Loi El Khomri: la protesta continua!

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Le proteste contro la Loi El Khomri

Il popolo francese si prepara per la grande manifestazione nazionale di domani, martedì 14 giugno, per protestare contro il progetto di legge El Khomri che vuole cambiare radicalmente la legge sul lavoro.
Il leader del sindacato CGT, Philippe Martinez, prevede una partecipazione massiccia a Parigi, dove il corteo di protesta partirà alle 13:00 da Place d’Italie in direzione degli Invalides.
L’estenuante braccio di ferro tra governo e sindacati è entrato in una pericolosa impasse che sta paralizzando il Paese: gli scioperi si susseguono, dai trasporti alla nettezza urbana, la tensione sale e le manifestazioni si moltiplicano.
L’amara pillola del Job Act, passata senza troppi problemi nell’Italia di Renzi, non viene digerita dai cugini francesi che rifiutano di accettare la precarizzazione del lavoro.
La legge El Khomri si ispira dichiaratamente al Job Act italiano che ha falciato, nel marzo 2015, l’articolo 18 che consentiva il reintegro dell’impiegato in caso di licenziamento abusivo, aumentando la flessibilità delle condizioni lavorative e la precarietà dei contratti.
A differenza degli italiani, i francesi non accettano la svalorizzazione dei diritti dei lavoratori e, in risposta al governo, protestano, manifestano e bloccano il sistema sociale per esprimere il proprio malcontento.

Il governo ha risposto con fermezza ai manifestanti indicando l’intenzione di non ritirare o modificare la legge El-Khomri e di farla passare, in modo forzato, utilizzando il dispositivo 49-3.
L’articolo 49-3 della Costituzione, l’arma fatale del governo, permette al Primo Ministro di approvare un progetto di legge sotto la propria responsabilità.
Il disegno di legge viene considerato adottato a meno che una mozione di censura, presentata nelle 24 ore seguenti, venga votata dall’Assemblea Nazionale.
Questa impopolare decisione, che ha bloccato il dialogo sociale, ha gettato nuova benzina sul fuoco determinando l’inasprimento delle tensioni sociali e il moltiplicarsi degli scioperi delle mobilitazioni di massa.
La rabbia della gente è palpabile come ha dimostrato l’arrivo concitato del Ministro dell’Economia, la settimana scorsa, alla posta di Montreuil, dove si era recato per celebrare un francobollo commemorativo dell’ottantesimo anniversario del Fronte Popolare.
Emmanuel Macron è stato accolto da slogan ostili, urla, fischi e lanci di uova da un gruppo di sindacalisti della CGT ed esponenti del PCF, oppositori della legge El Khomri.

Perché il governo non vuole assolutamente fare marcia-indietro davanti alle manifestazioni e alle rivendicazioni del popolo?
Per quale motivo Valls e Hollande rifiutano ogni forma di dialogo con gli antagonisti sociali e, di fronte a un Paese indebolito dagli scioperi e dalle tensioni, continuano verso una direzione suicidaria?
Come mai un governo di sinistra assume questa attitudine autoritaria nei confronti della gente che lo ha votato?
La riforma del lavoro francese, come il Job Act italiano, non è altro che l’applicazione della volontà della Commissione Europea di imporre ai suoi membri misure di austerità e riforme coercitive: il governo francese chiede al suo popolo di versare quelle famose lacrime e sangue che il ministro Fornero, versando patetiche lacrime di coccodrillo, chiese a noi italiani durante il governo-fantoccio Monti.
I governi si vedono depauperati e svuotati della loro sovranità nazionale che viene rimpiazzata da poteri superiori e da bieche logiche capitalistiche.
Le politiche nazionali vengono progressivamente sostituite dai dictat dettati dalle istituzioni europee e dalla globalizzazione finanziaria che avanza come una macchina da guerra.
Solo il popolo unito, dotato d’una solida coscienza di classe e guidato dalla volontà di resistere e salvaguardare la propria identità e i propri diritti, può arrestare questa pericolosa avanzata.
L’opposizione dell’Italia si è rivelata molto debole e le riforme piovute dall’alto sono state adottate: il Job Act è passato, l’articolo 18 scomparso e i diritti dei lavoratori calpestati e umiliati.
Il popolo francese si mostra più coeso, solidale, unito e battagliero.
Riuscirà a resistere?

Taxi parisien vs Uber

Taxi parisien vs Uber

Taxi parisien vs Uber

La manifestazione dei tassisti parigini contro gli autisti di UberPop e VTC (voiture de tourisme avec chauffeur) che si è svolta ieri ha trasformato la capitale francese in un inverosimile campo di guerriglia urbana.
Il movimento dei taxi parigini aveva indetto una giornata di sciopero per protestare contro l’applicazione UberPop che accusa di concorrenza sleale da un lato perchè impiega conducenti non professionisti e non dotati di licenza e dall’altro perchè gli stessi conducenti non dichiarano il loro ricavato.
Uberpop, applicazione appartenente al gigante americano Uber che vanta più di 400.000 utilizzatori in Francia, mette in relazione i clienti e i conducenti non professionisti: i prezzi sono stracciati ma gli autisti non hanno alcuna necessità di seguire una formazione e non rispettano gli obblighi fiscali legati al loro guadagno.
La Francia, e Parigi in particolare, ha vissuto una giornata nera: traffico intasato in molte città, pneumatici dati alle fiamme lungo il périphérique, cariche della polizia a Porte Maillot, aggressioni ad autisti e giornalisti negli scali aeroportuali di Orly e Charles de Gaulle.
Il bilancio finale di questa esplosione di violenza conta 7 poliziotti feriti, 10 persone convocate in questura, 70 automobili distrutte dai manifestanti, oltre 30 denunce e tantissimi incidenti segnalati in varie zone di Parigi.
Gli occhi del mondo hanno osservato con attenzione uno scenario drammatico che ha mescolato insieme, in maniera imbarazzante, la violenza della congregazione parigina dei tassisti con l’assurdità del lavoro illegale di UberPop e l’impotenza dello stato francese: l’immagine paradossale di un Paese che vede salire inesorabilmente il numero dei disoccupati ma che impedisce, a chi vuole, di lavorare.

Dopo aver incontrato una delegazione sindacale del movimento, il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve ha condannato l’applicazione Uberpop e ha ordinato il sequestro delle vetture colte in flagranza di reato.
Tuttavia la risposta del governo francese è sembrata troppo debole agli occhi dei tassisti parigini che chiedono a gran voce la rimozione immediata dell’applicazione UberPop.
La decisione sulla chiusura dell’applicazione spetta al tribunale di giustizia che notoriamente ha tempi molto lunghi.
In caso di condanna, inoltre, Uber ricorrerebbe sicuramente in appello e la data della sentenza definitiva slitterebbe ulteriormente.
Se il motivo della protesta può essere compreso e dibattuto, la maniera di esprimere il malcontento dei tassisti parigini è semplicemente ignobile: aggressioni fisiche e verbali, lanci di bottiglie e pietre su altri veicoli, blocchi forzati in prossimità di stazioni e aeroporti.
I tassisti hanno rivendicato l’illegalità del servizio Uberpop per recuperare i numerosi clienti persi dal 2011, data in cui Uber è arrivato in Francia.
La brutale violenza manifestata e l’aggressività della protesta si rivolterà inesorabilmente contro di loro e saranno ancora di più i parigini che faranno ricorso a Uber.

La relazione tra tassisti e potere è molto antica e impenetrabile: la lobby dei taxi parisien è una comunità molto forte e cosciente del proprio potere, una casta solida che lo Stato non osa contrastare.
La strategia dei tassisti si fonda su un acceso braccio di ferro con lo Stato non considerando la perdita di credibilità nei confronti dell’opinione pubblica.
Al termine della protesta avranno, forse, ottenuto concessioni e promesse da parte di Cazeneuve ma avranno perso un numero crescente di clienti che, disgustati dal loro atteggiamento barbaro e incivile, si avvicineranno al servizio proposto da Uber.
Un effetto boomerang per i taxi parisien che nel tentativo di chiudersi a riccio per proteggere i propri privilegi, non hanno fatto i conti con i tempi che cambiano, con l’avanzata della tecnologia e con i principi essenziali del libero mercato.
La lobby dei tassisti, con la rabbia e il sangue negli occhi, ha indirizzato la sua furia cieca anche contro le VTC che effettivamente gli fanno concorrenza ma in maniera assoutamente legale: i conducenti hanno seguito una formazione di 250 ore e ottenuto un numero di registrazione che gli consente il trasporto di passeggeri.
A differenza dei taxi, non possono sostare in strada in attesa di clienti ma possono riceverli solamente su prenotazione.

Personalmente utilizzo Uber da diverso tempo e, se pur d’accordo nello stigmatizzare lo stato di incoerenza in cui si trova UberPop, posso solamente lodare questa compagnia.
I conducenti sono sempre educati e cortesi, accolgono i clienti con il sorriso, propongono una bottiglia d’acqua ai clienti e permettono di scegliere la stazione radio preferita.
In undici anni di vita parigina non ricordo un solo autista di taxi che mi abbia usato le stesse attenzioni.
Al posto di mettere a ferro e fuoco la città, i tassisti parigini farebbero bene a rimettersi in discussione e riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti della concorrenza e, soprattutto, dei clienti troppo spesso maltrattati. Lo Stato francese dovrebbe regolamentare la situazione dei conducenti UberPop e consentire loro di esercitare il proprio lavoro (visto che il lavoro comincia a mancare anche qui in Francia) nel rispetto delle regole.