Sei stagionale? Non esisti!

desperate man crying under rain

Crisi senza fine

Tantissimi lavoratori stagionali del settore turismo hanno ricevuto una doccia fredda dal governo e dall’INPS che, venerdì scorso, in tarda serata, ha respinto in massa le tante richieste di bonus COVID-19 ancora non espletate.
Dopo avere sperato a lungo, appesi all’enigmatica dicitura “in attesa di esito”, abbiamo appreso con sconforto, connettendoci al profilo INPS, che le nostre pratiche erano state rigettate: una snervante attesa di più di quaranta giorni terminata nel peggiore dei modi!
Non credevo ai miei occhi quando ho letto le motivazioni del respingimento della domanda: “La Sua domanda non può essere accolta poiché Lei non risulta essere un lavoratore stagionale nei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali”.
Avrei preferito apprendere che l’organismo previdenziale avesse finito i soldi piuttosto che vedere la mia dignità di lavoratore calpestata nel peggiore dei modi.
E naturalmente la decisione è finale e insindacabile, l’unico modo per contestare il verdetto dell’INPS è “proporre un’azione giudiziaria da notificare alla sede territorialmente competente”.
Come se non bastasse, il recente Decreto Rilancio stabilisce che chi non ha percepito il primo bonus di Marzo non avrà diritto ai successivi relativi ai mesi di Aprile e Maggio.

Lavoro, da diversi anni, in una struttura alberghiera e credo di avere il sacrosanto diritto di beneficiare dell’indennità.
Ho scoperto, mio malgrado, di essere invisibile.
La mia dignità di lavoratore è stata cancellata con un rapido colpo di spugna da parte di un cieco burocrate che si è attenuto a codici ATECO, diciture UNIEMENS e altri acronimi astrusi.
Mosso dalla delusione e gonfio di rabbia per il torto subito, ho navigato nel web in cerca di informazioni e ho scoperto che non sono da solo ma esistono decine di migliaia di lavoratori nella mia stessa situazione.
Ritengo indegno respingere il bonus da 600€ a così tanti lavoratori (e alle relative famiglie) sulla base di subdoli cavilli burocratici e pseudoclausole nascoste nei decreti.
Con quale coraggio si può negare la stagionalità a un addetto alla reception, un cuoco, un’addetta alle pulizie delle camere, un bagnino, un barista o un manutentore che da Aprile a Ottobre, ogni anno, per sette mesi, si impegna duramente per far funzionare i villaggi turistici e le strutture alberghiere del nostro Paese e garantire il divertimento e il benessere dei turisti?
Per l’INPS e il governo forse non siamo stagionali ma di fatto siamo noi che garantiamo il funzionamento dell’indotto turistico, un settore che rappresenta il 13% del PIL nazionale.

Il malumore e il malcontento degli stagionali sono arrivati fino agli esponenti del governo e alcuni di loro hanno anche reagito.
Il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha dichiarato di essere al corrente dell’esclusione dal bonus di tanti stagionali, dovuto a Suo dire da un’errata registrazione dei contratti, e di essere in contatto con i consulenti del lavoro e l’INPS per risolvere la vicenda.
La sottosegretaria del Ministero dello Sviluppo Economico, Alessandra Todde, ha manifestato pubblicamente la sua solidarietà verso i lavoratori esclusi e la volontà di dirimere il prima possibile questa ingarbugliata questione.
Voci dell’ultim’ora parlano della possibilità di un eventuale riesame per tutti quei lavoratori stagionali, con i requisiti in regola, a cui è stata negata l’erogazione del bonus.
L’impressione è che il governo stia cercando di mettere una pezza a una situazione incresciosa che ha gettato nella disperazione migliaia di famiglie italiane.

Ormai è tardi, cari governanti. Il danno è fatto! La nostra dignità è stata oltraggiata e offesa.
Per lucida scelta o sconsiderata negligenza da parte di chi ha stilato il decreto, ci avete considerato non meritevoli del vostro aiuto e scelto come vittime sacrificali su cui risparmiare.
Con la NASPI da poco terminata e la prospettiva di una stagione senza lavoro a causa del coronavirus, attendevamo un vostro concreto sostegno, un gesto di speranza e un sussidio per andare avanti. Abbiamo ricevuto solo false promesse e montagne di vomitevole burocrazia cominciata con il sito dell’INPS in tilt e terminato con il rifiuto del bonus a migliaia di stagionali per fantomatici cavilli burocratici.
Sapete come ci sentiamo? Disillusi, abbandonati, delusi, dimenticati, offesi, presi in giro e non considerati.
Era meglio non farle le belle promesse se non siete in grado di mantenerle!
In questo modo perdete di credibilità e fomentate la rabbia sociale che potrebbe propagarsi più velocemente di qualsiasi altro virus.

La Sicilia si Lega

musumeci-salvini

Musumeci e Salvini

Il presidente Musumeci ha deciso che è giunto il momento fatidico di fare entrare la Lega nella giunta regionale della Sicilia.
Non si tratta, ahimé, di una fake news o di una barzelletta e nemmeno di una notizia tratta dal sito satirico lercio.it.
Purtroppo per la Sicilia, è ciò che sta succedendo in queste ore: Salvini è riuscito nel suo intento di colonizzare la Terronia e di piantare il suo immondo vessillo verde.
Al capitano è bastato smettere di cantare cori razzisti, togliere la T-shirt con su scritto “Padania is not Italy” ed indossarne una con il simbolo della Trinacria, per ammaliare i tanti siciliani che lo hanno sostenuto e supportato nelle ultime tornate elettorali.
Bravi, cari conterranei! Avete avuto ciò che volevate e che forse ci meritiamo.

Dovremmo, quindi, credere che la Lega sia diventata un nuovo partito, redento, dotato di una nuova verginità e non lo stesso che per anni ci ha definito parassiti, sporchi, analfabeti, inferiori e fannulloni?
Come dimenticare la marea di insulti che Bossi, Borghezio, Salvini, Calderoli, Zaia e i loro amici padani hanno riversato sulla Sicilia e sull’intero Sud considerato un fardello inutile per il resto del Paese?
In che modo potremmo accogliere con entusiasmo i seguaci di Alberto da Giussano dopo che, per più di vent’anni, hanno infangato il nome dei meridionali?
Verranno con l’ampolla piena di acqua del Pò per purificarci tutti?
No, grazie! La Sicilia non si Lega e non si legherà mai a un partito intriso di razzismo, odio e xenofobia.

Emblematica è, poi, la poltrona scelta ovvero l’assessorato ai Beni culturali e dell’identità siciliana.
Sembra un ossimoro elevato all’ennesima potenza, un leghista dovrà portare avanti iniziative finalizzate a promuovere la cultura e il dialetto, le tradizioni popolari e il patrimonio artistico siciliano.
L’assessorato occupato in precedenza dall’archeologo Sebastiano Tusa, prematuramente scomparso nel disastro aereo in Etiopia dello scorso anno, finirà nelle mani degli uomini del Carroccio che avevano supportato alle elezioni regionali la candidatura di Musumeci.
A prescindere dal nome che verrà designato, la scelta del partito verde, che ha da sempre insultato la nostra isola, suona come una beffa alla popolazione.
In un momento delicato in cui la Sicilia attende certezze dalla Regione soprattutto per rilanciare il settore del turismo flagellato dalle restrizioni per il Covid-19, questa nomina nefasta è la peggiore risposta che potesse arrivare.
Quali saranno le prossime mosse per valorizzare la nostra bella regione?  Potremmo assegnare l’assessorato all’economia alla banda Bassotti, le attività produttive a Homer Simpson e per finire l’assessorato all’istruzione a Lucignolo.

Stanchi di aspettare? Rinunciate!

aiuto

Stanchi di aspettare? Rinunciate!
Sembra questo essere il messaggio subliminale lanciato dall’INPS ai tanti beneficiari del bonus 600€ Covid-19 che ancora non hanno visto un euro.
Suona un pò come una beffa la nuova opzione “Rinuncia” disponibile sul profilo di chi ha richiesto il famigerato indennizzo e attende ancora il pagamento.
L’INPS ha argomentato la presenza del nuovo pulsante dicendo di voler offrire la possibilità agli utenti di scegliere altre forme di sussidio come il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza (che dovrebbe comparire con l’imminente decreto).
Anche in questo caso la strategia comunicativa dell’organismo previdenziale non è risultata particolarmente efficace: avrebbero potuto spiegare in maniera semplice e lineare la ragione di questa nuova opzione per chiarire le idee ai tanti che, come me, si sono trovati spiazzati.

Dopo aver affrontato il malfunzionamento del sito web andato letteralmente in tilt, atteso 40 lunghi giorni di attesa, cercato invano di interpretare l’enigmatica dicitura “in attesa di esito”, penso che saranno ben pochi gli italiani che rinunceranno all’agognato bonus.

La guerra tra poveri è cominciata

guerra tra poveri

La guerra tra poveri…

Il decreto Cura Italia, entrato in vigore lo scorso 17 marzo, ha stanziato 5 miliardi di ammortizzatori sociali per sostenere i lavoratori e le famiglie italiane in difficoltà.
Se in tanti stanno ancora aspettando il bonus da 600€ destinato a partite IVA, autonomi e stagionali, non va meglio a quei lavoratori che hanno fatto richiesta di cassa integrazione.
A due mesi dal lockdown che ha paralizzato l’Italia, solo un lavoratore su cinque ha percepito il sussidio previdenziale.
Nello Musumeci, presidente della Regione, ha recentemente chiesto scusa ai 139 mila lavoratori siciliani che aspettano l’indennità, già da parecchio tempo, parlando di proprie responsabilità politiche e grossi problemi tecnici e informatici da parte dell’INPS.
Ma siamo sicuri che sia solamente una piattaforma informatica inadeguata a causare questi immensi ritardi e a generare la rabbia di migliaia di famiglie siciliane?

Pippo Foti, coordinatore regionale della Rete per la Legalità Sicilia, ha denunciato una squallida vicenda che ha fatto molto scalpore: gli impiegati della Regione Sicilia, spalleggiati dai sindacati, hanno chiesto 10€ di bonus per ciascuna pratica da inoltrare all’INPS.
In buona sostanza gli impiegati, in seguito al notevole incremento della mole di lavoro, avrebbero preteso un incentivo pecuniario per inoltrare le richieste di cassa integrazione all’organismo previdenziale.
In un momento particolarmente drammatico in cui tante famiglie stentano ad andare avanti e affrontano durissime difficoltà economiche, la richiesta paradossale degli impiegati regionali risulta totalmente fuori luogo.
Non si può speculare sulle spalle di famiglie sul lastrico, di gente costretta a recarsi alla Caritas e cedere i propri beni al banco dei pegni pur di pagare bollette e affitti che continuano ad arrivare puntuali.
In altre regioni italiane i soldi sono già stati versati e gli impiegati hanno svolto le proprie mansioni senza pretendere alcuna retribuzione aggiuntiva: è triste e desolante che la speculazione sociale sia più forte della solidarietà, del sostegno recipropco e dello spirito di unità nazionale.
Episodi come questo fanno male alla collettività e fanno crescere la rabbia sociale.
I sindacati, in questo caso, hanno perso un’occasione per tacere.

Per far luce sull’accaduto, il ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha chiesto un’ispezione: al momento soltanto 7 mila richieste (su 139 mila!) sono state inoltrate.
E’ una fase delicatissima per l’Italia ed è essenziale remare tutti nella stessa direzione, mostrarsi solidali e lavorare insieme per la ripresa e la ricrescita del Paese.
Come conseguenza di questo scempio, sono saltate le prime poltrone: dopo le dimissioni del direttore generale dell’assessorato al Lavoro, Giovanni Vindigni, letteralmente travolto dalle polemiche, il M5S ha presentato una mozione di censura nei confronti di Antonio Scavone, assessore al Lavoro della Regione Sicilia, reo di una gestione totalmente inadeguata degli ammortizzatori sociali.

11 maggio: angoscia o felicità?

metro paris

La metro di Parigi nelle ore di punta

Il prossimo 11 maggio anche la Francia, dopo interminabili giorni di clausura, restrizioni e quarantena, assaporerà il gusto della libertà ritrovata.
Noi, qui in Italia, abbiamo cominciato a mettere il naso fuori dalla porta lo scorso 4 maggio.
Siamo tornati, con molta cautela e responsabilità, a godere piccoli sprazzi di libertà e a riscoprire il valore di cose semplici come una visita a un parente (i famosi congiunti) o una corsetta all’aperto.
La paura e l’angoscia delle fasi acute del contagio, in cui le vittime di Coronavirus erano più di mille al giorno, hanno lasciato gradualmente posto all’ottimismo e alla speranza di poter passare a una fase successiva che conduca alla fine di questo incubo.
Bisognava ripartire, sia da un punto di vista sociale che economico e produttivo, pur con la consapevolezza di dover convivere con il mostro Covid-19 ancora per parecchio tempo.

Adesso tocca alla Francia tornare alla vita: il déconfinement è previsto per lunedi prossimo.
Quello che mi preoccupa particolarmente è il possibile risultato del “liberi tutti” in una metropoli sovraffollata e caotica come Parigi.
Mi chiedo, per esempio, come si possano applicare le disposizioni dell’OMS relative al distanziamento nei trasporti pubblici e in particolare nella metropolitana.
La Presidente della regione Ile de France, Valérie Pécresse, ha affermato che nei trasporti pubblici parigini saranno disponibili distributori di gel igienizzante, sarà obbligatorio indossare la mascherina e bisognerà rispettare il distanziamento sociale.
Quest’ultimo punto mi lascia molto perplesso.
Ricordo ancora, in maniera nitida, i vagoni della RATP traboccanti di pendolari nelle ore di punta: gente ammassata all’inverosimile, faccia a faccia, gomito a gomito, obbligati a condividere spazi ristretti e a respirare la stessa aria viziata.
Mi chiedo come sarà possibile rispettare le disposizioni relative al distanziamento sociale se circolerà soltanto il 70% dei mezzi pubblici, come confermato dalla presidente della RATP, e molte stazioni resteranno chiuse?
Da un lato si vuole limitare il flusso dei viaggiatori, dall’altro si esige che i pendolari rispettino le restrizioni e le regole.

Non abito più a Parigi da alcuni anni ma ho trascorso un decennio nella capitale francese e penso di conoscerla abbastanza per poter esprimere un giudizio in merito.
Adesso vivo in Sicilia, in un piccolo centro abitato, dove la fine del lockdown si sta svolgendo con una certa compostezza: la maggior parte della gente rispetta le regole imposte dal governo, indossa sistematicamente la mascherina nei luoghi chiusi, mantiene il distanziamento sociale e si attiene alle disposizioni del comune.
Per rimettere i piedi fuori dalle quattro mura di casa abbiamo dovuto sconfiggere l’angoscia che si è accumulata dentro ognuno di noi in questi mesi e la paura di dover riaffrontare gli altri. Anche se molto provati psicologicamente e impauriti per il futuro incerto che ci aspetta, siamo tornati alla vita e ci apprestiamo ad affrontare una fase molto delicata.
La domanda che mi frulla in testa in queste ore che precedono la fine del lockdown francese è “chissà come un parigino sta vivendo queste ultime ore di attesa”: è più la felicità per la fine delle restrizioni o l’angoscia e lo stress del dover riaffrontare il caos cittadino.
Parigi mi manca tantissimo ma, in questo caso, penso che mi sarei sentito molto vulnerabile nei confronti di un virus invisibile e spietato.

E se fosse vero?

coronavirus

Non sono mai stato un complottista e mi hanno sempre fatto sorridere le fantasiose teorie surrealiste di chi afferma che la terra sia piatta, Elvis e Michael Jackson siano ancora vivi, l’uomo non sia mai stato sulla luna o che il Coronavirus sia causato dal 5G.
Tuttavia, in assenza di una verità evidente e indiscutibile, mi piace pormi domande, formulare ipotesi e lasciare aperta la porta del dubbio.
Dopo tutto noi italiani siamo abituati a cercare risposte visto che la nostra storia è costellata di misteri irrisolti, stragi rimaste senza colpevoli e precipitate nell’abisso dell’oblio: Piazza Fontana, strage di piazza della Loggia, strage della stazione di Bologna, la strage del DC9 di Ustica.
L’elenco dei punti interrogativi rimasti senza risposta è lungo e attraversa drammaticamente la storia del nostro Paese martoriandolo con cicatrici ancora aperte.
I protagonisti e le vittime di quelle stragi spesso sono stati dimenticati, divorati dall’inesorabile scorrere del tempo, e oggi i loro nomi e i loro volti non si ricordano più.
Tutto questo per ricordare che la ricerca della verità è fondamentale e non bisogna mai prendere per buona la versione ufficiale propinata dai mass media.
Se non ci sono prove tangibili ed evidenti, tutte le ipotesi sono plausibili.
Spesso, poi, nel goffo tentativo di nascondere la realtà, si mettono in circolo falsità e bugie, si cerca di depistare le indagini e di insabbiare la verità.
Riportando il discordo alle vicende attuali e alla terribile pandemia che ha paralizzato la vita dell’intero pianeta, la maggior parte di noi ha accettato come buona la versione che racconta di un virus naturale, originato nell’animale (pipistrello) e successivamente trasmesso all’uomo.
Ne siamo sicuri? Siamo certi che le cose siano andate in questo modo?

Negli ultimi giorni gli Stati Uniti d’America hanno accusato apertamente la Cina di essere colpevole della creazione e della diffusione del virus letale.
Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha affermato che gli USA detengono prove evidenti che il Covid-19 sia stato creato in laboratorio gettando di fatto un infamante dubbio sul laboratorio di Wuhan.
Il presidente americano Donald Trump, che ha definito la crisi del Coronavirus come una tragedia peggiore dell’attacco di Pearl Harbour e della strage dell’11 Settembre, ha confermato le accuse nei confronti della Cina e la volontà di organizzare un’indagine internazionale che faccia luce sulle troppe zone d’ombra.
Trump afferma di essere certo che il virus sia uscito, in modo doloso o accidentale, dal laboratorio di Wuhan e cerca Paesi alleati per trovare prove concrete e investigare sulle reali cause del contagio.
Effettivamente la Cina ha inizialmente cercato di insabbiare il dilagare del virus e non ha ascoltato il grido d’allarme lanciato da diversi medici cinesi che avevano intuito la violenza del nemico impalpabile.
Inoltre, il Paese asiatico non si è mostrato disponibile a collaborare con gli esperti internazionali per indagare le origini della pandemia e non ha permesso ispezioni al laboratorio di Wuhan.
Si aggiunga che lo scorso 2 maggio Bing Liu, uno scienziato di origine cinese che lavorava sul Coronavirus e che aveva annunciato importanti scoperte, è stato ucciso a Pittsburg in Pennsylvania.

Non sono un sostenitore di Trump e ho spesso trovato alcuni suoi atteggiamenti fastidiosi e arroganti, ma bisogna ammettere che esistono elementi che lasciano aperte varie ipotesi. Anche le più inverosimili.
E se fosse vero? E se si trattasse veramente di un virus creato in laboratorio sfuggito di mano a qualche incauto scienziato o, peggio ancora, diffuso deliberatamente con l’intento di mietere vittime. Se fosse vero, sarebbe l’inizio della fine. Si aprirebbe una delle pagine più buie della storia dell’umanità e la Cina pagherebbe conseguenze pesantissime.
Sono convinto che il Coronavirus sia un virus naturale ma, in assenza di certezze ed evidenze scientifiche, attendo di conoscere la reale origine di questa bestia invisibile.

In attesa di esito

inps - in attesa di esito (2)

E’ appena cominciata la fatidica fase due e l’intero Paese guarda fiducioso al futuro.
L’Italia vuole lasciarsi alle spalle l’incubo Coronavirus per tornare al più presto alla normalità e alla serenità. I prossimi giorni saranno decisivi per determinare la ripresa delle attività lavorative e della vita sociale.
Dobbiamo essere tutti responsabili, cauti e nutrire fiducia e ottimismo nel futuro.
Non è di certo questo il momento di alimentare sentimenti negativi o gettare benzina sul fuoco delle tante polemiche scagliate contro il governo.
Tuttavia, superata la fase dei canti, balli e flashmob al balcone e messi da parte i tanti arcobaleni corredati dallo speranzoso slogan “andrà tutto bene”, risulta evidente come alcune cose non sono andate nel verso giusto.
Una vicenda, tra le tante, che non ha funzionato correttamente e che ha mostrato le orribili falle del farraginoso sistema burocratico italiano è l’attribuzione del bonus Covid-19 di 600€.

L’indennità erogata dal governo per sopperire alla chiusura eccezionale delle attività lavorative doveva dare una boccata d’ossigeno alle tante famiglie rimaste improvvisamente senza entrate, una platea di quasi 5 milioni di italiani: partite IVA, lavoratori autonomi, lavoratori stagionali del settore turistico e termale, lavoratori del settore agricolo e lavoratori del settore spettacolo.
Il Coronavirus si è abbattuto come uno tsunami sulle nostre vite privandoci delle più elementari libertà sociali e, cosa ancora più grave, paralizzando il sistema economico e produttivo.
Chi, come me, si è ritrovato senza stipendio a causa di questo maledetto virus ha tirato mezzo sospiro di sollievo nell’apprendere che il governo avrebbe stanziato un bonus.
In realtà tra teoria e realtà, tra belle parole e pragmatica attuazione, tra promesse e fatti scorre un drammatico abisso.

Sono un lavoratore stagionale e, ritrovatomi senza lavoro e senza salario, ho effettuato la procedura necessaria all’ottenimento del famigerato bonus relativo al mese di Marzo 2020.
Ho inoltrato la mia domanda sul sito dell’INPS il 2 Aprile alle 16:44 e ho ricevuto, il 7 Aprile, una email  di conferma di ricezione da parte dell’organismo previdenziale.
Da quel momento è calato il silenzio sulla mia domanda di bonus: nessuna comunicazione di accoglimento o di rifiuto, nessuna richiesta di informazioni aggiuntive…e naturalmente nessun pagamento.
Sulla base delle testimonianze trovate sul web, mi sono reso conto che in molti hanno già ricevuto il bonus e, paradossalmente, ad aspettarlo ancora sono proprio quelli che hanno inviato la domanda per primi: più di 900 mila domande sarebbero ancora in fase di accertamento.
E’ alquanto inquietante la dichiarazione di Tridico, presidente dell’INPS, che ha affermato che la maggior parte di queste domande saranno respinte per mancanza di requisiti o vizi di forma.
Suona come una beffa il fatto che proprio chi ha inoltrato la richiesta nei primi giorni di Aprile, lottando contro le mille difficoltà tecniche del sito web e fantomatici attacchi hacker, si veda negato l’indennizzo.

L’INPS aveva garantito che la somma sarebbe stata accreditata nei conti correnti dei beneficiari entro fine Aprile: oggi, 6 Maggio 2020, la sezione “esiti” della mia richiesta indica laconicamente “in attesa di esito”.
Nel migliore dei casi le rimanenti domande saranno regolarmente pagate nei prossimi giorni ma lasciatemi obiettare che il metodo comunicativo dell’INPS è risultato totalmente inadeguato.
Lasciare migliaia di persone appese a un criptico “in attesa di esito” non è un’ottima soluzione perchè questa enigmatica dicitura non significa molto: la domanda è stata accettata? È in lavorazione? È stata rifiutata?  Mancano informazioni? Sono finiti i soldi?

In questi giorni si parla dell’imminente decreto che includerà un nuovo bonus, relativo al mese di Aprile, probabilmente di 800€.
In pratica chi ha già ricevuto la prima indennità di 600€ si appresta a riceverne altre 800€.
E chi ancora attende la liquidazione del bonus di Marzo cosa dovrebbe fare? Continuare ad aspettare?
Gli innumerevoli disguidi tecnici e organizzativi dell’INPS hanno messo in moto un processo morboso che ha alimentato l’angoscia, l’ansia e lo stress di fasce di popolazione già stremate dalla quarantena e dal rischio del contagio. Molta gente ha ormai i nervi a fior di pelle ed è veramente squallido appesantire ulteriormente il fardello da sopportare con false illusioni e promesse non mantenute.
Sarebbe interessante anche capire quale logica abbia seguito l’INPS nel processare le richieste (di certo non l’ordine cronologico di presentazione delle domande).
La crisi trasversale generata dal Coronavirus ha evidenziato le mostruose lacune del sistema Italia: serviva una reazione decisa e liquidità immediata ai lavoratori e alle famiglie e, invece, si rischia di annegare nelle ataviche sabbie mobili della burocrazia.

Splendidi fiocchi di magia imbiancano Parigi

Splendidi fiocchi di magia imbiancano parigi

Chi, come me, viene dal Sud e custodisce negli occhi e nel cuore il caldo sole mediterraneo, si stupisce sistematicamente davanti a un’abbondante nevicata che imbianca magicamente il paesaggio.
Ricordo ancora con emozione le sporadiche nevicate alle quali ho assistito in Sicilia: ogni candido fiocco che cadeva dal cielo veniva accompagnato da sospiri di stupore e immortalato da decine di fotografie.
Quelle insolite nevicate che trasformavano poeticamente il paesaggio di Cinisi, il mio paese natale, venivano vissute con grande intensità dalla gente che sembrava celebrare una vera e propria festa.
Dopo aver assistito con il fiato sospeso alla soffice caduta dei fiocchi bianchi, si saliva immediatamente in montagna dove le precipitazioni nevose erano state più intense e abbondanti.
Montagna Longa e il monte Pecoraro, che coronano il paese, si trasformavano surrealmente in due enormi distese bianche che facevano da scenario a divertenti battaglie di neve e improbabili discese in slittino.

Gli scorci paesaggistici più suggestivi venivano immortalati da numerose foto che avrebbero ricordato l’eccezionale evento negli anni a seguire.
Da quando abito a Parigi il mio spirito mediterraneo si è adattato al clima nord-europeo della capitale francese e alle sue temperature che non esitano a scendere sotto lo zero durante la stagione invernale.
Pur essendomi abituato alle rigide temperature della ville lumière, continuo a stupirmi di fronte alle nevicate che ne modificano splendidamente il paesaggio.
Le nevicate parigine sono molto più frequenti di quelle siciliane ma la magia è la stessa!
Intorpiditi dal freddo invernale, i parigini aprono le finestre e vengono avvolti da un silenzio irreale: il paesaggio si trasforma in una romantica cartolina natalizia in cui tutto appare candido e puro.
Parigi indossa una magnifica veste bianca e invita i suoi tantissimi ammiratori a fotografarla e ammirarla: i monumenti e le facciate parigine assumono un fascino particolare e il paesaggio urbano infonde una insolita sensazione di tranquillità.

Terrore senza fine

TOPSHOTS-PAKISTAN-FRANCE-ATTACKS-CHARLIE-HEBDO

L’odio verso la Francia e l’Occidente

Un’altra tragedia si è consumata lunedì scorso alle porte di Parigi, un altro orribile delitto perpetrato dal terrorismo islamico nei confronti del mondo occidentale.
Una coppia di poliziotti è stata barbaramente uccisa mentre si trovava nella propria casa di Magnanville, un piccolo comune nelle Yvelines, davanti gli occhi innocenti del figlioletto di tre anni.
Poco dopo le otto di sera, il comandante Jean-Baptiste Solvaing rientra a casa dopo una giornata di lavoro.
Un individuo, nascosto dietro il cancello che da accesso al terreno dell’abitazione, si getta sul poliziotto e lo accoltella selvaggiamente.
La vittima tenta di fuggire gridando ai vicini di chiamare i soccorsi e mettersi in salvo ma, Larossi Abballa, il suo assalitore, torna su di lui e lo finisce sferrando una serie di coltellate fatali.
Dopo aver assassinato il comandante Solvaing, Abballa si rinchiude in casa e sequestra la moglie del poliziotto, Jessica Schneider, segretaria al commissariato di Mantes La Jolie, e il figlio della coppia.
Giunta sul posto, la brigata anti-criminalitá circonda la casa e inizia a negoziare con il sequestratore.

Larossi Abballa utilizza il dialogo con la polizia per rivendicare il suo gesto: si dichiara musulmano praticante, dice di far parte dell’ISIS, lo Stato Islamico, e aggiunge di avere agito in risposta all’appello lanciato dall’emiro Abou Bakr Al-Baghdadi che aveva invitato, durante il ramadan, a uccidere gli infedeli in casa loro, insieme alle loro famiglie.
Al termine delle rivendicazioni, il terrorista interrompe le comunicazioni con la polizia che decide di intervenire e penetrare nel domicilio: Abballa viene ucciso dalle forze speciali, Jessica Schneider viene ritrovasta sgozzata e il bambino, di soli tre anni, salvo ma in stato confusionale.
Prima di essere ucciso, il jihadista si era filmato e aveva diffuso un video su Facebook dove ribadisce le sue rivendicazioni minacciando di trasformare l’Euro 2016 in un cimitero per la Francia.
Come spesso accade in questi tragici eventi, l’assassino era ben conosciuto dai servizi di polizia: era già stato condannato per terrorismo per la partecipazione a una filiera jihadista afghano-pakistana, era schedato con la Fiche S che designa gli islamisti radicali e le sue conversazioni telefoniche erano sotto controllo.

La lunga scia di sangue, terrore e violenza continua a dilaniare una Francia oramai in ginocchio.
Dopo la strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio dello scorso anno, i sanguinosi attentati del 13 novembre culminati con la carneficina del Bataclan, numerosi omicidi di stampo islamico, come l’assassinio di Aurélie Chatelain e di Hervé Cornara, la gente aspetta misure concrete dal governo per arrestare gli attacchi terroristici.
Quante altre vittime bisognerà attendere prima che lo Stato intervenga concretamente per annientare la piaga del terrorismo islamico? Quanto altro sangue innocente dovrà scorrere? Se l’attentatore era già schedato e conosciuto dai servizi anti-terrorsimo, perchè non è stato fermato in tempo?
Lo stato d’emergenza tutt’ora in vigore, dichiarato dal Presidente della Repubblica Hollande, conferisce maggiore potere d’azione alle forze dell’ordine ma, purtroppo, non rappresenta una soluzione alla minaccia islamica.
Bisogna intervenire con il pugno fermo nei luoghi dove si predica l’odio e si propaga l’islamismo radicale, condannare in maniera dura chi si macchia di crimini di stampo terroristico ed evitare episodi di recidivismo.

Il governo Hollande, dopo ogni tragedia recente, ha indetto marce, manifestazioni simboliche e momenti di raccoglimento per onorare e ricordare le vittime e ha invitato la popolazione a non amalgamare o etichettare l’intera comunità musulmana.
E’ giusto organizzare manifestazioni per riunire il popolo ed è comprensibile l’invito del governo a non fare di tutta l’erba un fascio per evitare derive razziste o xenofobe.
L’eccessiva tolleranza, però, può sfociare nell’indifferenza, il terreno ideale per l’anarchia e il caos: il governo deve prendere atto che una guerra è in corso e che la Francia è già da tempo nel mirino dei jihadisti.
Difendersi, in casa propria, è più che legittimo ma per farlo serve un governo capace di azioni concrete e di legiferare al fine di sradicare il terrorismo che prolifera indisturbato.
Se si continua a sottovalutare la minaccia che incombe sull’Europa, le profezie di Oriana Fallaci, che come una Cassandra inascoltata aveva previsto lo scenario odierno, diventeranno realtà.
La Fallaci che aveva parlato della fine dell’Europa e l’avvento dell’Eurabia fu processata in  Francia, nel 2002, con l’accusa di razzismo-religioso e xenofobia.
Eppure basterebbe rileggere i suoi libri, La Rabbia e l’Orgoglio (2001), La forza della ragione (2004) e Oriana Fallaci intervista se stessa (2004), alla luce degli eventi degli ultimi due anni per rendersi conto che le sue denunce, anche se scomode, crude e fastidiose, non erano poi cosi sbagliate.

Loi El Khomri: la protesta continua!

loi travail manif

Le proteste contro la Loi El Khomri

Il popolo francese si prepara per la grande manifestazione nazionale di domani, martedì 14 giugno, per protestare contro il progetto di legge El Khomri che vuole cambiare radicalmente la legge sul lavoro.
Il leader del sindacato CGT, Philippe Martinez, prevede una partecipazione massiccia a Parigi, dove il corteo di protesta partirà alle 13:00 da Place d’Italie in direzione degli Invalides.
L’estenuante braccio di ferro tra governo e sindacati è entrato in una pericolosa impasse che sta paralizzando il Paese: gli scioperi si susseguono, dai trasporti alla nettezza urbana, la tensione sale e le manifestazioni si moltiplicano.
L’amara pillola del Job Act, passata senza troppi problemi nell’Italia di Renzi, non viene digerita dai cugini francesi che rifiutano di accettare la precarizzazione del lavoro.
La legge El Khomri si ispira dichiaratamente al Job Act italiano che ha falciato, nel marzo 2015, l’articolo 18 che consentiva il reintegro dell’impiegato in caso di licenziamento abusivo, aumentando la flessibilità delle condizioni lavorative e la precarietà dei contratti.
A differenza degli italiani, i francesi non accettano la svalorizzazione dei diritti dei lavoratori e, in risposta al governo, protestano, manifestano e bloccano il sistema sociale per esprimere il proprio malcontento.

Il governo ha risposto con fermezza ai manifestanti indicando l’intenzione di non ritirare o modificare la legge El-Khomri e di farla passare, in modo forzato, utilizzando il dispositivo 49-3.
L’articolo 49-3 della Costituzione, l’arma fatale del governo, permette al Primo Ministro di approvare un progetto di legge sotto la propria responsabilità.
Il disegno di legge viene considerato adottato a meno che una mozione di censura, presentata nelle 24 ore seguenti, venga votata dall’Assemblea Nazionale.
Questa impopolare decisione, che ha bloccato il dialogo sociale, ha gettato nuova benzina sul fuoco determinando l’inasprimento delle tensioni sociali e il moltiplicarsi degli scioperi delle mobilitazioni di massa.
La rabbia della gente è palpabile come ha dimostrato l’arrivo concitato del Ministro dell’Economia, la settimana scorsa, alla posta di Montreuil, dove si era recato per celebrare un francobollo commemorativo dell’ottantesimo anniversario del Fronte Popolare.
Emmanuel Macron è stato accolto da slogan ostili, urla, fischi e lanci di uova da un gruppo di sindacalisti della CGT ed esponenti del PCF, oppositori della legge El Khomri.

Perché il governo non vuole assolutamente fare marcia-indietro davanti alle manifestazioni e alle rivendicazioni del popolo?
Per quale motivo Valls e Hollande rifiutano ogni forma di dialogo con gli antagonisti sociali e, di fronte a un Paese indebolito dagli scioperi e dalle tensioni, continuano verso una direzione suicidaria?
Come mai un governo di sinistra assume questa attitudine autoritaria nei confronti della gente che lo ha votato?
La riforma del lavoro francese, come il Job Act italiano, non è altro che l’applicazione della volontà della Commissione Europea di imporre ai suoi membri misure di austerità e riforme coercitive: il governo francese chiede al suo popolo di versare quelle famose lacrime e sangue che il ministro Fornero, versando patetiche lacrime di coccodrillo, chiese a noi italiani durante il governo-fantoccio Monti.
I governi si vedono depauperati e svuotati della loro sovranità nazionale che viene rimpiazzata da poteri superiori e da bieche logiche capitalistiche.
Le politiche nazionali vengono progressivamente sostituite dai dictat dettati dalle istituzioni europee e dalla globalizzazione finanziaria che avanza come una macchina da guerra.
Solo il popolo unito, dotato d’una solida coscienza di classe e guidato dalla volontà di resistere e salvaguardare la propria identità e i propri diritti, può arrestare questa pericolosa avanzata.
L’opposizione dell’Italia si è rivelata molto debole e le riforme piovute dall’alto sono state adottate: il Job Act è passato, l’articolo 18 scomparso e i diritti dei lavoratori calpestati e umiliati.
Il popolo francese si mostra più coeso, solidale, unito e battagliero.
Riuscirà a resistere?