Il 21 giugno 2017, anche a Parigi, si celebrerà la 36esima Festa della musica.
Il programma prevede concerti gratuiti in tutta la città: tutti i tipi di musica, dalla classica alla techno, passando per il rock e le musiche del mondo, si suoneranno in ogni angolo di strada.
Chiunque sappia strimpellare uno strumento è ufficialmente invitato a esibirsi.
La Festa della Musica che ha luogo in tutto il mondo il 21 giugno fu inizialmente immaginato nel 1976 dal musicista americano Joel Cohen che lavorava allora per Radio France.
Cohen proponeva nella sua emissione dei Saturnales de la Musique per il 21 giugno e il 21 dicembre con lo scopo di far esibire il maggior numero di gruppi musicali.
Dopo le elezioni del 1981 l’idea venne ripresa da Maurice Fleuret e realizzata da Jack Lang che ricopriva la carica di ministro della cultura francese.
La prima edizione ha avuto il 21 giugno 1982 e conobbe un grande successo.
La data del 21 giugno é stata scelta perché coincide spesso con il solstizio d’estate e vuole simboleggiare la sacralità della natura ricollegandosi alle feste pagane di stampo prettamente naturalista dell’antichità (fêtes de la Saint Jean).
Il fine ultimo della festa é quello di promuovere la musica in tutte le sue forme incoraggiando, al grido dello slogan “faites de la musique“, i musicisti principianti e professionisti a esibirsi nelle strade per condividere la loro passione e organizzando numerosi concerti gratuiti di ogni tipo (musica classica, rock, tradizionale, jazz, ecc. ecc.).
Oggi la festa della musica é diventata un fenomeno internazionale celebrato in 110 Paesi in tutto il mondo.
Se la dimensione europea resta quella più visibile, adesso che Berlino, Barcellona, Istanbul, Liverpool, Roma, Napoli, Praga e tanti altri paesi europei hanno firmato una “carta dei partecipanti della festa europea della Musica”, l’evento si é sviluppato anche a San Francisco, a New York, a Manila, in molti paesi africani, in Brazile e in Colombia.
Successo internazionale, fenomeno di società (un francobollo le é stato dedicato nel 1998), la festa é anche foriera di nuove tendenze musicali.
Senza mai essere strumentalizzata, questa festa incentiva la democratizzazione dell’accesso alle pratiche artistiche e culturali.
Ci risiamo. A poco più di un anno dalla manifestazione degli indignati italiani degenerata nella furia cieca dei Black Block, Roma è stata messa nuovamente a ferro e fuoco.
La capitale ha fatto da scenario a duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nell’ambito del primo sciopero transnazionale contro l’austerity e da stamattina le televisioni e i giornali fanno a gara per mostrare gli scatti che dimostrano la violenza dei partecipanti.
Come troppo spesso avviene nel nostro Paese, ci si trova a parlare di cortei e manifestazioni solamente in occasione di episodi di violenza.
La maggior parte delle volte le proteste pacifiche di studenti, NO TAV, noglobal, disoccupati, sindacati e lavoratori passano in secondo piano per lasciare posto a notizie più frivole che dipingono l’immagine di una nazione che, tutto sommato, non sta così male.
Gli obiettivi dei fotografi e dei cameraman delle principali testate italiane si accendono alla vista del sangue e si eccitano davanti a un poliziotto che prende a manganellate uno studente inerme.
Sarebbe opportuno che la stampa nazionale iniziasse a raccontare la vera realtà che l’Italia sta conoscendo in questo periodo di tragica crisi e che osservasse criticamente il clima che si respira attualmente nelle piazze di mezza Europa.
Stamattina, accendendo la televisione, ho osservato con sdegno una squallida mistificazione degli eventi e l’ennesimo tentativo di far passare per manifestazioni violente le proteste spontanee e pacifiche di tantissime persone scese in piazza per gridare la propria rabbia.
A parte qualche voce fuori dal coro, i principali esponenti politici italiani inneggiano alla necessità di stringere la cinghia e accettare i sacrifici necessari per uscire fuori dalla crisi e accontentare la BCE, la Merkel e la comunità europea.
La realtà racconta, invece, una popolazione europea stanca di una politica di austerità meschina che sta strozzando il lavoro e che sta tagliando le gambe a milioni di giovani senza nessuna colpa.
Dopo l’abdicazione di Berlusconi il 12 novembre 2011 e la nomina di Mario Monti a capo del governo tecnico, era grande la speranza degli italiani nei confronti di una nuova compagine politica che avrebbe dovuto aprire una pagina rosea nella storia italiana.
Purtroppo quella pagina positiva bisogna ancora scriverla e l’Italia è sprofondata in una gattopardesca situazione di stagnazione in cui “tutto cambia affinchè nulla cambi”.
Da quando Mario Monti è divenuto il capo del governo italiano, l’Italia ha senza dubbio riacquistato quel rispetto e quella reputazione internazionale che erano stati gravemente compromessi: sono scomparse le barzellette di Berlusconi, le feste boccaccesche a palazzo Grazioli e Sarkozy e la Merkel non ridono più di noi.
A eccezione di questa riconquista di una fragile patina di rispettabilità, la crisi italiana non è migliorata minimamente.
La situazione è forse peggiorata per gli italiani perchè il nuovo governo ha scelto di trovare i fondi per rispondere alle avide richieste dell’insaziabile BCE mettendo le mani nelle tasche più facilmente raggiungibili, quelle delle classi medio-basse della popolazione.
Il vocabolario quotidiano degli italiani ha iniziato a traboccare di termini finanziari e tributari: spread, tasse, imposte, IMU, differenziale, crisi economica.
Non sarebbe più giusto mettere in atto una patrimoniale e chiedere maggiori sacrifici a chi ha più soldi e i sacrifici li può affrontare?
Certo, mi rendo conto che questa si chiama utopia, comunismo, pazzia: chiedere a un gruppo di politici e tecnici appartenenti a una casta dorata di attaccare e tassare quello stesso mondo dal quale provengono e che li sostiene.
Una proposta paradossale che rasenta l’assurdità del chiedere a un parlamento popolato da politici indagati, sospettati, corrotti e condannati di votare un decreto legge anti-corruzione.
In buona sostanza il governo italiano e i governi europei chiedono a noi cittadini di pagare e sorridere, accettare con benevolenza i sacrifici richiesti e, in più, non essere troppo choosy (schizzinosi) altrimenti la Fornero si mette a piangere.
Se proviamo a ribellarci, alziamo la voce e gridiamo la nostra rabbia contro questa politica di austerità che sta spezzando le gambe a un’intera generazione, se scendiamo nelle piazze a sfilare e manifestare contro il fallimentare sistema europeo, se blocchiamo le città e rifiutiamo di accettare l’amara pillola che il governo vuole obbligarci a inghiottire, riceviamo in cambio violente manganellate dalla polizia di Stato.
Il leader del movimento cinque stelle, Beppe Grillo, ha preso posizione riguardo gli scontri di ieri e, rispolverando suggestioni Pasoliniane, ha provocatoriamente invitato i poliziotti a passare dalla parte dei manifestanti per cambiare questo sistema marcio.
Naturalmente le parole di Grillo sono state utilizzate demagogicamente contro la mente del partito politico in forte ascesa in Italia e le sue parole sono state travisate dai principali mass media.
In realtà Grillo, come Pasolini che parlò di “proletari in uniforme”, afferma una verità sacrosanta e sotto gli occhi di tutti: basterebbe che le forze dell’ordine riflettessero pochi istanti su chi ha ragione e chi ha torto anzichè picchiare ciecamente e indistintamente chi protesta.
Se le squadre di picchiatori specializzati inviate dalla polizia per sedare gli scontri di piazza considerassero le ragioni di chi sta manifestando, potrebbero prendere coscienza che gli stessi problemi e le stesse pene sociali li accomunano con i manifestanti.
Studenti, disoccupati, lavoratori, poliziotti, carabinieri hanno un nemico comune che si personifica nella parola austerity, una supposta amara che i nostri padroni vogliono farci ingiustamente assumere.
Tuttavia al posto di combattere fianco a fianco per i nostri diritti e la nostra dignità, ci troviamo uno contro l’altro in una assurda guerra tra poveri.
E già successo in occasione di numerose manifestazioni degli anni 60, è successo durante il G8 di Genova dove la palestra della scuola Diaz ha testimoniato un orribile massacro di manifestanti pacifici da parte della polizia italiana, succederà ancora… Homo homini lupus est (l’uomo è un lupo per gli altri uomini) diceva il filosofo inglese Thomas Hobbes ovvero l’uomo rappresenta il peggior nemico per i suoi simili.
Ricordo ancora in occasione di una recente manifestazione NO TAV, in Val di Susa, il caso di un ragazzo che aveva sfidato e insultato un poliziotto chiamandolo pecorella.
Quel ragazzo si chiama Marco Bruno e dopo aver riflettuto al suo gesto e alle parole pronunciate si è scusato pubblicamente con la polizia italiana.
So che è un desiderio utopico ma sarebbe davvero un sogno se anche la polizia si fermasse un istante a pensare alle proprie azioni e si schierasse con gli studenti, i disoccupati, i sindacati, i lavoratori e che unisse il proprio grido di rivolta a quello di chi vive nelle sue stesse fragili condizioni.
Queste le parole di Grillo:
“Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio? E’ quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza. Ti ho visto invece scortare al supermercato una senatrice o sfrecciare in moto affiancato ad auto blu nel traffico, a protezione di condannati in giacca e cravatta, di cosiddetti onorevoli, dei responsabili dello sfascio sociale che invece di occuparsi dello Stato si trastullano con la nuova legge elettorale per salvarsi il culo e passano le serate nei talk show. Di improbabili leader a cui non affideresti neppure la gestione di un condominio che partecipano a grotteschi confronti televisivi per le primarie. Loro “non tengono” vergogna, tu forse sì.
Lo spero. Soldato blu, tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia. Non con fumogeni ad altezza d’uomo. Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo. Paga per tutti, animale da macello che nessuno considera e la cui protesta, ultimo atto di disobbedienza civile, scatena una repressione esagerata. Soldato blu, ci hanno messi uno contro l’altro, non lo capisci? I nostri ragazzi non hanno più alcuna speranza, dovranno emigrare o fare i polli di allevamento in un call center. Tu che hai spesso la loro età e difendi la tua posizione sotto pagata dovresti saperlo. E’ una guerra, non ancora dichiarata, tra le giovani generazioni, una in divisa e una in maglietta, mentre i responsabili stanno a guardare sorseggiando il tè, carichi di mega pensioni, prebende, gettoni di presenza, benefit. Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l’indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. E’ un italiano, un’italiana come te, è tuo fratello. è tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario”.
Viste con gli occhi di un italiano all’estero, le immagini degli scontri avvenuti durante la manifestazione di sabato 15 ottobre a Roma facevano uno strano effetto: Roma trasformata in una città in piena guerra civile.
Migliaia di delinquenti mascherati e incappucciati hanno messo a ferro e fuoco la capitale spaccando e distruggendo tutto ciò che si sono trovati davanti.
Alla fine della giornata di scontri tra black block e forze dell’ordine, Piazza San Giovanni in Laterano era irriconoscibile: auto incendiate, panchine divelte, vetrine distrutte, pezzi di bottiglie, tracce di sangue sui marciapiedi e un’insopportabile atmosfera di desolazione che dominava l’intera città.
Ho osservato attentamente le immagini apocalittiche di quella giornata di follia che era cominciata con un corteo pacifico ed è terminata con arresti, feriti e devastazioni.
La violenza e l’orrore di quelle immagini che sono state diffuse dalle televisioni di tutto il mondo hanno inesorabilmente offuscato le ragioni della protesta e il vero motivo per cui tutta quella gente si era riunita per manifestare.
Le scene che immortalano gruppi di teppisti vestiti di nero mentre sfondano le vetrine delle banche hanno insabbiato e nascosto la stragrande maggioranza di manifestanti pacifici scesi in piazza per gridare il loro sdegno.
Quella che doveva essere la giornata degli indignati italiani, nell’ambito della manifestazione mondiale “Day of Rage“, è degenerata in una sanguinosa battaglia urbana sedata con idranti e lacrimogeni sulla folla.
Gli atti brutali e violenti dei circa 500 black block hanno gettato un’ombra sui migliaia di studenti, lavoratori precari, disoccupati, pensionati e semplici cittadini giunti a Roma per gridare la loro rabbia contro i privilegi della casta e la voglia di superare l’impasse governativa nella quale il nostro Paese sta sprofondando.
All’indomani degli scontri ognuno ha emesso il proprio giudizio sugli avvenimenti di sabato:
– La destra ha fatto di tutta l’erba un fascio tacciando tutti i manifestanti come una marmaglia di delinquenti rivoltosi che ha messo a repentaglio la democrazia italiana.
I partiti di governo hanno colto al volo quest’occasione per attaccare i centri sociali e gli anarchici promettendo nuove misure coercitive per evitare che ciò riaccada.
– La sinistra si è dichiarata indignata per gli scontri violenti che hanno tristemente caratterizzato la manifestazione.
I partiti d’opposizione hanno attaccato l’impotenza della polizia e il loro immobilismo dovuto anche alla mancanza di mezzi e di fondi da parte delle forze dell’ordine.
– La chiesa e i cattolici sono rimasti inorriditi nel vedere le immagini che immortalavano un manifestante mentre distruggeva una statua della Madonna.
Naturalmente i giornali, i tg e le trasmissioni d’approfondimento politico hanno scandagliato la situazione ponendosi decine d’interrogativi.
Perchè la polizia non è intervenuta per sedare la maggior parte degli atti vandalici dei black block? Perchè non era stato previsto un servizio d’ordine adeguato? Chi sono realmente i black block? Perchè solamente in Italia il corteo degli indignati è sfociato nella violenza mentre in tutto il resto del mondo le manifestazioni si sono svolte senza alcun problema?
La risposta a quest’ultima domanda è estremamente semplice.
L’Italia vive attulamente una fase storica e politica eccezionale che non ha corrispondenti in nessun altro paese del mondo.
Cosa si pretende che accada in un paese in cui Sallusti può dichiarare tranquillamente in televisione che hanno fatto bene a sparare a Carlo Giuliani?
Cosa mai può succedere in uno Stato in cui i privilegi, le speculazioni, la corruzione e il malgoverno della classe dirigente ha messo in ginocchio un intero Paese?
Cosa ci si aspetta che avvenga in un Paese impelagato da quasi vent’anni nel conflitto d’interesse di una sola persona che crea leggi specifiche per proteggersi e non farsi giudicare dalla legge italiana?
La risposta a queste domande retoriche sono stati gli scontri cruenti durante la manifestazione di sabato.
Dietro le maschere e sotto i caschi dei black block, si nascondo certamente loschi personaggi che spaziano dalle frange fasciste agli ultràs del calcio strumentalizzati da entità che agiscono nell’ombra.
Bisogna riflettere maggiormente sulla violenza che ha invaso le strade di Roma sabato scorso.
E’ stato dato per scontato che il gruppo dei neri che sfasciavano tutto era composto da fascisti, militanti dei centri sociali e anarchici.
In realtà, a mio avviso, tra quei gruppi violenti potevano anche esserci semplici cittadini disperati ed esasperati per la situazione attuale dell’Italia.
E sa la gente si fosse veramente incazzata al punto da non accettare più ciò che fino adesso ha tollerato?
E se la misura fosse colma per il popolo italiano?
Mi piace pensare che i cittadini italiani che credono ancora in questo Paese fossero solamente tra le fila dei manifestanti pacifici e che i black block fossero gli stessi del G8 di Genova e delle manifestazioni contro la TAV in Val di Susa ovvero una massa violenta, priva d’ideali e di ogni caratura sociale, manovrata dall’odio politico.
Mi piace anche ricordare le parole utilizzate da Mario Monicelli, genio del cinema italiano, in una delle sue ultime interviste: Gli intellettuali sono stati vent’anni sotto un pagliaccio che si affacciava dal balcone.
Gli italiani di allora sono come quelli di adesso: gli italiani vogliono qualcuno che pensi per loro.
Ci vuole qualcosa che riscatti questo popolo che sono trecento anni che è schiavo di tutto. Il riscatto è doloroso, esige sacrifici.
L’Italia avrebbe bisogno di quella rivoluzione che tutti i più grandi paesi civili e democratici del mondo, durante la loro storia, hanno avuto.
Ogni giardino di Parigi nasconde molteplici segreti e incarna secoli di storia. Passeggiando tra i giardini parigini vi potrà capitare d’imbattervi in statue insolite e particolari che costellano la capitale e rendono i suoi spazi verdi unici.
Per un italiano a Parigi, turista o residente, scovare una riproduzione della Lupa che allattò Romolo e Remo rappresenta un momento emozionantissimo.
Ricordo che la visione di quella statua mimetizzata nello Square Paul Painlevé, nel cuore del quartiere latino, mi fece emozionare particolarmente.
Lontano dall’Italia e circondato da emblemi e simboli francesi, quella Lupa ha materializzato davanti i miei occhi la nostalgia per il mio Paese.
La Lupa romana situata nel giardino parigino, poco lontano dal Pantheon e da Saint Michel, rappresenta la leggendaria nascita della capitale italiana e fu offerta dalla stessa Roma nel 1962 in virtù del gemellaggio che lega le due città.