Le trappole di Pigalle

Le trappole di Pigalle

Le trappole di Pigalle

Il quartiere di Pigalle possiede una duplice anima: quella spensierata e colorata che accompagna i turisti venuti dai quattro angoli del mondo per recarsi nella vicina Montmartre e quella maledetta e viziosa che si nasconde dietro le vetrine dei tantissimi sexy shop e peep show che costellano il boulevard de Clichy, il boulevard de Rochechouart e le zone adiacenti.
Locali dai nomi ambigui, come il famoso Sexodrome, invitano i passanti alla trasgressione e alle lussuriose tentazioni che la luccicante capitale francese ha concentrato in questa zona della città.
Pigalle sta a Parigi come il Red light district sta ad Amsterdam, un quartiere frequentato da personaggi ambigui che nasconde un volto malizioso ai passanti frettolosi.
Poco lontano da place Pigalle svetta il famoso Moulin Rouge, oggi diventato un cabaret di fama mondiale, dove un tempo il pittore Toulouse Lautrec si recava per trarre ispirazione guardando gli eleganti balli che qui si tenevano.
Lontano dalla poesia e dall’arte di Lautrec, oggi a Pigalle domina un’atmosfera ben differente caratterizzata dalla presenza di club libertini e locali notturni dove tutti gli eccessi sembrano permessi.
La reputazione licenziosa del quartiere portò, durante la seconda guerra mondiale, al soprannome Pig Alley (vicolo dei maiali, in inglese), da parte dei soldati alleati che vi si recavano in cerca di divertimento.
Un’altra particolarità della zona è la presenza di molti butta-dentro che aspettano avidamente il passaggio dei turisti per convincerli a comprare il biglietto per lo spettacolo erotico proposto dal loro locale.
Appollaiati viscidamente sul marciapiede, questi loschi personaggi avvinghiano i passanti e con motivazioni stravaganti li invitano a entrare per assistere a spogliarelli e altri show di questo tipo.
Se il passante rifiuta adducendo come motivo il prezzo del biglietto, l’abile venditore di fantasie erotiche abbassa drasticamente la cifra della sua offerta costringendo l’ingenuo acquirente ad accettare.

Se siete passati almeno una volta da Pigalle sarete sicuramente stati abordati da questi “pubblicitari” che con raffinatissime strategie di marketing tentano di vendervi il loro “prodotto”.
Personalmente mi sono sempre divincolato dal pressing asfissiante dei butta-dentro di Pigalle e ho sempre declinato le loro proposte: in primo luogo perchè non trovo di nessun interesse frequentare tali luoghi e soprattutto perchè girano storie poco rassicuranti riguardo questi locali.
Se accettate l’invito di questi poliglotti commerciali da marciapiede, nel migliore dei casi assisterete a uno squallido spettacolo di una ragazzina che si spoglia davanti ai vostri occhi incollati a una vetrina ma nel peggiore dei casi lo spettacolo vi costerà caro!
Gira voce che (e me lo hanno confermato alcuni amici che ci sono incappati), mimetizzati tra i sexy shop e gli spettacoli vietati ai minori di Pigalle, esistano molte trappole per turisti dove i malcapitati vengono letteralmente derubati.
Il modus operandi dei malfattori è semplice.
Dopo che un butta-dentro vi ha convinto a entrare nel locale per un prezzo modico, vi trovate immediatamente immersi nella penombra, circondati da un paio di belle ragazze che vi fanno le fusa chiedendovi da bere.
Voi, naturalmente offrite un drink alle ragazze.
Mentre due donne dai corpi statuari danzano lascivamente e si strusciano sul vostro corpo, voi assaporate tranquillamente un momento di piacere.
In realtà offrendo da bere a quelle ragazze seminude avete firmato l’inizio della vostra fine.
Accecati da fantasie erotiche e dalle sinuose forme delle pseudo-ballerine, vi rendete conto che i prezzi non sono esposti in nessun posto e che non vi siete informati sul costo delle consumazioni che avete offerto alle ragazze.
Colti da un’improvvisa angoscia vi recate immediatamente alla cassa per chiedere il conto e, dopo aver dato un’occhiata veloce al foglietto, il vostro dramma si consuma spietatamente.
Il gestore dello squallido locale vi ha fatturato 800€ per un paio di cocktail e una bottiglia di champagne che non avete neppure ordinato.
Spiegate all’imbroglione che si trova dietro al bancone che non possedete quella cifra e che la vostra carta di credito non vi consente di pagare simili somme.
A questo punto il farabutto chiama un suo collaboratore, un omaccione palestrato e poco rassicurante, che si presta di accompagnarvi alla banca più vicina per ritirare la somma necessaria a pagare il conto.
Se sarete in grado di negoziare con le canaglie che vi hanno teso questa trappola, ve ne uscirete con qualche centinaio di euro.
Se, invece, vi lascerete prendere dall’angoscia e dalla paura, pagherete l’intero importo e pagherete a caro prezzo un triste momento di solitudine.

Un altro trabocchetto che potreste incontrare a Pigalle, e nel resto della città, sono i falsi saloni di massaggio.
Inizialmente i cinesi che si stabilivano a Parigi aprivano un ristorante o un negozio di abbigliamento per guadagnarsi da vivere.
Adesso, forse per via della crisi in corso, gli immigrati dagli occhi a mandorla puntano sul filone dei saloni dei massaggi.
Tra le vie della ville lumière se ne vedono sempre di più:  ne ho individuati parecchi nella zona in cui abito (XI arrondissement) e molti di più nella zona in cui lavoro (IX arrondissement).
L’inganno consiste nell’attirarvi dentro il salone attraverso un’insegna mendace che pubblicizza massaggi cinesi, thailandesi, a quattro mani, rilassanti, californiani e chi più ne ha più ne metta.
Quando siete distesi sul lettino del salone, l’avvenente e sfrontata massaggiatrice vi presenta un servizio un pò più particolare di quello che vi aspettavate proponendovi un happy ending o come dicono qui in Francia una finition (ovvero un massaggio particolarmente intimo).
Se accetterete le avances della professionista del massaggio venuta dal Sol levante dovrete pagare profumatamente il servizio e, inoltre, potrete incappare in una delle tante incursioni della polizia.
Godetevi gli eccessi di Pigalle, se volete, ma tenete sempre gli occhi bene aperti.

Il Ponte sul fiume Kwai

Il Ponte sul fiume Kwai

Tramite l’agenzia Solimai Bangkok, dove lavora la ragazza di Lakis, prenotiamo due escursioni nei dintorni di Bangkok.
La prima escursione ha come destinazione Kanchanaburi, una piccola cittadina situata a 130 Km dalla capitale thailandese.
Il minibus viene a prenderci puntuale alle 7:00 in hotel e, insieme ad altri compagni di viaggio, ci rechiamo in questa città resa celebre dal ponte che attraversa il fiume Kwai.
Il paesaggio che fa da contesto a Kanchanaburi è molto gradevole: vegetazione lussureggiante, flora tropicale, montagne, vallate e una generale atmosfera di tranquillità.
Particolarmente suggestivo è il punto in cui i fiumi Kwai Yai e Kwai Noi si uniscono per formare il fiume Mae Klong; qui la bellezza spettacolare del paesaggio si dispiega in tutto il suo splendore con cascate, grotte, fiumiciattoli e parchi nazionali.

L’attrazione principale di Kanchanaburi è senza dubbio il ponte sul fiume Kwai, un grande ponte di ferro nero (proveniente dall’isola di Java) che ha ispirato il famoso romanzo di Pierre Boulle e un film realizzato da David Lean.
Il ponte venne costruito dai prigionieri di guerra, dal 1942 al 1945, nell’ambito dei lavori di costruzione della ferrovia tra la Thailandia e la Birmania, tristemente ribattezzata ferrovia della morte (Death rail).
Il Giappone, impegnato a combattere gli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, decise di costruire una ferrovia per consolidare la sua posizione nel sud-est asiatico e per sostenere l’esercito nipponico in Birmania.
Il ponte e la ferrovia furono costruiti intermente dai prigionieri: più di 16000 lavoratori europei e 90000 asiatici persero la vita durante la costruzione.
Due cantieri edili si svilupparono in contemporanea dalla Thailandia e dalla Birmania  procedendo verso il centro del fiume. Le condizioni di lavoro disumane e il propagarsi di malattie decimarono rapidamente la manodopera utilizzata.
Ricostruito alla fine della guerra, il ponte è utilizzato ancora oggi da un tratto ferroviario che comprende alcuni viadotti sospesi sul fiume.

JEATH war museum

A pochi metri dal ponte sul fiume Kwai si trova il JEATH war museum, il museo della guerra che ripercorre le fasi di quella drammatica parentesi storica in cui persero la vita tantissime persone.
L’acronimo JEATH (Japanese, English, Australian, American, Thai, Holland) deriva dalle nazionalità dei prigionieri che morirono durante la costruzione del ponte.
Visitiamo rispettosamente le stanze di questo museo che racconta attraverso immagini, documenti e fotografie le condizioni di vita e di lavoro dei prigionieri.
Prima di andare via da questo luogo di memoria, visitiamo anche un cimitero che accoglie le spoglie di tantissimi alleati morti in quel periodo.

Risaliamo sul minibus e riprendiamo il cammino in direzione del Bamboo camp dove ci aspettano una passeggiata a dorso d’elefante e il bamboo rafting, un’avventurosa traversata di un fiume a bordo di una zattera di bamboo.
Giunti a destinazione, ci rifocilliamo consumando un pranzo ristoratore su una piattaforma galleggiante.
Il pranzo è l’occasione per simpatizzare con i nostri compagni di viaggio: una coppia d’indiani in luna di miele, un backpacker israeliano alla scoperta della Thailandia, una coppia di australiani che sono appena stati in Cambogia, dove hanno incontrato il bimbo che hanno adottato a distanza.
Dopo aver gustato le piccanti pietanze thailandesi e conosciuto meglio i nostri compagni d’escursione, saliamo su una zattera di bamboo e percorriamo il fiume.

Il Bamboo rafting

Due simpatici thailandesi guidano la zattera attraverso lunghi remi di legno e ci indicano i meravigliosi paesaggi da fotografare.
Questa piacevole e rilassante passeggiata in zattera si conclude nei pressi del campo degli elefanti dove, per la prima volta, saliremo sopra un pachiderma.
Mentre aspettiamo il nostro turno, ci dissetiamo e assaggiamo la frutta esotica messa a disposizione dal personale del campo.
Inganniamo l’attesa giocando con alcune dispettose scimmiette che attirano l’attenzione dei turisti con le loro acrobazie.
Montiamo in sella a un possente elefante guidato da un giovane ragazzo thai comodamente seduto sulla testa dell’animale.
Uno splendido paesaggio incontaminato accompagna la nostra passeggiata e dimentichiamo il caos di Bangkok e lo stress di Parigi.

La cascata Sai Yok Noi

La tappa successiva dell’escursione è la cascata Sai Yok Noi.
La cascata, meno imponente rispetto alla sua gemella Sai Yok Yai, ci conquista con il suo fascino e per la vegetazione selvaggia che la circonda.
Allegri bambini sguazzano nelle acque della cascata, mentre intere famiglie di thailandesi si riposano sui prati circostanti consumando i piatti preparati a casa.
La nostra guida ci invita a raggiungere il bus per recarci al Tempio delle tigri, l’ultima tappa di oggi, ma prima riprendiamo energie acquistando un pò di frutta fresca: frutto del dragone, meloncini, ananas e mango.

Il Tempio delle tigri

Il nostro minibus viene inghiottito dalla bocca spalancata di un’enorme tigre (per fortuna di cartapesta): è l’ingresso del Tempio delle tigri, una sorta di santuario per animali dove, oltre alle tigri, si trovano molti animali selvatici come cinghiali, cervi, antilopi e bufali.
In questo tempio buddista nell’ovest della Thailandia, i monaci vivono in simbiosi con le tigri che educano fin dalla nascita al contatto con l’uomo.
Nel 1999 i monaci trovarono un cucciolo di tigre ferito e decisero di allevarlo. Successivamente gli abitanti del villaggio e la polizia portano al tempio altri cuccioli di tigre rimasti orfani dopo che la madre era stata uccisa dai bracconieri.

Il tempio delle tigri

Il tempio Wat Pa Luangta Bua Yannasampanno viene ribattezzato Tempio delle Tigri.
Il Tempio rappresenta l’occasione unica per i turisti di accarezzare le tigri e farsi fotografare insieme a questi enormi felini.
Dopo aver toccato alcuni cuccioli di tigre e scattato un paio di foto ci dirigiamo verso il canyon delle tigri, l’attrazione principale del tempio.
Qui è possibile avvicinarsi alle tigri adulte e farsi fotografare.
Ogni visitatore è accompagnato da due persone che lo guidano lungo il percorso: una lo tiene per mano e lo guida da una tigre all’altra, la seconda persona scatta le foto utilizzando la macchina fotografica del visitatore.
Dopo aver collezionato tutta una serie di esperienze uniche, torniamo a Bangkok per riposarci e prepararci a una nuova giornata d’esplorazione.

Il mercato galleggiante di Bangkok

Un colorato taxi meter di Bangkok

Sabato 25 giugno è il nostro terzo giorno a Bangkok. Siamo sempre in compagnia di Lakis, la frizzante guida italiana che ci ha già svelato i segreti degli splendidi templi della capitale thailandese.
Il programma di oggi prevede la visita del mercato galleggiante, del famoso mercato di Chatuchak e dell’animato quartiere di Chinatown.
Decidiamo di evitare il mercato galleggiante di Damnoen Saduak da un lato perchè troppo lontano dalla città (1 ora e mezza di strada) e dall’altro perchè eccessivamente preso di mira dai turisti.
Seguendo i consigli di Lakis, visitiamo un altro tipico mercato sul fiume: il Taling Chan Floating Market.
Raggiungiamo il mercato a bordo di un colorato taxi-meter che compie un tragitto abbastanza lungo, nonostante Lakis avesse consigliato un cammino più corto. Prima di scendere dal taxi, Lakis (che parla un ottimo thailandese) sottolinea al conducente il suo errore e riesce a negoziare un prezzo più basso rispetto a quello indicato dal tassametro.

Il mercato galleggiante di Taling Chan

Fuori dai percorsi battuti dai turisti, il mercato galleggiante di Taling Chan offre ai suoi visitatori un autentico spaccato di vita thailandese.
Tradizione e convivialità s’incontrano durante questo appuntamento domenicale sui canali del quartiere Bangkok Noi situato nella periferia ovest della capitale.
In un’atmosfera calma e serena, i venditori fanno scivolare le tipiche imbarcazioni lungo le banchine dei klongs dove molti thailandesi e una manciata di turisti aspettano pazientemente per fare acquisti: prodotti artigianali, spezie, frutta, verdura, dolci, riso e piatti caldi.
I prezzi di questo simpatico mercato non sono quelli turistici del Damnoen Saduak ma le tariffe locali sono applicate per tutti.
I prodotti acquistati sull’acqua possono essere consumati sul posto, mangiando a un tavolo dei tanti ristoranti galleggianti.
Ogni locale propone il suo menù e lo spazio a bordo è sfruttato disponendo padelle e altri materiali da cucina in maniera intelligente.
Potenti bombole a gas alimentano le cucine e gli ingredienti per preparare squisiti manicaretti sono già tagliati e disposti in piccoli contenitori: noodles, pollo, maiale, mango, aglio, papaia, cipolle, carote, citronella, zenzero e naturalmente peperoncino a volontà.
Musica thailandese e danze classiche completano magicamente questo suggestivo quadretto di vita quotidiana: un festival di colori e odori sublimato dalla gentilezza e dal sorriso dei thai.
Donne dall’età indefinibile scambiano i loro prodotti dalle piroghe, mentre enormi pesci-gatto divorano voracemente le molliche di pane lanciate dai bambini sulla riva.

Il mercato di Chatuchak

Ci lasciamo alle spalle il simpatico mercato galleggiante di Taling Chan e ci rituffiamo nella giungla metropolitana di Bangkok dove prendiamo la linea Sukhumvit dello skytrain per renderci al mercato di Chatuchak, il più grande mercato a cielo aperto di tutta la Thailandia.
Scendiamo alla stazione Mo Chit e il colorato mercato ci avvolge immediatamente con la sua atmosfera animata.
Quest’enorme agglomerato commerciale prende forma tutti i fine settimana, su una superficie di 15 ettari, offrendo una quantità e una diversità indescrivibile di prodotti: vestiti, animali, prodotti alimentari, profumi, scarpe, accessori, souvenirs, ceramiche, tessuti, frutta, piante, strumenti musicali, libri, ombrelli, incensi, sculture e tantissimo altro ancora.
Il mercato è immenso e comprende una parte coperta ed una scoperta; un’ottima soluzione per evitare di perdersi è quella di utilizzare la mappa fornita all’ingresso.
Più di 250 000 visitatori si rendono ogni week end in questo gigantesco mercato delle pulci che comprende 27 differenti aree e 15000 bancarelle.
Le stradine del mercato sono numerate per facilitarne l’identificazione e ogni sezione di questo microcosmo dello shopping ha un colore diverso.
Avrete modo di mettere alla prova la vostra capacità di negoziare convincendo i venditori a scendere vertiginosamente i prezzi.
Il mercato di Chatuchak tutto sommato assomiglia alle nostre fiere campionarie con alcune essenziali differenze: è infinitamente più grande, è possibile negoziare i prezzi, si puo passeggiare tra le bancarelle mangiando scorpioni e insetti fritti, si possono acquistare prodotti farmaceutici che normalmente richiedono una ricetta medica.

Il rilassante Lumpini Park

Dopo aver consumato un ottimo pranzo a base di pesce a Silom Road, sfuggiamo dal caos infernale di Bangkok rifugiandoci al Lumpini Park: un’oasi di verde e di pace nascosta tra i grattacieli e il traffico della città.
Il Lumpini Park, il più grande parco di Bangkok, ospita un centro di ginnastica, uno stadio di boxe thai e un lago artificiale popolato da enormi varani.
Tra le tante bancarelle disseminate lungo i viali del parco alcune vendono una bevanda a base di bile e sangue di serpente che avrebbe delle virtù energizzanti ma per questa volta evitiamo di assaggiarla.
La tranquillità del Lumpini Park ci permette di ritrovare energia ed entusiasmo e decidiamo di incamminarci in direzione della nostra ultima tappa: Chinatown.

La Chinatown di Bangkok

Come ogni grande città che si rispetti, Bangkok possiede il suo quartiere cinese fatto di pagode, negozi di tessuti, lanterne rosse e da un mercato in cui si trova di tutto.
Situata al sud del quartiere Dusit, la Chinatown di Bangkok, localmente conosciuta come quartiere Yaowarat, è una delle attrazioni maggiormente visitate dai turisti.
Questa vetrina della cultura cinese occupa la Chareon Krung Road o New Road, la Yaowarat road e le numerosissime stradine che costellano la zona.
Penetrando in questo quartiere abbiamo l’impressione di aver abbandonato la Thailandia e di essere stati catapultati in Cina.
Soddisfatti della nostra intensa giornata, torniamo in hotel dove recuperiamo le energie perdute con un salutare bagno in piscina.
Terminiamo questo giorno alla scoperta di Bangkok con una cena al ristorante Kinnaree situato nel soi 8 della Sukhumvit road.
Nascosto in un romantico giardino, il Kinnaree ci delizia con le sue saporite pietanze e un’atmosfera incantevole.

Parigi-Bangkok: il viaggio comincia

Un boeing della Thai Airways

Il nostro sogno thailandese inizia mercoledì 22 giugno dall’aeroporto Charles de Gaulle dove ci rechiamo puntuali per imbarcarci sul volo TG0933 della Thai Airways che ci porterà a Bangkok.
Effettuato il check-in, imbocchiamo un cammino surreale attraverso gli enormi tubi trasparenti che caratterizzano l’aeroporto francese per raggiungere il cancello d’imbarco.
Condividiamo l’attesa con altri viaggiatori francesi che, come noi, si recano a Bangkok per trascorrere una vacanza e con numerosi thailandesi che magari tornano a casa dopo una vacanza a Parigi.
Il boeing della Thai decolla puntuale alle 21h40 a destinazione dell’aeroporto Suvarnabhum di Bangkok dove arriverá dopo 12 ore di volo.
Il viaggio è lungo ma è allietato dalla gentilezza dell’equipaggio che si rivela molto servizievole e attento ai bisogni di tutti i passeggeri.
Le hostess e gli steward fanno il loro meglio per rendere il volo piacevole e ci riescono perfettamente.
Per la gioia degli smanettoni tecnologici ogni posto è dotato di una stazione multimediale che consente di svolgere svariate attività: giocare con i videogiochi, vedere un film a scelta, telefonare ai fissi di tutto il mondo, ascoltare musica, consultare le condizioni meteorologiche, seguire le informazioni relative al volo e tanto altro ancora.
Il cibo servito durante il tragitto è di ottima qualità e l’aroma della citronella  ci offre un’anteprima della gastronomia thailandese.

Atterriamo a Bangkok puntualmente alle 13h40 e, dopo aver superato il controllo dei passaporti e ritirato i bagagli, andiamo alla ricerca di un taxi.
I taxi pubblici, i cosiddetti taxi meter, si trovano al livello 1 dell’aeroporto di Suvarnabhum e al momento di salire a bordo della vettura si ha la scelta tra negoziare una tariffa o utilizzare il tassametro.
In ogni caso sappiate che il prezzo medio per andare dall’aeroporto fino al centro città è di 450/500 bath.
Mentre aspettiamo il taxi che ci condurrà al nostro hotel due cose ci colpiscono immediatamente: da un lato l’incredibile cortesia e gentilezza dei thai che si mostrano fin da subito molto umili; dall’altro il caldo tropicale che ci ricorda che l’equatore non è poi così lontano.
La calura asfissiante e la cortesia della gente del luogo ci accompagneranno durante tutta la permanenza in Thailandia.
Il nostro viaggio nel paese del sorriso comincia a Bangkok, il cui vero nome è stato incluso nel Guinness dei primati come nome più lungo per una località: Krungthep Maha NakhonAmon Rattanakosin Mahinthara Yutthaya Maha Dilok Phop Noppharat Ratchathani Burirom Udom Ratchaniwet Maha Sathan Amon PhimanAwatan Sathit Sakka Thattiya Witsanu KamPrasit ovvero “Città degli angeli, la grande città, la città della gioia eterna, la città impenetrabile del dio Indra, la magnifica capitale del mondo dotata di gemme preziose, la città felice, che abbonda nel colossale Palazzo Reale, il quale è simile alla casa divina dove regnano gli dei reincarnati, una città benedetta da Indra e costruita per Vishnukam.
Il nome ufficiale di Bangkok è l’abbreviazione di questa denominazione kilometrica: Krung Thep Maha Nakhon e significa città degli angeli, grande città, anche se i thailandesi la chiamano soltanto Khrung Thep.
Bangkok ci sorprende subito: una megalopoli enorme dove avveniristici grattacieli contrastano con quartieri popolari fatti di capanne e casette e dove, ogni tanto, sbucano scorci di vegetazione tropicale nel bel mezzo della città.
Selvaggia, caotica, affollata, afosa, trafficata, inquinata, Bangkok ci avvolge immediatamente con il suo fascino orientale impreziosito da mille contraddizioni.

Uno scorcio di Bangkok

Il taxi meter ci lascia davanti al Pachara Suites, l’hotel situato nel soi 6 di Sukhumvit road che abbiamo scelto per la nostra avventura nella capitale thailandese.
Frastornati dal jet lag e dal clima tropicale decidiamo di trascorrere le prime ore in hotel per rilassarci e riprenderci dal viaggio.
Il Pachara Suites, situato a pochi metri dalla stazione Nana dello skytrain (o BTS), si rivela essere un ottimo hotel: stanze pulitissime ed equipaggiate di ogni comfort, un salottino annesso alla stanza con tanto di cucina e lavatrice, personale competente e attenzionato, una simpatica piscina con vista sui grattacieli di Bangkok e una connessione Internet gratuita nella zona della reception.
Affacciati dalla finestra della nostra stanza d’albergo, osserviamo esterrefatti lo scatenarsi di una tempesta tropicale: la pioggia si riversa violentemente sulla città ma dura solo pochi minuti e il movimento di Bangkok riprende freneticamente.
Dopo esserci riposati in hotel, andiamo alla scoperta del quartiere di Sukhumvit.
La prima tappa del nostro girovagare tra le stradine (chiamate soi in thailandese) di Sukhumvit road è un ufficio di scambio chiamato Vasu Currency Exchange, all’angolo del soi 7, dove convertiamo in bath gli euro che ci siamo portati dietro.
Continuiamo la passeggiata lungo Sukhumvit road, che è tappezzata di bancarelle che vendono di tutto, e dopo pochi minuti ci rendiamo conto che siamo precipitati veramente in un altro mondo, un vero e proprio universo parallelo!
Un’onda anomala di persone ci investe e ci ricorda che Bangkok conta circa 9 milioni di persone.

I bordi della strada sono costellati da venditori di cibi da strada che hanno colori e forme che non assomigliano a nulla di ciò che già conosciamo.
Il colpo d’occhio che si presenta davanti ai nostri occhi increduli è surreale: bancarelle coloratissime, venditori di frutta esotica, di insetti fritti (vermi giganteschi e blatte che deliziano il palato dei thailandesi), sciami di prostitute che scorazzano accanto a turiste arabe in burqa e fiumi di prodotti contraffatti.
Siamo stupiti ed entusiasti di questo primo approccio con la città ma, al tempo stesso, siamo colti da una pungente sensazione d’oppressione amplificata dal traffico incessante e decidiamo di rifugiarci in hotel per una pausa.
Qui ci rendiamo conto che una buona parte della clientela è costituita da coppie arabe e che le donne indossano rigorosamente il burqa: i paesi medio-orientali sono vicini alla Thailandia e sono molti gli arabi che vengono per le vacanze.
La presenza di donne in burqa ci sciocca e ci poniamo molte domande sulla loro felicità e sul fatto che la loro non sia una vera vacanza poiché non possono nemmeno immortalare gli attimi più belli del viaggio con una fotografia.
Freschi di doccia, ci incamminiamo verso il soi 12 dove si trova il ristorante Cabbages & Condoms che abbiamo scelto per la nostra prima cena a Bangkok.

Cena da Cabbages & Condoms

E’ uno dei ristoranti più conosciuti della capitale che combina insieme la squisita gastronomia thailandese con l’importanza della prevenzione contro l’AIDS.
Il nome del locale significa letteralmente Capanne e Preservativi e nasce dall’iniziativa d un’associazione thailandese che vuole enfatizzare la necessità d’informare riguardo i rischi legati a questa malattia.
I preservativi sono sparsi dappertutto: originali statue ricoperte di condoms decorano l’ingresso, le lampade sono abbellite con colorati preservativi e alla fine del pasto li avrete anche sul tavolo come omaggio.
Il giardino che ci accoglie è caratterizzato dalla presenza di tantissime ghirlande di luci che scendono dai rami di alberi tropicali che aggiungono una nota esotica alla nostra cena.
I piatti che assaporiamo da Cabbages & Condoms sono deliziosi e ci innamoriamo perdutamente della cucina thailandese.
Cominciamo con un Tom Yam Kung (zuppa con gamberoni aromatizzata con zenzero, limone e citronella) un Pad Thai (una delle ricette thailandesi più famose composta da noodles saltati in padella con uova, salsa di pesce, succo di tamarindo, peperoncino, germogli di soia, gamberetti, pollo o tofu, insaporiti con arachidi sbriciolate e coriandolo); continuiamo con un’insalata di pollo e crostacei al profumo di citronella e con un piatto di gamberoni aromatizzati all’aglio.
Accompagniamo il pasto con un mango shake e un succo di lychee e lo concludiamo con banane alla crema di cocco e mango fresco a volontà.
Deliziati dalle specialità thailandesi, lasciamo questo romantico ristorante per concederci un caffé in hotel.

Sawasdee Thailand

La bandiera della Thailandia

Sawasdee (tipico saluto thailandese) cari lettori di questo blog,
dopo un breve periodo di assenza che mi ha tenuto lontano dalla mia attività di blogger, eccomi tornato per aggiornarvi sulle novità e sulle stranezze parigine.
La mia latitanza dal blog è dipesa da un lato dal mio matrimonio e dai relativi preparativi e dall’altro da un fantastico viaggio in Thailandia che mi ha permesso di scoprire un Paese affascinante e misterioso.
Valeria ed io abbiamo traversato la Thailandia in lungo e in largo scoprendone i suoi innumerevoli segreti: abbiamo cavalcato elefanti, accarezzato tigri, passeggiato in mezzo alla giungla, affrontato tempeste tropicali, guadato fiumi in piena a bordo di zattere di bamboo, giocato con le scimmie, scoperto strani frutti tropicali e conosciuto tantissima gente interessante.

Prima di tornare a raccontarvi la mia quotidianità parigina e gli eventi più importanti della capitale francese, vi racconterò questo viaggio che mi ha attraversato l’anima e il cui ricordo continua ad accarezzarla.
Vari post dedicati alla Thailandia riempiranno le pagine di questo blog per narrare le nostre esperienze in questa “terra libera” che  ci ha accolto.
Il viaggio è stato organizzato interamente da noi due utilizzando, i forum, i racconti di viaggio di chi era già stato in Thailandia e seguendo i consigli della guida Lonely planet.