Un piranha a Parigi

Un piranha a Parigi

Per la serie “strano ma vero”, un piranha di una ventina di centimetri è stato pescato il 1 agosto nelle acque del canale Saint Martin.
Il pesce tropicale è stato trovato da William Fichard, un giovane pescatore che non ha creduto ai suoi occhi quando si è trovato di fronte il pesce dai denti aguzzi e affilati.
Fichard ha dichiarato che il pesce si trovava in cattive condizioni quando è stato pescato: il piranha è un pesce tipico dell’Amazzonia ed è abituato a nuotare in acque calde e limpide.
Il canale Saint Martin rappresenta una bella distesa d’acqua nel cuore della capitale francese ma non presenta i requisiti ideali per garantire l’esistenza ai pesci tropicali.
Questo pesce esotico, reso famoso da numerosi film, è dotato di una bocca simile a una tagliola e presenta lo stesso sistema sensorio degli squali che gli permette di percepire quantità anche minime di sangue nell’acqua.
Il piranha pescato all’inizio del mese non rappresenta, purtroppo, un caso isolato di abbandono di animali tropicali; lo scorso 12 luglio un pitone lungo 3 metri, in stato di decomposizione avanzata, è stato ritrovato nelle acque della Senna.

Da Chiang Mai a Chiang Rai

Gli hot springs di Chiang Rai

Domenica 3 Luglio. Siamo sempre a Chiang Mai e oggi ci aspetta un’escursione lunga ma ricca di emozioni.
Le attrazioni di maggiore interesse di questa gita sono il Wat Rong Khun ovvero un fantastico tempio bianco situato nella città di Chiang Rai, il triangolo d’oro che rappresenta quella zona di confine in cui Laos, Myanmar e Thailandia si accarezzano e, infine, la tribù Karen meglio conosciuta come tribù delle donne giraffa.
Il minibus viene a prenderci prestissimo in hotel, abbiamo molta strada da percorrere e bisogna recuperare tempo.
Impastati di sonno ma emozionati per l’avventura che ci aspetta, prendiamo posto nella vettura e salutiamo i nostri compagni di viaggio.

Il magnifico Wat Rong Khun

Simpatizziamo con una coppia di giovani indiani e nel corso della conversazione scopriamo che anche loro sono in viaggio di nozze e si sono sposati il 18 giugno come noi!
Il mondo è piccolo, o meglio Le monde est petit come recita la famosa canzoncina di Eurodisney, e può capitare di trovarsi catapultati in Thailandia, in compagnia di due perfetti sconosciuti indiani che si sono sposati nella nostra stessa data.
La prima tappa di questa lunga traversata nel nord della Thailandia ci conduce nei cosidetti Hot Springs ovvero geyser d’acqua calda.
L’acqua è bollente e gli abitanti del luogo utilizzano questi bacini d’acqua calda per bollire le uova.
Rimontiamo a bordo del minibus per renderci al Wat Rong Khun, il meraviglioso tempio bianco che aspetto di vedere dall’inizio del nostro viaggio in Thailandia.
Avevo già visto tantissime foto del tempio su Internet ma dal vivo è ancora più bello e soddisfa pienamente le mie aspettative.

IL Wat Rong Khun

Dopo aver scattato decine di foto per immortalare i dettagli del tempio, ci decidiamo a visitarlo e seguiamo il senso di marcia.
La particolarità della visita del Wat Rong Khun è che non si può tornare indietro: una volta intrapreso il cammino bisogna andare fino in fondo e raggiungere l’uscita.
Non essendo a conoscenza di questa regola, provo a tornare indietro per scattare qualche altra foto e il custode del tempio mi sgrida, utilizzando un megafono, dicendomi “Keep going on! Dont’ come back to hell!” ovvero “Continua a camminare! Non tornare all’inferno”.
La parte iniziale del tempio rappresenta l’inferno come si può facilmente dedurre dalle mani che fuoriescono dal suolo e che implorano aiuto.

L’inferno del tempio bianco

L’immagine di queste braccia bianche tese è molto inquietante e richiama scene da inferno dantesco.
Obbediamo ai rimproveri del custode e ci allontaniamo dall’inferno per andare verso il paradiso rappresentato dal tempio bianco.
Il colore bianco rappresenta la purezza del buddismo e le decorazioni in vetro simboleggiano la riflessione dell’illuminazione.
Situato a circa 13 kilometri da Chiang Rai, il Wat Rong Khun è stato realizzato da Chalermchai Kositpipat, un megalomane artista thailandese, che ha voluto realizzare un omaggio al re Rama IX e alla sua città natale.
L’incredibile candore di questo tempio trasmette una grande sensazione di pace e tranquillità ai suoi visitatori.
La lunga costruzione di questa splendida opera architettonica è stata finanziata grazie ai fondi ottenuti dalla vendita dei quadri di Kositpipat, esposti nella galleria attigua al tempio.

Wat Rong Khun: il tempio bianco

L’eccessiva mescolanza di stili e di simboli buddisti e moderni può risultare kitsch a prima vista ma nell’insieme l’effetto è molto suggestivo.
L’artista thailandese si è divertito a disseminare simboli della cultura pop nell’area del tempio con strani riferimenti a Batman, Matrix, Alien e  Spiderman che lasciano i turisti senza parole.
Estasiati dalla bellezza del tempio bianco, che sembra levigato dalla maestria di Gaudì e plasmato dalla fervida immaginazione di Dalì, ci ristoriamo con bastoncini di frutta fresca.
Prima di salire sul minibus e riprendere il viaggio facciamo una pausa nelle toilette del Wat Rong Khun e scopriamo che i bagni si trovano in un simpatico tempietto di colore oro.

Il bagno del Wat Rong Khun

Ripartiamo alla volta del Golden triangle, il famoso tratto del fiume Mekong che tocca contemporaneamente Thailandia, Laos e Myanmar (Birmania).
La breve crociera sul Mekong è piacevole e la guida ci descrive i paesaggi mozzafiato che vediamo dalla nostra posizione privilegiata.
Il Mekong, il fiume più importante del sud-est asiatico, parte dal Tibet e si getta nel mare della Cina al sud del Vietnam.
Nel cosiddetto triangolo d’oro il fiume forma una Y: la Thailandia occupa la riva sinistra, il Laos la riva destra e il Myanmar la parte alta.

Il triangolo d’oro

Questa zona del Chiang Saen era anticamente un crocevia importante per le coltivazioni e il traffico d’oppio utilizzato per la fabbricazione di eroina, morfina, anfetamine e altri prodotti oppiacei.
Il nome triangolo d’oro deriva proprio dal traffico di droga che veniva pagata in oro.
Oggi ogni attività legata all’oppio e ai suoi derivati è severamente vietata e i controlli frontalieri sono stati rafforzati.
Il tratto del Mekong che visitiamo rappresenta una zona neutra fra i tre paesi, una no man’s land dove i turisti vengono a scattare qualche foto o tentare la fortuna nei casinò sparsi lungo le sponde del fiume.

Una selezione di whisky tipici

Sotto lo sguardo assorto di un enorme buddha dorato che sovrasta il fiume, un gruppo di pescatori tira le reti con qualche pesce e vari battelli di turisti passeggiano tra le acque torbide del Mekong.
Dopo circa una ventina di minuti, il nostro battello approda sulle coste del Laos dove un gruppo di bambini trasandati ci accoglie chiedendoci qualche bath.
Abbiamo cambiato Paese senza bisogno di visto o di mostrare i documenti.
Lasciamo un pacco di caramelle ai bambini e visitiamo il mercato situato in questa zona di frontiera.
Le sponde del Laos sono conosciute per essere il regno della contraffazione, tutte le più famose marche occidentali sono perfettamente riprodotte e le copie sono realizzate in maniera perfetta dai portafogli Dolce & Gabbana alle borse Louis Vuitton.

Whisky al serpente

Alcuni dei nostri compagni di viaggio approfittano della presenza di un ufficio postale per inviare una cartolina a casa con tanto di francobollo del Laos.
Naturalmente tra le bancarelle del mercato non poteva mancare lo stand dei souvenir.
La nostra attenzione è attirata dalla presenza di alcuni liquori molto particolari: whisky tipici aromatizzati con serpenti, scorpioni, lucertoloni e altri strani animali.
La guida invita il nostro gruppo a degustare questi alcool tipici ma nessuno di noi sembra essere motivato a ingurgitare quei liquidi stagnanti che ospitano cadaveri di animali.
Un boccione di whisky sembra attirare maggiormente l’attenzione dei presenti e, incuriositi, chiediamo alla guida quale animale si trova depositato nel fondo del liquore.
La guida ci guarda ammiccando e, contenta di poter soddisfare la nostra curiosità, ci informa che si tratta del famoso whisky al “pene di tigre”.
Ci invita più volte ad assaggiare il tipico liquore decantandone le sue virtù afrodisiache ma noi rifiutiamo cortesemente. Sarà per un’altra volta.

La tribu Karen Longneck

Riprendiamo il battello e torniamo sulle rive della Thailandia che abbiamo abbandonato solo per qualche ora.
Qui ci aspetta un lauto pranzo a base di specialità locali che ci permette di ritrovare le forze per la prossima tappa: la tribù delle donne giraffa o Karen longneck.
Avevo già visto alcuni documentari su queste donne e sulla strana usanza di indossare pesanti anelli intorno al collo.
Resto molto sorpreso nel vedere questa tribù e nell’osservare da vicino la loro strana tradizione.
La tribù delle Karen longneck è originaria della Birmania e si è stabilita in Thailandia circa 40 anni fa per sfuggire alle persecuzioni del regime birmano.
Il governo thailandese ha accettato di accoglierle nel proprio territorio sfruttando abilmente la loro presenza per fini turistici.

Una donna giraffa al lavoro

Le donne della tribù Karen sono molto umili e ci accolgono nel loro villaggio sorridendo e invitandoci ad acquistare i loro prodotti artigianali (bracciali, sciarpe, borse e altro ancora).
All’età di 5 anni le bambine indossano il primo anello di metallo intorno al collo e, dopo qualche anno, ricevono un secondo anello.
Nel corso della loro vita le donne di quest’atipica tribù aggiungono vari anelli che nella loro cultura sono simbolo di bellezza.
Sebbene queste donne concepiscano l’utilizzo degli anelli come un attributo di bellezza, restiamo impressionati e proviamo pena soprattutto per le bambine obbligate a portare questi pesanti anelli di bronzo.
Le donne giraffa possono arrivare a portare fino a 25 anelli e devono indossarli continuamente.

Una donna giraffa

Una donna Karen può togliere gli anelli dal collo solamente in tre occasioni: per cambiarli, prima e dopo la gravidanza o per punizione.
Soddisfatti di questa lunga escursione nel nord della Thailandia, riprendiamo il minibus che ci riporterà a Chiang Mai.
Abbiamo trascorso una giornata indimenticabile e abbiamo appreso nuove sfumature della cultura thailandese.
Condividere il viaggio con gente di altre nazionalità ha aggiunto un tocco esotico a questa bella giornata.

La Fontaine e la volpe

La Fontaine e la volpe

Questa statua di bronzo, situata all’intersezione dell’Avenue Ingres e dello square du Ranelagh, risale al 1983.
La statua rappresenta una volpe che rende visita a La Fontaine e ha rimpiazzato un complesso statuario che rappresentava il grande favoliere francese attorniato da numerosi personaggi delle sue fiabe tra i quali un corvo con un pezzo di formaggio in bocca, un gatto, una scimmia, un leone, un serpente, due piccioni e una volpe che oggi è rimasta da sola.

Square du Ranelagh
75016 Paris
Metro: Ranelagh (Ligne 9)

La danza della fontana emergente

La danza della fontana emergente

Si tratta di un’opera dell’artista franco-cinese Chen Zhen situata nel XIII arrondissement di Parigi in corrispondenza di una fabbrica sotterranea di produzione idrica.
Questa sinuosa fontana assume la forma stilizzata di un dragone il cui corpo sembra entrare ed uscire dal suolo della piazza Augusta-Holmes.
Il corpo del dragone è trasparente e l’acqua, spinta da una forte pressione, circola lungo tutta la lunghezza del serpentone.
L’insolita opera artistica, inaugurata nel 2008, si divide in tre parti distinte che evocano il corpo di un dragone che emerge a intervalli regolari dalla terra.
La prima parte della fontana è opaca ed emerge dal muro della fabbrica sotterranea: il corpo del dragone è stilizzato in basso-rilievo sul muro del palazzo e sembra uscire dalla parete e andarsi a conficcare nel suolo.
La seconda e la terza parte hanno la forma di tubi trasparenti, muniti di squame che riproducono la cresta del drago, e rappresentano il corpo che fuoriesce dal suolo per ripenetrarvi subito dopo. In queste due ultime parti dell’opera è possibile vedere il passaggio dell’acqua attraverso i tubi trasparenti.
L’assenza di testa lascia immaginare che il drago possa spuntare da un momento all’altro e sorprendere i passanti.
Orientata secondo un asse nord-ovest/sud-est, tra Senna (Yin) e Sole (Yang), la fontanta sposa simbolicamente la poesia dell’acqua con la magia della luce.
Quando scende la notte, la fontana, fatta di acciaio e vetro, assume un fascino particolare che le viene conferito dall’illuminazione e dalle sfumature di blu che ne esalta ulteriormente la bellezza.

Place Augusta Holmes
75013 Paris