fratello. Non si è sposata e non ha avuto figli. Filippo era il suo unico affetto, la sua famiglia. Quando il fratello ha fatto perdere le sue tracce, il sorriso non è più ricomparso sul volto di Sofia. Chissà che fine ha fatto.
– Grazie per le informazioni. Comunque non siamo giornalisti. Volevamo solamente salutare Sofia.
– Se lo desiderate, potete portarle un fiore. Entrando dall’ingresso principale del cimitero, la sua tomba si trova nella terza fila a destra, disse il barista indicando la vicina collinetta su cui sorgeva il cimitero. Potete andarci a piedi. Dista cinque minuti da qui, ma sbrigatevi o lo troverete chiuso.
– E’ molto gentile da parte sua. Ci andiamo immediatamente.

Proseguirono mano nella mano percorrendo velocemente la centinaia di metri che li separava dal cimitero. Si erano fermati pochi istanti per raccogliere alcune viole selvatiche.
Arrivati al tramonto davanti al cimitero, incontrarono il guardiano che li avvisò della chiusura imminente dei cancelli.
Simone e Odalys si addentrarono tra i viali alberati e, seguendo le indicazioni del signore del bar, trovarono la tomba di Sofia, all’ombra dei cipressi.
Era una tomba semplice, in marmo bianco, priva di fiori e candele.
Odalys si avvicinò per leggere la frase, incisa sulla pietra, che campeggiava sulla lapide e la lesse ad alta voce.
Sofia Maggiorana, sorella devota e fedele. Pianse, per tutta la vita, la scomparsa del fratello che si fece carico della sofferenza dell’umanità.
La cubana aveva scandito lentamente le parole dell’epitaffio e si era rivolta verso Simone in cerca di risposte.
– Abbiamo fatto quello che dovevamo. La vita non è stata clemente con questa donna, disse Simone cercando di consolare la ragazza sudamericana visibilmente scossa.
– E adesso che facciamo?
– Torniamo a casa, rispose il giovane cingendole le spalle. Parigi saprà illuminarci.
I due ragazzi trascorsero la notte in un ostello vicino alla piazza e si svegliarono prestissimo.
Dopo aver bevuto un caffè e un cappuccino nello stesso bar dove avevano cenato la sera prima, salirono a bordo della Twingo per recarsi in aeroporto e prendere il primo volo per Parigi.
Come all’andata, si alternarono alla guida della piccola utilitaria e scambiarono alcune impressioni sulle rocambolesche vicende che li avevano visti protagonisti.
– Philippe ci ha cambiato la vita. Ci ha insegnato a fidarci del prossimo, a sperare nel futuro, a credere in un mondo migliore e a diffidare delle apparenze, disse Odalys spezzando il gelido silenzio di quella mattinata invernale.
– Non dimenticherò mai gli occhi espressivi di quel senzatetto barbuto che esprimeva affetto e riconoscenza senza parlare, rispose Simone non distogliendo lo sguardo dalla guida.
La coppia proseguì il resto del viaggio in macchina osservando il paesaggio desolato della campagna pugliese: una miriade di ulivi, fichi d’india e vigneti si estendeva a perdita d’occhio alternandosi a costruzioni rurali in pietra bianca.
Giunti all’aeroporto, si recarono al banco informazioni per acquistare i biglietti per il primo volo disponibile.
Fortunatamente una decina di posti erano ancora liberi sul volo Brindisi-Parigi di mezzogiorno.
L’aereo decollò puntuale staccandosi dal suolo pugliese con un potente rombo di motori.
Al momento della partenza, Simone e Odalys si erano tenuti stretti per la mano e avevano accompagnato con lo sguardo gli ultimi scorci della macchia mediterranea.
La cubana si addormentò quasi immediatamente. Stanca e provata dalla lunga giornata precedente, Odalys riposava accovacciata sul petto del ragazzo impegnato a rimuginare sul groviglio di idee che si infittiva nella sua mente.

Atterrati con venti minuti di ritardo a Orly, scesero dall’aereo che li aveva riaccompagnati in terra francese e furono accolti da una pioggia fitta e un gelo siberiano.
Simone fermò con un gesto della mano il primo taxi di passaggio e comunicò al conducente l’indirizzo della rue du Roi de Sicile.
– Andiamo a casa mia, disse il ragazzo rivolgendosi alla compagna.
– D’accordo, disse Odalys con una voce ancora impastata di sonno.
La Mercedes grigia aveva raggiunto rapidamente il centro storico e, all’altezza del quai de Montebello, si era fermata a un semaforo poco distante dalla cattedrale di Notre Dame.
Monsieur, on voudrait descendre ici (Vorremmo scendere qui, Signore), disse la ragazza rimasta in silenzio per quasi tutto il tragitto.
D’accord. Ca vous fait 40€ (Va bene. Mi dovete 40€), rispose il conducente spegnendo il motore dell’auto.
Il siciliano pagò il costo della corsa e ringraziò il taxista per il servizio.
Poi si rivolse verso la sua compagna con un’espressione stranita.
– Perché hai voluto fermarti qui? C’è un freddo pazzesco e, come se non bastasse, abbiamo le valigie.
– Ricordi cosa faccio quando devo prendere una decisione importante o riflettere a una scelta difficile?
– Ho capito, rispose Simone sollevando i due trolley e dirigendosi verso la scaletta d’accesso al lungo-Senna.
Scesero una piccola rampa di scale e si ritrovarono a camminare sulla stessa sponda del fiume dove tutto era cominciato.
La coppia italo-cubana procedeva, mano nella mano, contemplando lo scorrere incessante della acque della Senna.
Il silenzio che li avvolgeva era intervallato dal rumore regolare provocato dalle rotelle delle valigie trascinate sul marciapiede.
A un certo punto Odalys si fermò, si sedette sul bordo della banchina e diresse lo sguardo verso il cielo.
– Guarda! Disse la sudamericana al suo Simone.
– Che magia! Esclamò il ragazzo alzando gli occhi al cielo.
Un velo delicato fatto di minuscoli fiocchi di neve scendeva lentamente sulla città. Lievi e soffici, migliaia di cristalli luminosi imbiancavano il paesaggio trasformandolo in uno scrigno candido e ovattato.
La neve cadeva lenta da un cielo compatto e, come una coperta, avvolgeva l’atmosfera urbana coprendo i rumori della città e regalando una gioia inaspettata ai bambini e agli adulti.
Petali nivei si libravano soavemente nell’aria, in un silenzio senza tempo, come polvere di stelle cullata dal vento, ricoprendo di magia le speranze e i sogni di Simone e Odalys.

Una storia parigina – XI

Oltre l'apparenza

Oltre l’apparenza

Simone e Odalys si svegliarono di buon ora.
Entrambi avevano chiesto un giorno di permesso ai rispettivi datori di lavoro per dirimere l’intricato mistero della scomparsa di Philippe.
Dopo aver consumato una veloce colazione al café Beaubourg, si erano diretti velocemente verso l’indirizzo del notaio, nel cuore del Marais.
Il ragazzo siciliano conosceva bene la zona e aveva preso diverse scorciatoie per guadagnare tempo. Giunti sulla rue de Turenne, avevano percorso il tratto di strada restante tenendosi mano nella mano.
Arrivati davanti al numero venticinque, avevano identificato sulla facciata del palazzo una targa metallica che riportava lo stesso nome del biglietto da visita trovato nel monolocale: Fabien Lemaitre, Notaire.
Simone spinse il pulsante metallico situato accanto al portone che si aprì emettendo uno squillante segnale sonoro.
Il catanese osservò attentamente la lunga lista di cognomi del citofono posto all’ingresso e spinse il terzo tasto.
Una luce abbagliante si accese all’interno del citofono e illuminò il volto di Simone. Era la telecamera interna che permetteva agli inquilini di vedere il volto del visitatore prima di concedere l’accesso al palazzo.
– Chi desidera? Disse una voce femminile.
– Mi chiamo Simone Puglisi e vorrei incontrare il notaio.
– Certo signor Puglisi. Salga pure al terzo piano. Il signor Lemaitre la stava aspettando.
Il portoncino di vetro si aprì automaticamente dopo le parole della ragazza.
L’italiano e la cubana erano penetrati nell’atrio del palazzo ed erano entrati in un piccolo ascensore.
– Che significa che mi stava aspettando? Chi diavolo gli ha detto che sarei venuto? Come fa a conoscere il mio nome?
– Più domande ti fai e meno la situazione avanzerà. La soluzione del tuo rebus si trova a tre piani di distanza da noi. Coraggio, saliamo e togliamo il velo a questo mistero.
– Si. Andiamo a scoprire la verità.
Scesi dall’ascensore, i due giovani si erano trovati davanti una ragazza di bella presenza che li aspettava sull’uscio della porta.
Era la segretaria del notaio che aveva risposto pochi attimi prima al citofono.
– Accomodatevi, prego. Avviso immediatamente il signor Lemaitre del vostro arrivo. Gradite un caffè o un bicchiere d’acqua?
– No, grazie. Risposero in coro Simone e Odalys che desideravano solamente avere notizie di Philippe.
La segretaria si era allontanata imboccando un lungo corridoio e il siciliano si era soffermato a fissare l’arredamento della sala d’attesa.
Era una stanza elegante e accogliente: un massiccio parquet in legno disposto a spina di pesce ricopriva il pavimento, vasi pieni di fiori e piatti di ceramica finemente cesellati abbellivano l’arredamento, un enorme camino riempiva la parete laterale, varie poltrone colorate permettevano ai clienti di aspettare comodamente il proprio turno, decine di libri e riviste erano disposti ordinatamente sul tavolo di marmo.
– Mi segua signor Puglisi, disse la segretaria tornata dal corridoio in cui era scomparsa pochi minuti prima.
Simone prese la mano di Odalys e seguì la silhouette slanciata della donna che li guidava tra le stanze dell’ufficio.
– Prego, disse la segretaria arrivata davanti a una porta di legno massiccio socchiusa.
Un uomo di mezz’età, in piedi, era intento a leggere un librone dalla copertina rigida.
Il notaio si aggiustò gli occhiali da vista, chiuse il libro che teneva in mano, strinse la mano ad entrambi e si sedette alla sua scrivania.
– Piacere di conoscervi. Voi dovete essere Simone e Odalys.
– Il piacere è nostro, rispose Simone. Ma come fa a conoscere i nostri nomi?
– Caro signor Puglisi, il mio cliente mi ha parlato a lungo di voi e mi ha spiegato le ragioni della sua scelta.
– Cliente? Scelta? Ma di cosa sta parlando? Sbottò Simone stanco di mescolare le tessere di un insensato mosaico. Potrebbe gentilmente spiegarmi cosa sta succedendo? Dov’è Philippe?
– Ha ragione. E’ colpa mia. Sono andato troppo veloce e vi ho confuso le idee, rispose il notaio con molta pacatezza. Procediamo per ordine seguendo le disposizioni del signor Filippo Maggiorana.
– Di chi?
– Filippo Maggiorana. E’ questa l’identità della persona che conoscete sotto il nome di Philippe.
– E chi me lo garantisce? Disse il ragazzo esigendo prove tangibili che confermassero le affermazioni del notaio.
– Questa! Rispose il signor Lemaitre mostrando una fotocopia a colori. E’ la copia della carta d’identità del mio cliente.
Simone osservò attentamente il foglio e si consultò brevemente con Odalys riguardo la foto della carta d’identità. Nella foto Philippe era più giovane e meno trasandato, ma non c’erano dubbi. Si trattava dello stesso barbone dell’ospedale Saint Antoine che aveva frequentato per mesi.
Il siciliano esaminò con attenzione il documento e trovò la conferma delle informazioni fornitegli dal notaio. Si chiamava Filippo Maggiorana, nato a Foggia il 7 giugno 1920.
– Va bene. Le credo. Potrebbe spiegarmi perché mi trovo qui? Qual è il senso di tutta questa storia?
– Caro signor Puglisi, riprese il notaio, il mio compito è quello di portare a termine la missione conferitami dal signor Maggiorana. Sono un notaio e non mi occupo di spiegare o interpretare il significato delle decisioni dei miei clienti. Mi occupo soltanto di notificare, atti, lasciti, successioni, eredità, vidimare registri, validare statuti societari e molte altre operazioni che non le spiego perché rischierei di annoiarla. Nel suo caso specifico devo comunicarle le direttive del mio cliente nei suoi confronti.
– Eredità? Lasciti? Successioni? Direttive del cliente? Ma si rende conto che stiamo parlando di un clochard che possiede solamente un cagnolino e poche briciole di dignità? Disse Simone con foga e continuando a non capire.
– Spesso le apparenze ingannano, rispose il notaio mantenendo una calma serafica. Molte persone si fermano a ciò che si vede in superficie, e non accettano che la faccia nascosta della realtà possa essere radicalmente opposta a ciò che credevano.
– Grazie per la bella lezione di filosofia signor Lemaitre, disse il siciliano con tono ironico. Ma sono venuto qui per altre ragioni. Potrebbe dirmi dove si trova il mio amico?
– Capisco la sua indisposizione. Sarà sicuramente confuso da questa situazione ingarbugliata.
Procediamo con ordine. Dove si trova non lo so nemmeno io. Il signor Maggiorana è venuto nel mio studio ieri pomeriggio e mi ha pregato di consegnarle questa busta. Mi ha chiesto di comunicarle il resto delle informazioni solamente dopo la lettura della lettera. La prego, dunque, di prendere visione del documento.
Come vede la busta è sigillata con la ceralacca. E’ una lettera personale, diretta esclusivamente a lei. Io stesso non ne conosco il contenuto.
Simone prese il plico e aprì con un gesto deciso il sigillo che lo chiudeva saldamente.
Prese tra le mani il foglio contenuto nella busta e si avvicinò a Odalys per permettere alla ragazza di leggerlo insieme a lui.

Caro Simone,
Chi ti scrive questa lettera non è Philippe, il barbone trasandato e alienato che sedeva davanti all’ospedale Saint Antoine, ma Filippo Maggiorana, uno scienziato. Questa è la mia vera identità e mi scuso per avertela tenuta nascosta fino a questo momento.
Avevo raggiunto una forte notorietà in Italia grazie ad alcune scoperte in ambito fisico che hanno permesso alla scienza di fare passi da gigante.
Il contributo principale l’ho fornito nel campo della ricerca nucleare: i miei studi sui neutrini e sulle particelle atomiche hanno segnato una svolta rivoluzionaria.
Ho sempre lavorato con passione e sono sempre stato convinto che l’impegno scientifico sia essenziale per migliorare la condizione umana.
Poi è arrivata la guerra mondiale e la mia vita si è sgretolata come un castello di sabbia.
Scienziati senza scrupoli hanno utilizzato i miei studi sulla fissione nucleare per concepire un ordigno diabolico capace di liberare un’energia distruttrice paurosa e di eliminare ogni traccia di vita in un raggio di svariati chilometri: la bomba atomica.

Le mie ricerche hanno indirettamente contribuito a una delle più grandi tragedie dell’umanità.
Le bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945 portavano anche la mia firma.
Le immagini delle vittime di quei bombardamenti, i danni diretti e indiretti causati alla popolazione, il pianto di migliaia di bambini innocenti, il dolore straziante degli ustionati mi hanno perseguitato per tutta la vita. Mi sono sempre sentito e mi sento ancora adesso colpevole e responsabile di uno dei più atroci crimini contro l’umanità.
Subito dopo la guerra, ho attraversato una fase di profonda crisi. Mi svegliavo nel cuore della notte perseguitato dai volti insanguinati delle vittime e dalla voce della mia coscienza sporca che mi ricordava che la colpa di quello scempio era anche mia.
Non ho retto e ho deciso di abbandonare tutto. Ho scritto un messaggio d’addio a mia sorella Sofia, l’unica persona cara che mi restava, e ho lasciato per sempre la Puglia e l’Italia.
Ho rinunciato alla mia identità e ho fatto di Parigi il mio rifugio. Ho rifiutato il contatto con gli altri uomini perché non mi fidavo più di loro. Non credevo che quegli stessi esseri umani che avevano sganciato una bomba micidiale da un aereo  potessero essere capaci di nutrire buoni sentimenti. Loro avevano progettato e sganciato la bomba, io avevo inconsciamente preparato le basi per la sua realizzazione.
Avevo perso totalmente fiducia negli uomini e consideravo i miei simili come bestie fameliche capaci solamente di compiere nefandezze.
Continuare a vivere da alienato è stata l’unica soluzione che mi ha permesso di andare avanti. Ultimo tra gli ultimi, invisibile tra gli invisibili.
E poi sei arrivato tu, Simone, con il tuo sguardo limpido e la tua generosità. Inizialmente non mi fidavo di te perché ti consideravo cattivo, un essere capace di commettere atti orrendi come il resto degli uomini,.
Ti ho allontanato, ti ho ignorato e ti ho respinto in tutti i modi. Ho risposto con indifferenza ai tuoi gesti benevoli.
La tua perseveranza e la tua bontà d’animo hanno saputo crearsi un varco nella mia anima ferita e hanno conquistato la mia fiducia.
Mi hai dato tanto senza chiedere niente in cambio. Mi hai aiutato senza pretendere risposte e senza secondi fini. Hai trascorso le tue giornate a fare compagnia a un vecchio barbone che scarabocchiava le panchine di un parco.
Grazie di cuore, Simone. Mi hai ridato fiducia nell’uomo e mi hai insegnato ad aprire nuovamente il mio cuore al prossimo.
Chiedo scusa a te, come rappresentante dell’intera umanità, per le mie pesantissime colpe.
Ho dedicato la mia vita alla scienza affinché la vita dell’uomo migliorasse, non per farlo soffrire.
Ti cedo tutto quello che possiedo. Adesso devo andare.
Philippe.

Gli occhi di Simone e Odalys si erano riempiti di lacrime e, con sguardi increduli, rileggevano quelle frasi cercando di scoprire un significato nascosto.
Il loro amico clochard era uno scienziato. Si era auto-escluso dal mondo per punirsi e si sentiva responsabile della morte di migliaia d’innocenti.
Ma Philippe non aveva colpe, non era lui che aveva forgiato la natura umana. Era quest’ultima considerazione che faceva disperare i due ragazzi, la consapevolezza che quell’uomo si era caricato ingiustamente sulle spalle il dolore e la sofferenza dell’intera umanità.
Vedendo i due ragazzi visibilmente emozionati, il notaio gli propose un bicchiere d’acqua e dei fazzolettini. Poi riprese a parlare.
– Ragazzi, non vi chiedo cosa ci sia scritto nella lettera perché è un documento personale. Io, però, devo completare il mio lavoro.
– Non c’è bisogno, lo interruppe Simone. La lettera dice che Philippe ci lascia tutto ciò che possiede. Abbiamo già recuperato il bassotto Filou nel suo monolocale.
– Caro signor Puglisi, rispose il notaio, come le ho detto poco fa, non bisogna fidarsi delle apparenze. Filippo Maggiorana non era così povero come voleva fare credere. Non so come abbia trascorso il resto della sua vita, ma di certo ha accumulato un discreto capitale. Se mi lascia parlare le elencherò ciò che adesso appartiene a voi.
Il signor Lemaitre raddrizzò gli occhiali da vista che scivolavano sul naso sudato e cominciò a leggere un documento che aveva preso da un cassetto della scrivania.
– Io sottoscritto Filippo Maggiorana, nato a Foggia il 7 giugno 1920, nel pieno delle mie facoltà mentali e in piena libertà, decido di trasferire al signor Simone Puglisi le seguenti proprietà di mia possessione: il monolocale della rue du Petit Musc, l’appartamento avente una superficie di cento metri quadri situato sul boulevard Voltaire, nell’undicesimo arrondissement di Parigi, e la totalità delle somme contenute nel mio conto in banca per un montante totale di tre milioni di euro.
– E’ uno scherzo? Chiese Simone incredulo.
– Le assicuro che è tutto vero. Sono un vero notaio e questa non è una candid camera.
Simone e Odalys rimasero a lungo senza parole. Erano stati travolti dal peso di una verità inaspettata e non riuscivano a credere alla svolta che gli eventi avevano preso.
– Tornate quando volete per finalizzare la procedura. Basteranno pochi minuti per firmare i documenti, disse il notaio che aveva intuito l’emozione palpabile dei due ragazzi.
– Si, andiamo via per il momento. Siamo sconvolti, disse Odalys prendendo la mano di Simone.
– Torneremo presto a farle visita, concluse il ragazzo rivolgendosi al notaio. Eravamo venuti a cercare Philippe e abbiamo trovato Filippo Maggiorana, le sue inaspettate rivelazioni e un’enorme eredità. Rifletteremo sulle informazioni che abbiamo appena appreso e prenderemo una decisione al più presto.
Simone pronunciò queste parole con un filo di voce, ancora scosso dagli eventi che nelle ultime ore gli avevano cambiato la vita e uscì dallo studio notarile tenendo la sua compagna per la mano.
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La XII (e ultima) puntata tra cinque giorni…

Una storia parigina – X

La scomparsa

La scomparsa

Arrivato puntuale in prossimità del parco, Simone non aveva visto la sagoma curva del senzatetto e si era subito impensierito. Si era seduto una decina di minuti aspettando invano il suo arrivo.
Assalito da una crescente preoccupazione, aveva cominciato a percorrere in lungo e in largo il corridoio esterno dell’ospedale e il parco. Dove era finito il suo amico dagli occhi espressivi? Non se ne faceva una ragione. Quell’uomo era solito riposare in quel posto e la sua assenza lo inquietava. Aveva cominciato a chiedere informazioni agli altri barboni presenti in zona, ma nessuno sembrava avere notizie di Philippe.
– Posso sapere cosa stai facendo? Chiese Odalys sorpresa di trovarlo in un evidente stato di agitazione.
– Philippe è scomparso, rispose il ragazzo alzando le braccia in segno di disperazione.
– Non ti sembra di esagerare? Starà sicuramente schiacciando un pisolino sotto un albero o si starà facendo un goccetto lontano da qui.
– No, non è possibile. E’ il tipo più abitudinario che conosco e a quest’ora sta sempre seduto su quella panchina a scarabocchiare qualcosa. Anche la tua seconda ipotesi non sta in piedi perché non l’ho mai visto bere alcool o vino, replicò Simone cercando di razionalizzare la situazione e di considerare tutte le eventualità.
– Secondo me, stai precipitando le cose. Ci sarà sicuramente un ottimo motivo che giustifica la sua assenza.
– Se lo dici tu. Io, però, ho un cattivo presentimento; concluse il catanese pensieroso.
La sua apprensione si placò leggermente alla vista di Verlaine che si avvicinava in compagnia del suo inseparabile dalmata.
– Ciao amico mio, gli disse il siciliano contento di incontrarlo. Non è che per caso hai notizie di Philippe? Non si è fatto vivo tutto il giorno e nessuno sembra averlo visto.
– Cercavo proprio te, Simone. Ho due notizie da darti, una riguarda me e l’altra Philippe.
Per quanto mi riguarda, ho riflettuto a lungo alle discussioni che abbiamo fatto insieme e sono giunto alla conclusione che hai ragione tu. Non si può sperare di cambiare la società ponendosi ai suoi margini e rifiutandola in blocco. Bisogna impegnarsi, raccogliere critiche edificanti e trasformarle in azioni concrete, incontrare altra gente, confrontare punti di vista diversi, pianificare le tappe di una radicale riforma del sistema. Ho deciso di abbandonare la vita da escluso e alienato che ho intrapreso e di collaborare con quegli uomini che credono che un mondo migliore sia possibile. La mia idea è quella di creare un’associazione di persone capaci di partorire idee innovative finalizzate al bene della collettività e, magari, un domani ostacolare le politiche vigenti, figlie di loschi personaggi corrotti e senza scrupoli.
La mia maturazione mentale è stata graduale e si è realizzata soprattutto grazie a te. Sei tu il demiurgo che ha plasmato le idee confuse nella mia testa e ha creato un uomo nuovo in grado di ragionare e di credere in un possibile cambiamento. Grazie!
– Sono felicissimo! Sapevo che saresti ritornato sui tuoi passi. Sei un tipo troppo intelligente per rinunciare a lottare. Adesso ti prego dammi notizie di Philippe.
– Ah si, quasi dimenticavo. Ho incontrato ieri sera il tuo amico, seduto sulla solita panchina. Mi ha chiesto di darti questa busta.  Ho cercato di ottenere maggiori informazioni, ma non ha detto niente a parte il tuo nome. Lo sai meglio di me, parlare con lui è quasi impossibile.
Simone aprì il plico e lo esaminò attentamente. Si aspettava di trovare una lettera o un messaggio che giustificasse l’assenza del suo compagno. La busta bianca, invece, conteneva una chiave e un foglietto che il ragazzo prese tra le mani in cerca di risposte.
Era un indirizzo: 12 rue du Petit Musc, 75004, codice AB25A, scala C, sesto piano, porta centrale.
– Grazie Verlaine, sei stato prezioso. Devo scappare adesso. In bocca al lupo per la tua nuova avventura, disse Simone prendendo per mano Odalys e dirigendosi velocemente verso la rue du faubourg Saint Antoine.

Il siciliano aveva fermato un taxi e aveva mostrato al conducente l’indirizzo impresso sul cartoncino.
– E’ molto distante? Chiese Simone all’attempato taxista.
– Non è molto lontano da qui. Arriveremo in un quarto d’ora, rispose il conducente mostrando il tragitto sullo schermo del navigatore.
– Non perdiamo tempo. Vada più veloce che può, per favore. E’ importante.
La Mercedes grigia era partita sgommando e, zigzagando nel caos del traffico parigino, aveva raggiunto la rue du Petit Musc in breve tempo.
– Grazie per la corsa, disse il catanese porgendo un banconota da venti euro.
– In bocca al lupo, ragazzo.
Simone e Odalys si ritrovarono davanti a un portoncino verde affiancato da una tastierina in metallo.
Dopo aver verificato che si tr attasse del numero civico esatto, Simone  compose il codice sulla tastiera del digicode e spinse il portone che sbarrava l’accesso.
Penetrati all’interno, si guardarono intorno e osservarono con stupore la ricchezza delle decorazioni che abbellivano l’ingresso: rigogliose fioriere, eleganti specchi, mobili in legno pregiato, lampadari finemente rifiniti e tappeti variopinti.
La scala C era la scala di servizio e non era dotata dello stesso fasto che caratterizzava l’entrata del palazzo.
Una malandata rampa di scale in legno permetteva l’accesso a una zona dell’edificio occupata da piccoli appartamenti.
Come la maggior parte degli edifici nobiliari risalenti agli inizi del XIX secolo, il palazzo comprendeva una zona destinata alle chambres de bonne, minuscole stanze utilizzate per ospitare la servitù che all’epoca lavorava nelle ricche case adiacenti.
Quelle insalubri camerette, che un tempo ospitavano i domestici reclutati per occuparsi delle mansioni domestiche, accoglievano adesso studenti squattrinati e lavoratori sottopagati in grado di permettersi solo quel tipo di alloggio.
I due ragazzi arrivarono al sesto piano con il fiatone. Simone recuperò velocemente la chiave che custodiva nella tasca anteriore del jeans e la infilò nella serratura della porta centrale; una porta anonima, semplice e priva di ogni indicazione relativa all’identità dell’occupante.
Il ragazzo aprì la porta. La stanza era immersa nella penombra.
Cercò l’interruttore sul muro ma il contatto elettrico sembrava non funzionare e la
camera rimase avvolta dall’oscurità.
Si diresse verso la finestrella da cui penetravano fiochi raggi di sole e la spalancò per permettere alla luce di illuminare l’appartamento.
Simone e Odalys rimasero a bocca aperta alla vista dell’insolito spettacolo che si presentò davanti ai loro occhi increduli.
Le pareti bianche, il parquet del pavimento, il soffitto, le finestre e persino i mobili erano ricoperti di strani simboli.
Avvicinandosi alla parete, Simone riconobbe le enigmatiche formule matematiche che Philippe era solito scrivere sulla panchina dell’ospedale.
Parentesi tonde, quadre e graffe, polinomi a più variabili, equazioni e funzioni algebriche ricoprivano l’esigua superficie della stanza e le conferivano l’aspetto di un mausoleo egizio tappezzato da geroglifici indecifrabili.
Oltre alle formule matematiche, il giovane catanese riconobbe anche alcuni legami chimici e varie leggi della fisica che aveva studiato in gioventù; tuttavia i suoi ricordi liceali non erano tali da permettergli di capirne il significato.
La stanza, che misurava una quindicina di metri quadrati, era dotata di un ridottissimo angolo cucina che si traduceva in un cucinino elettrico e un minuscolo lavandino.
Lo scarno arredo era costituito da un divano polveroso, un comodino, una sedia pieghevole e un tavolo posto al centro dello spazio abitabile.
L’attenzione di Simone fu attirata da un biglietto posto sopra il tavolo, un cartoncino bianco situato perfettamente al centro.
A parte i pochi elementi d’arredamento, quel biglietto era l’unico oggetto di tutta la stanza.
Non c’erano libri o quaderni, non c’era una televisione o una radio, non c’erano vestiti o scarpe, non c’erano quadri, non c’erano lampade. Solamente un cartoncino bianco.

Simone prese il biglietto fra le mani e si rese conto che si trattava di un biglietto da visita:
Fabien Lemaitre – Notaire – 25, rue de Turenne – 75004 Paris.
– Cosa c’è scritto? Chiese Odalys fissando il cartoncino.
– E’ l’indirizzo di un notaio. Philippe lo ha lasciato sopra il tavolo affinché lo trovassimo. E’ la nostra prossima destinazione, rispose Simone con un’espressione interrogativa.
– Ma che c’entra un notaio con un senzatetto? Sembra tutto così assurdo!
– Io pensavo che Philippe non avesse nemmeno una casa. Invece possiede questo piccolo monolocale.
– Ma dove si è andato a cacciare? E perché l’indirizzo di un notaio?
– Sono le stesse domande che mi pongo. L’unica soluzione è andare subito in rue de Turenne. Possiamo raggiungerla a piedi in poco tempo.
Sulla soglia dell’appartamento, Simone e Odalys furono incuriositi da un rumore proveniente da una porticina a cui non avevano fatto caso fino a quel momento.
Era la porta del bagno che includeva solamente il water e il lavandino. Rannicchiato ai piedi del gabinetto, un bassotto scodinzolava di gioia per l’arrivo dei due ragazzi.
– E’ Filou! Esclamò Simone prendendolo in braccio.
– Povero cucciolo! Aggiunse Odalys inteneritasi davanti al cagnolino. Portiamolo con noi. Non possiamo lasciarlo qui.
– D’accordo. Ora muoviamoci, non c’è tempo da perdere.
– Immagino che stiamo correndo dal notaio, lo interrogò in maniera retorica la ragazza.
– Certo. Voglio sapere cosa è successo.
– Mi dispiace arrestare la tua emozionante caccia al tesoro, ma a quest’ora il tuo notaio ha lasciato lo studio già da un pezzo. Dovrai aspettare fino a domani per svelare l’arcano mistero.
– Che stupido! Non mi ero reso conto che si è fatto tardi.
– Calmati e sii paziente. Tra poche ore otterrai le risposte che cerchi.
– Hai ragione. In ogni caso non possiamo far niente fino a domani.
– Si, torniamo a casa. Dicono che la notte porti consiglio.
– Allora andiamo a farci consigliare dalla notte.
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La XI puntata tra cinque giorni…